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Ricorso Cassazione Prevenzione: Limiti del Sindacato

Un individuo, soggetto a una misura di prevenzione personale, presenta ricorso contestando la valutazione sulla sua pericolosità sociale. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione prevenzione è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile contestare il merito della motivazione, a meno che non sia del tutto inesistente o meramente apparente, cosa non avvenuta nel caso di specie data l’ampia argomentazione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Cassazione Prevenzione: I Limiti del Sindacato sulla Motivazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19648 del 2024, torna a definire i confini del ricorso per cassazione prevenzione, chiarendo in modo inequivocabile i limiti del sindacato sulla motivazione dei provvedimenti. Questa pronuncia è cruciale per comprendere quali doglianze possano essere validamente sollevate dinanzi alla Suprema Corte nell’ambito delle misure di prevenzione, un settore delicato che bilancia la tutela della collettività con i diritti individuali.

I Fatti del Caso: Dalla Sorveglianza Speciale al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da un decreto del Tribunale di Reggio Calabria, che applicava a un soggetto una misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per quattro anni, con obbligo di soggiorno. A questa misura si aggiungeva la confisca di quote societarie, di un cospicuo patrimonio aziendale (inclusi ventisei immobili) e di diversi conti correnti.

La Corte di Appello, in parziale riforma, riduceva la durata della sorveglianza a tre anni e ordinava la restituzione di quasi tutti i beni confiscati, ad eccezione di un conto corrente. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione per mancanza e contraddittorietà riguardo alla sussistenza della sua pericolosità sociale.

Il Ricorso per Cassazione Prevenzione e la Violazione di Legge

Il cuore della questione giuridica risiede nella natura del ricorso in Cassazione in materia di prevenzione. L’art. 10 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) stabilisce che tale ricorso è ammesso soltanto per violazione di legge. Questa previsione, la cui costituzionalità è stata confermata, limita notevolmente i motivi di impugnazione rispetto al processo penale ordinario.

Il ricorrente aveva invocato l’art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., che riguarda la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Tuttavia, la giurisprudenza consolidata, richiamata anche in questa sentenza, interpreta restrittivamente tale motivo nell’ambito della prevenzione. Un vizio di motivazione può essere denunciato come ‘violazione di legge’ solo se si traduce in una motivazione inesistente o meramente apparente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che i motivi proposti non rientrassero nei limiti consentiti. I giudici hanno osservato che la Corte d’Appello aveva fornito un’ampia e dettagliata argomentazione (da pagina 16 a 28 del provvedimento) per giustificare la sussistenza e l’attualità della pericolosità qualificata del soggetto, indiziato di appartenere a un’associazione di tipo mafioso (ex art. 416-bis c.p.).

Di fronte a una motivazione così strutturata, non si può parlare di motivazione ‘apparente’ o ‘inesistente’. La censura del ricorrente, in realtà, mirava a una rivalutazione del merito e della logicità delle argomentazioni del giudice di secondo grado, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione in questa sede. La Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che la decisione sia fondata su un percorso logico-giuridico comprensibile e non puramente formale.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine: chi intende proporre un ricorso per cassazione avverso una misura di prevenzione deve concentrarsi esclusivamente sulla violazione di norme di diritto sostanziale o processuale. Criticare la valutazione dei fatti o la coerenza interna della motivazione è una strategia destinata all’insuccesso, a meno che non si possa dimostrare che la motivazione è una mera formula di stile, vuota di contenuto effettivo. La declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria, rappresenta il risultato inevitabile per un ricorso che oltrepassa i rigidi confini posti dal legislatore.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità sociale in un procedimento di prevenzione?
No, non direttamente. Il ricorso per cassazione in materia di prevenzione è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Non si può chiedere alla Corte di riesaminare i fatti o la valutazione di merito sulla pericolosità sociale, a meno che la motivazione del giudice d’appello sia completamente mancante o meramente apparente.

Cosa si intende per ‘motivazione meramente apparente’?
Si intende una motivazione che, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, contraddittoria o tautologica da non rendere comprensibile il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice. Secondo la sentenza, una motivazione ampia e argomentata, come quella fornita dalla Corte d’Appello nel caso di specie, non rientra in questa categoria.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo tipo di procedimento?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito nel caso specifico nella misura di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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