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Ricorso cassazione sequestro: quando è inammissibile?

Un’indagata per usura presenta ricorso contro un sequestro preventivo, lamentando una motivazione carente sul ‘periculum in mora’. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso cassazione sequestro inammissibile, specificando che l’appello è concesso solo per violazioni di legge, non per contestare nel merito una motivazione ritenuta logicamente sufficiente. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Cassazione Sequestro: I Limiti dell’Appello e la Motivazione Apparente

Il ricorso per cassazione avverso un’ordinanza di sequestro preventivo rappresenta uno strumento delicato, i cui confini sono rigorosamente definiti dalla legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29340/2025, offre un chiaro esempio di come una critica mossa alla motivazione del giudice di merito, se non configura una vera e propria violazione di legge, possa portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso cassazione sequestro. Analizziamo la vicenda per comprendere i principi applicati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Dal Sequestro all’Appello in Cassazione

La vicenda ha origine da un’indagine per il reato di usura a carico di una donna. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Gela convalidava un sequestro preventivo d’urgenza disposto dal Pubblico Ministero, avente ad oggetto una cospicua somma di denaro.

Successivamente, il Tribunale di Caltanissetta, in sede di riesame, confermava il provvedimento. Contro tale ordinanza, la difesa dell’indagata proponeva ricorso per cassazione, contestando la legittimità del sequestro.

I Motivi del Ricorso Cassazione Sequestro

La difesa basava il proprio ricorso su una presunta carenza di motivazione da parte del Tribunale del riesame. In particolare, si eccepiva che l’ordinanza impugnata non avesse adeguatamente giustificato la sussistenza di due elementi fondamentali per il sequestro preventivo con finalità ‘impeditiva’:

1. Il periculum in mora: ovvero il pericolo concreto e attuale che la disponibilità della somma potesse agevolare la commissione di ulteriori reati.
2. La pertinenzialità: ossia il nesso di riconducibilità tra il denaro sequestrato e il reato di usura contestato.

Secondo i ricorrenti, la motivazione del Tribunale era ‘apparente’ e contraddittoria, poiché si limitava a un generico riferimento agli elementi indiziari e alla fungibilità del denaro, senza spiegare in modo specifico perché quel denaro fosse pericoloso nelle mani dell’indagata.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità in materia di misure cautelari reali: il ricorso è ammesso solo per violazione di legge, come stabilito dall’art. 325 del codice di procedura penale.

La Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che nel concetto di ‘violazione di legge’ rientrano non solo gli errori di interpretazione o applicazione delle norme (errores in iudicando o in procedendo), ma anche i vizi della motivazione. Tuttavia, non qualsiasi vizio motivazionale giustifica un ricorso in Cassazione. È necessario che il vizio sia così radicale da rendere la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, al punto da non rendere comprensibile l’iter argomentativo del giudice. In questi casi estremi, la ‘motivazione apparente’ si traduce in una violazione di legge.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la doglianza della ricorrente non denunciava una reale violazione di legge, ma si risolveva in una critica alla congruità e completezza della motivazione del Tribunale. Secondo gli Ermellini, il Tribunale aveva invece fornito una motivazione esauriente e coerente. Aveva infatti spiegato che le somme sequestrate erano ritenute lo strumento per commettere il reato di usura e che la loro disponibilità avrebbe potuto essere utilizzata per la commissione di ulteriori reati, applicando correttamente l’art. 321, comma 1, del codice di procedura penale. Di conseguenza, il ragionamento del giudice del riesame era logico, completo e non apparente.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi intende affrontare un ricorso cassazione sequestro preventivo. Non è sufficiente contestare genericamente la motivazione del provvedimento o proporre una diversa lettura degli elementi fattuali. È indispensabile dimostrare che il giudice di merito abbia commesso un errore di diritto o che la sua motivazione sia talmente viziata da essere inesistente. Tentare di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, volto a una nuova valutazione dei fatti, è una strategia destinata all’insuccesso, che può comportare, come in questo caso, anche significative sanzioni economiche.

È possibile impugnare un’ordinanza di sequestro preventivo davanti alla Corte di Cassazione per qualsiasi vizio di motivazione?
No, il ricorso per cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge. Un vizio di motivazione è rilevante solo se è così radicale (ad esempio, mancante, illogico o meramente apparente) da tradursi esso stesso in una violazione di legge.

Cosa intende la Corte per ‘motivazione apparente’?
Per ‘motivazione apparente’, la Corte intende un apparato argomentativo che, pur esistendo formalmente, è privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, risultando quindi inidoneo a far comprendere il percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione.

Quali sono le conseguenze se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se si ravvisano profili di colpa nella proposizione del ricorso (come in questo caso), la parte è condannata anche al pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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