Ricorso Cassazione Patteggiamento: Quando è Ammissibile?
Il ricorso per cassazione patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale dai confini ben definiti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a ribadire i limiti stringenti entro cui è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere quando e come si può contestare un patteggiamento dinanzi alla Suprema Corte, chiarendo la differenza tra un’erronea qualificazione giuridica e una semplice rivalutazione delle prove.
I Fatti del Caso
Due imputati, dopo aver concordato una pena tramite patteggiamento dinanzi al GUP del Tribunale per una serie di reati, hanno deciso di presentare ricorso in Cassazione. Il fulcro della loro doglianza era un presunto vizio di motivazione e un’erronea qualificazione giuridica di uno dei reati contestati (art. 603 bis c.p.). In sostanza, i ricorrenti sostenevano che la classificazione legale del fatto non fosse corretta.
I Limiti al Ricorso per Cassazione Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha immediatamente dichiarato i ricorsi inammissibili, basando la sua decisione sull’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma Orlando (legge n. 103/2017), elenca tassativamente i motivi per cui si può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Qualsiasi altro motivo, come un vizio di motivazione che non rientri in queste categorie, è escluso. La Corte ha sottolineato che i ricorrenti, sotto la veste di una contestazione sulla qualificazione giuridica, stavano in realtà tentando di ottenere un riesame delle prove, lamentando l’insufficienza degli elementi a loro carico. Questo, però, costituisce un vizio non deducibile in sede di legittimità per le sentenze di patteggiamento.
L’Erronea Qualificazione Giuridica: Un Motivo di Ricorso Ristretto
Il punto più interessante della decisione riguarda l’interpretazione del motivo relativo all'”erronea qualificazione giuridica del fatto”. La Cassazione, richiamando una giurisprudenza consolidata, ha chiarito che questa via di ricorso è percorribile solo in casi eccezionali. Non basta una semplice divergenza interpretativa, ma è necessario che la qualificazione data dal giudice di merito sia “palesemente eccentrica” rispetto al contenuto del capo di imputazione. In altre parole, deve trattarsi di un errore evidente e macroscopico nella riconduzione del fatto storico alla norma penale, non di una sottile questione di valutazione probatoria.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha motivato l’inammissibilità evidenziando come i ricorrenti non avessero prospettato un’errata classificazione del reato in termini di palese eccentricità, ma avessero invece criticato la valutazione degli elementi di prova che avevano portato alla configurazione del reato stesso. Tale operazione, che implica un giudizio sul merito dei fatti, è preclusa dopo che l’imputato ha scelto la via del patteggiamento, rinunciando implicitamente a contestare l’accusa nel merito in cambio di uno sconto di pena. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. serve proprio a cristallizzare questa scelta, limitando l’accesso alla Cassazione a vizi procedurali o errori giuridici di eccezionale gravità.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma il rigore con cui la giurisprudenza interpreta i limiti del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento. La scelta di questo rito alternativo comporta una significativa limitazione delle facoltà di impugnazione. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, le possibilità di contestare la decisione si riducono drasticamente a pochi e specifici motivi. Il tentativo di mascherare una contestazione sul merito probatorio dietro la doglianza di un’erronea qualificazione giuridica è destinato, come in questo caso, all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i soli motivi per cui si può ricorrere: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa si intende per ‘erronea qualificazione giuridica del fatto’ come motivo di ricorso?
Secondo la Corte, questo motivo è valido solo quando la qualificazione giuridica data dal giudice è ‘palesemente eccentrica’ rispetto ai fatti descritti nel capo d’imputazione. Non è sufficiente una semplice divergenza interpretativa, ma deve trattarsi di un errore macroscopico e manifesto.
Si può ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento per contestare l’insufficienza delle prove?
No. La Corte ha chiarito che lamentare l’insufficienza degli elementi probatori per configurare il reato è un ‘vizio non deducibile’ in questo contesto. Scegliendo il patteggiamento, si rinuncia a contestare nel merito l’accusa, e questo tipo di valutazione non può essere riproposto in sede di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8581 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a ROCCA DI PAPA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME ROCCA DI PAPA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 del GIP TRIBUNALE di VELLETRI
dato avviso alle parti
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato ricorso avverso la sentenza del Gup Tribunale di Velletri del 4 luglio 2023, con la quale è stata loro applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. in ordine ai reati di c all’art. 544 bis cod. pen ( commesso il 17.12.2022), art. 6 comma 1 dlgs 6 novembre 2017 n 193 ( commesso il 22.1.2023), art. 603 bis cod. pen. (accertato il 6 marzo 2023), art. 137 d.lgs 3 aprile 2006 n 152 (commesso il 6 marzo 2023), art. 256 bis d.lgs 3 aprile 2006 n. 152 (commessi il 6 marzo 2023).
Rilevato che il motivo, con cui deduce il vizio di motivazione e l’erronea qualificazione giuridica in relazione alla condotta contestata come delitto di cui all’art 603 bis cod. pen., è inammissibile. Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103), il Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volont dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezz Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cui si deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (ex plurimis, Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, Pierri, Rv. 278337-01;Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, COGNOME, Rv. 279761-01). Con specifico riferimento al tema del ricorso, si deve ribadire che la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai soli casi di qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842; Sez. 3, n. 23150 del 17/4/2019, COGNOME; Sez. 1, n. 15553 del 20/3/2018, COGNOME, Rv. 272619). I ricorrenti, sotto l’apparente contestazione della qualificazione giuridica, lamentano in realtà l’insufficienza degli elementi in atti ai fini della configurazione del reato, ovvero un vizio non deducibile. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna dei COGNOME ricorrenti COGNOME al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro quattromila ciascuno.
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Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende. COGNOME -14 2-e-enoj-c,d
Così deciso in Roma, il