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Ricorso cassazione penale: inammissibile se non firmato

Un soggetto condannato per ricettazione ha presentato personalmente un ricorso cassazione penale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che, a seguito della riforma del 2017, l’atto deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un avvocato iscritto all’albo speciale, pena l’invalidità. La decisione conferma la condanna e aggiunge il pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Cassazione Penale Firmato dalla Parte? Inammissibile

L’ordinanza in esame, emessa dalla Corte di Cassazione, affronta un tema cruciale di procedura penale: i requisiti formali per la presentazione di un ricorso cassazione penale. Con una decisione netta, la Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla riforma del 2017: l’atto di impugnazione, per essere valido, deve essere sottoscritto da un difensore abilitato, e non dalla parte personalmente. Questa pronuncia offre l’occasione per analizzare le rigide regole che governano l’accesso al giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo: Dalla Condanna al Ricorso

La vicenda processuale trae origine da una sentenza del Tribunale di Napoli del 2019, con la quale un imputato veniva dichiarato colpevole del delitto di concorso in ricettazione di una somma ingente, pari a 500.000 euro. La condanna veniva integralmente confermata dalla Corte di Appello di Napoli nel giugno 2023. Avverso quest’ultima decisione, l’imputato decideva di proporre personalmente ricorso per Cassazione, lamentando l’illegalità della pena inflitta e vizi di motivazione della sentenza d’appello.

La Disciplina del Ricorso Cassazione Penale

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte non riguarda il merito delle accuse, ma un aspetto puramente procedurale. Il ricorso, sebbene trasmesso dal legale di fiducia, risultava sottoscritto personalmente dall’imputato. Il difensore stesso, nella nota di trasmissione, specificava che “l’atto non può essere firmato considerato che è un atto personalissimo della parte”.

Questa circostanza si scontra direttamente con quanto previsto dall’art. 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). La norma stabilisce, a pena di inammissibilità, che l’atto di ricorso debba essere sottoscritto da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di Cassazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha fornito una motivazione chiara e in linea con il proprio consolidato orientamento. I giudici hanno sottolineato che la modifica legislativa del 2017 ha introdotto un requisito di forma inderogabile, finalizzato a garantire la tecnicità e la specificità dei motivi di ricorso presentati al massimo organo di giurisdizione.

Secondo la Corte, la sottoscrizione del difensore specializzato non è una mera formalità, ma l’atto che attribuisce la “titolarità” del ricorso al professionista legale. Di conseguenza, la firma personale della parte rende l’atto giuridicamente invalido, senza possibilità di sanatoria. È irrilevante che un avvocato autentichi la firma dell’imputato o che il difensore curi il solo deposito materiale dell’atto. Ciò che la legge richiede è che il contenuto del ricorso sia fatto proprio e certificato da un avvocato cassazionista attraverso la sua firma.

Citando un proprio precedente (sentenza Marrazzo, n. 11126/2021), la Corte ha ribadito che la natura personale dell’atto impugnatorio non può derogare alla regola processuale che impone l’assistenza tecnica qualificata.

Conclusioni

La decisione in commento ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, conferma la necessità per chi intende impugnare una sentenza penale in Cassazione di affidarsi esclusivamente a un difensore iscritto all’albo speciale. Qualsiasi iniziativa personale della parte, come la redazione e sottoscrizione del ricorso, è destinata a fallire, comportando la definitiva chiusura del processo.

In secondo luogo, la pronuncia evidenzia come il mancato rispetto delle norme procedurali comporti conseguenze economiche per il ricorrente. La dichiarazione di inammissibilità ha infatti determinato la condanna dell’imputato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende. Questo rafforza il principio secondo cui l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, deve avvenire nel rigoroso rispetto delle regole stabilite dal legislatore.

Un imputato può presentare personalmente un ricorso per Cassazione in materia penale?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103/2017, l’art. 613 del codice di procedura penale stabilisce, a pena di inammissibilità, che il ricorso per Cassazione debba essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale.

Cosa succede se il ricorso è firmato personalmente dall’imputato ma trasmesso dal suo avvocato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come chiarito dalla Corte, è irrilevante chi trasmette materialmente l’atto; ciò che conta ai fini della validità è la titolarità giuridica dell’atto, che deve appartenere al difensore abilitato, come attestato dalla sua sottoscrizione.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Nel caso specifico, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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