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Ricorso cassazione patteggiamento: limiti e motivi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati contro una sentenza di patteggiamento. L’ordinanza ribadisce che il ricorso per cassazione patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge, escludendo censure sulla motivazione della pena.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Patteggiamento: Quando è Ammissibile?

Il ricorso per cassazione patteggiamento rappresenta una delle questioni più tecniche e dibattute della procedura penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 12427 del 2024, offre un chiarimento fondamentale sui limiti di questo strumento di impugnazione, confermando un orientamento ormai consolidato. Analizziamo insieme la decisione per comprendere quali sono gli unici motivi per cui è possibile contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta davanti alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Decisione del GIP e il Ricorso degli Imputati

Il caso nasce dal ricorso presentato da due imputati contro una sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Arezzo, con la quale era stata applicata la pena su loro richiesta (il cosiddetto ‘patteggiamento’). Gli imputati, attraverso i loro difensori, avevano sollevato questioni relative al vizio di motivazione della sentenza. Nello specifico, uno dei ricorrenti lamentava un’errata valutazione nel bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti, mentre l’altro contestava la motivazione sia sull’affermazione di responsabilità sia sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella loro massima estensione. In sostanza, entrambi criticavano il modo in cui il giudice di merito aveva quantificato la pena.

Limiti al Ricorso per Cassazione Patteggiamento: La Normativa

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, basando la propria decisione sulla chiara dizione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha ristretto notevolmente le maglie per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La legge stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato possono presentare ricorso per cassazione patteggiamento solo ed esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi legati all’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde a quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente scorretto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione irrogata è contraria alla legge (ad esempio, superiore al massimo edittale o di un tipo non previsto).

La Valutazione della Corte

La Corte ha sottolineato come le doglianze dei ricorrenti non rientrassero in nessuna delle categorie sopra elencate. Le critiche mosse alla sentenza del GIP riguardavano esclusivamente il merito della valutazione del giudice sulla quantificazione della pena, un aspetto che attiene alla sfera discrezionale del giudicante e che, a seguito della riforma, non può più essere oggetto di sindacato in sede di legittimità per le sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici della Suprema Corte hanno ribadito che le censure relative al vizio di motivazione sulla quantificazione della pena, sul bilanciamento delle circostanze (ex art. 69 c.p.) o sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (ex art. 62 bis c.p.) sono doglianze non consentite nel giudizio di legittimità avverso le sentenze di applicazione della pena. La scelta del legislatore del 2017 è stata quella di deflazionare il carico della Cassazione, limitando le impugnazioni a vizi procedurali o a errori di diritto di particolare gravità, escludendo le valutazioni di merito che presuppongono un accordo tra accusa e difesa.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: chi accede al rito del patteggiamento accetta un ‘pacchetto’ che include la pena concordata e rinuncia, in larga parte, alla possibilità di contestare le valutazioni del giudice in un grado di giudizio superiore. Il ricorso per cassazione patteggiamento rimane uno strumento eccezionale, esperibile solo per vizi macroscopici e tassativamente previsti dalla legge. Di conseguenza, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende.

È sempre possibile fare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso è consentito solo per motivi specifici e tassativi, come un difetto nella volontà dell’imputato, un’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Contestare la motivazione del giudice sulla quantificazione della pena è un motivo valido per il ricorso in Cassazione dopo un patteggiamento?
No. Secondo questa ordinanza, il vizio di motivazione sulla quantificazione della pena, incluso il bilanciamento delle circostanze, non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge per poter ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la persona che lo ha presentato viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso specifico è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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