Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27452 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Ord. Sez. 2 Num. 27452 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 02/07/2025
R.G.N. 20546/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: nel procedimento a carico di: NOMECOGNOME nato a Milano il giorno 2/6/1971 assistito e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 24/4/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il G.I.P. del Tribunale di Monza, con sentenza in data 24 aprile 2025, applicava nei confronti di NOME COGNOME la pena concordata dalle parti ex art. 444 cod. proc. pen., in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 648-bis, 61-bis, cod. pen. (capi 9 e 15 della rubrica delle imputazioni).
Ricorre per Cassazione avverso il predetto provvedimento il difensore dell’imputato, deducendo, con motivo unico, l’erronea qualificazione giuridica del fatto di cui al capo 9 in relazione alla fattispecie di riciclaggio di cui all’art. 648-bis cod. pen. rilevando che l’attività di retrocessione del contante operata dall’imputato a favore del coimputato NOME COGNOME era già stata oggetto di precedente operazione dissimulatoria realizzata da soggetti diversi dall’odierno ricorrente, con la conseguenza che la restituzione agli autori del reato presupposto dei proventi illeciti già ripuliti esulerebbe dalla condotta tipica del reato di riciclaggio.
Deve, in via preliminare ed assorbente, rilevarsi come il ricorso risulta proposto per motivi non consentiti.
Infatti, il comma 2bis dell’art. 448 cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 50, l. 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017, dispone che le parti possono proporre ricorso per cassazione solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Questa Corte ha poi già reiteratamente avuto modo di precisare che «In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza Ł limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini
di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicchØ Ł inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza» ( ex ceteris : Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023 – 01).
Nel caso in esame la difesa del ricorrente ha indicato pronunce giurisprudenziali non pertinenti ai fatti di cui Ł processo e deve solo ricordarsi che il delitto di riciclaggio Ł un reato a forma libera attuabile anche con modalità frammentarie e progressive, con la conseguenza che anche la successiva operazione che porta alla acquisizione (o ri-acquisizione) di denaro “ripulito” non può qualificarsi come un mero “post-factum” non punibile ma rientra nel novero delle operazioni di trasferimento di denaro con finalità dissimulatorie.
Al riguardo questa Corte ha, infatti, chiarito che «Integra di per sØ un autonomo atto di riciclaggio, essendo il reato di cui all’art. 648-bis cod. pen. a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, attuabile anche con modalità frammentarie e progressive, qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, ed anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato, ed acceso presso un differente istituto di credito» (Sez. 2, n. 10939 del 12/01/2024, COGNOME, Rv. 286140 – 01; Sez. 2, n. 43881 del 09/10/2014, COGNOME, Rv. 260694 – 01).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano ex art. 610 comma 5bis cod. proc. pen.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento in favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 3.000,00 (tremila) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 02/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME