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Ricorso concordato appello: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento in appello (ricorso concordato appello) per ricettazione. Il ricorso è stato ritenuto troppo generico e basato su motivi a cui l’imputato aveva rinunciato con l’accordo. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Concordato Appello: Perché la Cassazione lo Dichiara Inammissibile?

L’istituto del ricorso concordato appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo con cui le parti possono accordarsi sui motivi di appello e sulla pena da applicare, sottoponendo poi tale accordo al vaglio del giudice. Tuttavia, l’accesso a questo strumento comporta delle precise conseguenze sulla possibilità di impugnare successivamente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una sentenza emessa a seguito di tale accordo, sanzionando la genericità e la riproposizione di motivi rinunciati.

I Fatti del Caso: dalla Condanna al Ricorso

Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Napoli aveva applicato all’imputato una pena concordata di un anno e sei mesi di reclusione e 400 euro di multa per il reato di ricettazione. Insoddisfatto della decisione, nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione tramite il suo difensore.

Il ricorso si basava su un unico motivo: la presunta violazione della legge penale e la mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Secondo la difesa, non esistevano elementi sufficienti a giustificare una condanna e la motivazione della Corte d’Appello era, di fatto, assente o comunque inadeguata.

La Decisione della Cassazione e i Limiti del Ricorso Concordato Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi interconnessi, che definiscono chiaramente i confini dell’impugnazione avverso una sentenza frutto di un ricorso concordato appello.

Il Principio di Specificità del Ricorso

In primo luogo, i giudici hanno rilevato la totale aspecificità del ricorso. La difesa si era limitata a un mero richiamo formale alle lettere b) ed e) dell’art. 606 c.p.p., senza indicare in modo puntuale e concreto né quale norma di legge fosse stata violata, né quale passaggio della motivazione fosse viziato. Un ricorso così generico, che potrebbe adattarsi a qualsiasi provvedimento, non soddisfa i requisiti minimi richiesti dalla legge per consentire al giudice di legittimità di svolgere il proprio ruolo.

La Rinuncia ai Motivi come Effetto dell’Accordo

Il secondo e decisivo punto riguarda la natura stessa del concordato in appello. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’accordo tra le parti comporta una rinuncia implicita ai motivi di doglianza che ne sono oggetto. Di conseguenza, è inammissibile il ricorso per cassazione che ripropone questioni relative ai motivi rinunciati. La cognizione del giudice di legittimità è limitata ai motivi che non erano oggetto dell’accordo, salvo il caso eccezionale in cui sia stata irrogata una pena illegale, circostanza non verificatasi nel caso di specie.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono nette e perentorie. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché “totalmente aspecifico” e “generico”. I giudici hanno sottolineato come l’atto di impugnazione non contenesse “alcuna indicazione di una specifica violazione di legge o di un preciso punto della motivazione che si assume viziato”. L’accordo stesso, per sua natura, limita il campo delle possibili contestazioni future. Accettando il concordato, l’imputato accetta la pena e rinuncia a contestare i punti dell’appello che hanno portato a quella determinazione. Riproporre le stesse doglianze in Cassazione si traduce in un’azione processuale non consentita, che vanificherebbe la funzione stessa dell’istituto. La Corte ha quindi applicato l’art. 616 c.p.p., condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, non ravvisando ragioni per escludere la colpa nella presentazione di un ricorso palesemente infondato.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza l’idea che il concordato in appello è un patto processuale serio, le cui conseguenze devono essere attentamente ponderate dalle parti. La scelta di accordarsi sulla pena preclude la possibilità di un ripensamento successivo basato sugli stessi argomenti. Per poter adire la Corte di Cassazione, è necessario presentare motivi specifici, non coperti dalla rinuncia implicita nell’accordo, oppure dimostrare l’illegalità della pena applicata. L’ordinanza serve da monito: un ricorso generico o che tenta di aggirare gli effetti del concordato non solo sarà dichiarato inammissibile, ma comporterà anche significative sanzioni economiche per il ricorrente.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di “patteggiamento in appello”?
Sì, ma con limiti molto stretti. Il ricorso è inammissibile se ripropone motivi a cui si è rinunciato con l’accordo. È ammesso, ad esempio, solo per questioni non coperte dall’accordo o se viene applicata una pena palesemente illegale.

Cosa significa che un ricorso è “aspecifico”?
Significa che il ricorso è formulato in modo generico, senza indicare con precisione quale norma di legge sarebbe stata violata o quale punto specifico della motivazione della sentenza precedente sarebbe errato o illogico. Deve essere puntuale e non un mero richiamo formale alla legge.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se il ricorso è ritenuto presentato “per colpa”, come in questo caso, il ricorrente è condannato a versare una somma di denaro, stabilita equitativamente dalla Corte, in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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