Ricorso Concordato in Appello: la Cassazione Fissa i Paletti
L’istituto del ricorso concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento processuale cruciale per definire il giudizio di secondo grado. Tuttavia, quali sono i limiti per impugnare la decisione che ne deriva? Con l’ordinanza n. 27206/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: una volta accettata la pena, non è più possibile contestarne la misura in sede di legittimità. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna in primo grado per reati in materia di stupefacenti. In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale raggiungevano un accordo sulla pena, che veniva ratificato dalla Corte d’Appello di Napoli con una parziale riforma della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando una violazione dell’art. 133 del codice penale e vizi di motivazione proprio in relazione alla determinazione della pena che egli stesso aveva concordato.
Limiti del Ricorso Concordato in Appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti essenziali sulla natura e sui limiti dell’impugnazione avverso le sentenze emesse a seguito di concordato in appello. Il principio cardine è che, aderendo all’accordo, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare i punti che ne sono oggetto, come la quantificazione della pena.
Il ricorso concordato in appello è ammissibile in Cassazione solo per motivi specifici, che attengono alla validità dell’accordo stesso. In particolare, è possibile ricorrere se si deducono:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato (es. errore, violenza, dolo).
2. Vizi relativi al consenso del Procuratore Generale.
3. Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo stipulato tra le parti.
Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze su motivi a cui si è rinunciato, come la determinazione della sanzione, o sulla mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), sono considerate inammissibili.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha sottolineato che la contestazione dell’imputato era diretta genericamente contro la determinazione della pena, ovvero l’esatto punto su cui egli aveva raggiunto un’intesa con l’accusa. Accettare il concordato significa accettare la pena proposta. Pertanto, contestarla successivamente equivale a una contraddizione processuale che rende il ricorso privo di fondamento legale.
I giudici di legittimità hanno ritenuto le doglianze inammissibili perché dirette a censurare vizi di violazione di legge o di motivazione per i quali era intervenuta un’espressa rinuncia con l’adesione all’accordo. Di conseguenza, alla declaratoria di inammissibilità, è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. La Corte ha richiamato una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000) per affermare che, in assenza di prove di una colpa non attribuibile al ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità, la sanzione pecuniaria è dovuta.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale sui limiti del ricorso concordato in appello. La decisione di patteggiare in secondo grado è una scelta strategica che comporta benefici ma anche rinunce. La principale rinuncia è quella a contestare i punti oggetto dell’accordo. La sentenza rafforza la stabilità delle decisioni basate su accordi processuali, impedendo un uso strumentale del ricorso per cassazione per rimettere in discussione questioni già definite consensualmente tra le parti. Per gli operatori del diritto, è un monito a ponderare attentamente la scelta del concordato, essendo la sua impugnazione limitata a vizi genetici dell’accordo e non al suo contenuto.
È possibile impugnare in Cassazione la misura della pena decisa con un concordato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le doglianze relative alla determinazione della pena sono inammissibili, poiché la parte vi ha implicitamente rinunciato accettando il concordato.
In quali casi è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p.?
Il ricorso è ammissibile solo se si contestano motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del Procuratore generale o a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo raggiunto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per cassazione in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, equitativamente fissata, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27206 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato a7 (so alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 11 settembre 2023, la Corte d’appello di Napoli ha parzialmente riformato, applicando la pena concordata tra le parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., la sentenza di primo grado, emessa il 30 settembre 2022 dal Tribunale di Noia, all’esito di giudizio abbreviato, che aveva condannato l’imputato NOME, per reati in materia di stupefacenti;
che avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 133 cod. pen. e vizi della motivazione, quanto alla determinazione della pena.
Considerato che, il ricorso è inammissibile, perché, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen (ex plurimis, Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018);
devono dunque ritenersi inammissibili le doglianze dirette a censurare vizi di violazione di legge o di motivazione per i quali è intervenuta espressa rinuncia; che, nel caso di specie, la contestazione ha genericamente per oggetto la determinazione della pena che la stessa parte ha concordato;
che, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore Celia RAGIONE_SOCIALE, equitativamente fissata in C 3.000,00,
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2024