Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35679 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35679 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Pescara il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nata a Pescara il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 03/06/2025 dal Tribunale di Chieti;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, di dichiarare inammissibili í ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Chieti ha rigettato le richieste di riesame proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto con il quale in data 12 maggio 2015 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti ha disposto il sequestro preventivo della somma di euro
17.030,00 nei confronti dei predetti indagati.
Il sequestro preventivo della somma di danaro è stato disposto congiuntamente, ai sensi dell’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, quale profitto del reato di cessione di cocaina di cui all’art. 110 cod. pen., 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen.
In data 18 giugno 2024 l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha proposto ricorso avverso il dispositivo di tale ordinanza «con motivazione riservata ai sensi dell’art. 325, c.3, c.p.p.».
Con ricorso proposto in data 17 luglio 2025 l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rilevando che solo in data 30 giugno 2025, è stata notificata al difensore l’ordinanza del Tribunale del riesame, ha dedotto cinque motivi e, segnatamente:
l’erronea applicazione dell’art. 73, comma 7-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e dell’art. 240-bis cod. pen., in quanto difetterebbe il nesso di pertinenzialità tra la somma di danaro sequestrata e il delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990 contestato e il vizio di motivazione sul punto;
l’erronea applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. per difetto della manifesta sproporzione tra il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto nella disponibilità dei ricorrenti e la somma di danaro sequestrata;
l’erronea applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. per omessa valutazione delle allegazioni difensive relative alla provenienza lecita del danaro e l’inversione dell’onere della prova;
l’inosservanza dell’art. 321 cod. proc. pen. e la carenza di motivazione in ordine al periculum in mora;
la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità in ordine alla sproporzione della misura cautelare reale applicata.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in datall settembre 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
In data 14 ottobre 2025 l’AVV_NOTAIO COGNOME ha depositato memoria di replica, insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Il Tribunale del riesame, all’esito dell’udienza del 3 giugno, ha depositato il dispositivo dell’ordinanza conclusiva del procedimento, riservandosi il deposito della motivazione
In data 18 giugno 2025 l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, riservandosi il deposito dei motivi
In data 27 giugno 2025 il Tribunale ha depositato la motivazione dell’ordinanza impugnata, che è stata comunicata alle parti in data 30 giugno 2025
Il ricorso è stato inammissibilmente proposto con riserva dei motivi.
L’art. 325 cod. proc. pen. prevede che contro le ordinanze pronunciate a norma dell’art. 322-bis cod. proc. pen. (riesame del decreto di sequestro preventivo) è proponibile ricorso per cassazione per violazione di legge; in tal caso, si applicano le disposizioni dell’art. 311, commi, 3, 4 e 5 cod. proc. pen.
Il comma 4 dell’art. 311 stabilisce espressamente che i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso e, dunque, esclude la possibilità che possano essere riservati in attesa del deposito della motivazione del provvedimento impugnato, sulla base del dispositivo (si veda anche Sez. 2, n. 7681 del 17/01/2025, COGNOME, non massimata).
Alla stregua di tali rilievi, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Non essendovi ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve, altresì, disporsi che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2025.