Ricorso per Cassazione Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Legge
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie principali per la definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, le sentenze emesse in seguito a questo rito sono soggette a limiti di impugnazione molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione su quando un ricorso per cassazione patteggiamento possa essere considerato ammissibile, in particolare quando si contesta la qualificazione giuridica del reato. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i confini tracciati dalla legge.
Il Caso in Esame: Dal Patteggiamento al Ricorso
Nel caso di specie, un imputato aveva concordato con la pubblica accusa una pena di 1 anno e 10 mesi di reclusione e 800 euro di multa per il reato di rapina aggravata. La pena era stata applicata dal G.u.p. del Tribunale di Bologna.
Nonostante l’accordo, la difesa ha successivamente presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la qualificazione giuridica del fatto fosse errata. Secondo il ricorrente, i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nella fattispecie meno grave di furto aggravato (art. 624 bis c.p.) e non in quella di rapina.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso per Cassazione Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è stata presa con una procedura semplificata, cosiddetta «de plano», prevista dall’art. 610, comma 5 bis, del codice di procedura penale. Questa modalità si applica ai ricorsi che appaiono manifestamente infondati o inammissibili.
La Corte ha basato la sua decisione sul dettato dell’art. 448, comma 2 bis, del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Tra questi, vi è l’erronea qualificazione giuridica del fatto, ma solo a condizione che si tratti di un “errore manifesto”.
Le Motivazioni: Quando l’Errore Giuridico non è “Manifesto”
Il fulcro della motivazione risiede nella definizione di “errore manifesto”. La Cassazione, richiamando precedenti orientamenti giurisprudenziali, ha ribadito che un errore è manifesto solo quando la qualificazione giuridica adottata dal giudice risulta, “con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione”.
In altre parole, non è sufficiente prospettare una diversa interpretazione giuridica dei fatti. L’errore deve essere così evidente da balzare agli occhi dalla semplice lettura dell’atto di accusa. Nel caso specifico, i giudici hanno osservato che già dal capo d’imputazione si potevano desumere i “connotati minacciosi” utilizzati dall’imputato e dai suoi complici per sottrarre i beni alla vittima. La presenza di minaccia è l’elemento che distingue la rapina dal furto. Poiché l’imputazione conteneva già questo elemento, la scelta di qualificare il fatto come rapina non poteva in alcun modo essere considerata un errore palese o eccentrico. Di conseguenza, il motivo di ricorso non rientrava nei casi eccezionali previsti dalla legge.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: l’accordo raggiunto con il patteggiamento ha una forte stabilità. L’accesso al ricorso per cassazione patteggiamento è un’eccezione, non la regola. La contestazione della qualificazione giuridica è ammessa solo in circostanze rarissime, dove l’errore del giudice è plateale e indiscutibile. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e consapevole da parte della difesa prima di accedere al rito speciale, poiché le possibilità di rimettere in discussione l’accordo in una fase successiva sono estremamente limitate.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per erronea qualificazione giuridica del reato?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, co. 2 bis, cod. proc. pen. limita questa possibilità ai soli casi di “errore manifesto”, ovvero quando la qualificazione giuridica data dal giudice è palesemente ed immediatamente eccentrica rispetto ai fatti descritti nel capo di imputazione.
Cosa si intende per “errore manifesto” nella qualificazione giuridica?
Per “errore manifesto” si intende un errore che risulta con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità. Non è sufficiente una diversa interpretazione dei fatti, ma è necessario che la qualificazione adottata sia platealmente sbagliata alla luce di quanto contestato.
Perché in questo caso il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la qualificazione del fatto come rapina aggravata non costituiva un errore manifesto. Dal capo d’imputazione emergevano già i connotati minacciosi della condotta, elementi che giustificano la classificazione come rapina e non come furto, rendendo l’impugnazione infondata secondo i rigidi criteri di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3166 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3166 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 del G.u.p. del Tribunale di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Il G.u.p. del Tribunale di Bologna, con la sentenza impugnata in questa sede, in accoglimento della concorde richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen. ha applicato a NOME la pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione e euro 800 di multa in relazione al reato di rapina aggravata;
rilevato che, ai sensi dell’art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen., il ricorso deve essere trattato con procedura «de plano», trattandosi di impugnazione, proposta avverso una sentenza di applicazione della pena, da dichiararsi inammissibile perché proposta al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, co. 2 bis, cod. proc. peri.;
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rilevato, infatti, che il motivo di ricorso, con cui si contesta l’operata qualificazione giuridica del fatto, integrante l’ipotesi del furto aggravato ex art. 624 bis, comma 2, cod. pen., risulta proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, co. 2 bis, cod. proc. pen., in quanto la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116 – 01; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842 – 01); ipotesi che non ricorre nella specie, poiché già dalla lettura del capo d’imputazione si apprezzano i connotati minacciosi utilizzati dall’imputato e dai correi per sottrarre alla vittima la refurtiva;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6/12/2023