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Ricorso cassazione inammissibile: quando è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso per cassazione inammissibile in un caso di spaccio di sostanze stupefacenti. Il ricorso è stato giudicato una mera riproposizione dei motivi d’appello, privo di una critica specifica alla sentenza impugnata, la quale si fondava su solide prove testimoniali e non su mere supposizioni.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione inammissibile: la genericità costa caro

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e argomentazioni specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci ricorda che la mera riproposizione dei motivi già discussi in appello rende il ricorso per cassazione inammissibile. In questa analisi, esaminiamo una decisione che chiarisce i requisiti di specificità dell’impugnazione e le conseguenze della sua violazione, anche quando la prova del reato non deriva dal sequestro del corpo del reato.

I fatti del processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di cessione di eroina, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo provata la vendita della sostanza stupefacente. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un errore di valutazione da parte dei giudici di merito. Secondo la difesa, la condanna si basava su una mera supposizione, poiché la sostanza non era mai stata sequestrata, e faceva leva unicamente sui precedenti specifici a carico dell’imputato.

Il ricorso per cassazione inammissibile per genericità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La ragione principale risiede nel fatto che i motivi presentati erano una pedissequa reiterazione di quelli già esposti e respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso, per essere ammissibile, deve svolgere una funzione di critica argomentata contro la sentenza impugnata, individuando specifici vizi logici o giuridici. Limitarsi a riproporre le stesse doglianze, senza confrontarsi con le motivazioni della decisione di secondo grado, rende il ricorso non specifico e, di conseguenza, solo apparente. Questo approccio rende il ricorso per cassazione inammissibile per difetto di specificità.

La prova oltre il sequestro

Un punto cruciale della decisione riguarda la formazione della prova. La difesa sosteneva che, in assenza del sequestro dell’eroina, la condanna fosse infondata. La Cassazione, tuttavia, ha sottolineato come la Corte d’Appello non avesse affatto basato la sua decisione su supposizioni. Al contrario, la colpevolezza era stata accertata grazie a prove solide e convergenti:

* La testimonianza di un agente di polizia giudiziaria che aveva assistito allo scambio di un oggetto contro il pagamento di 40,00 euro (somma poi sequestrata).
* Le dichiarazioni dell’acquirente, che ha confermato di aver acquistato eroina dall’imputato per 40,00 euro a seguito di un accordo telefonico.
* La circostanza che l’acquirente si fosse disfatto della sostanza su richiesta dello stesso imputato all’arrivo delle forze dell’ordine.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno fornito una prova logica e sufficiente della cessione, rendendo irrilevante il mancato reperimento fisico della droga.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha ribadito il principio consolidato secondo cui un ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse questioni già decise in appello, senza una critica puntuale e specifica della ratio decidendi della sentenza impugnata. Il ricorso deve instaurare un vero e proprio dialogo critico con la decisione di secondo grado, non ignorarla. In secondo luogo, ha evidenziato come il ricorrente non si sia confrontato con l’articolata motivazione della Corte territoriale, che aveva spiegato dettagliatamente come la prova della cessione fosse stata raggiunta attraverso le dichiarazioni testimoniali convergenti, superando così la necessità del sequestro del corpo del reato. La Corte ha quindi concluso che il ricorso era privo della sua funzione tipica, risultando in un mero tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, precluso in sede di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito sulla tecnica di redazione dei ricorsi per cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario smontarla pezzo per pezzo, evidenziandone i vizi logico-giuridici con argomentazioni nuove e pertinenti. La pigrizia argomentativa, consistente nel riproporre vecchie difese, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.

Perché un ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere gli stessi motivi già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata.

È possibile essere condannati per spaccio anche se la droga non viene sequestrata?
Sì, la sentenza conferma che la condanna è legittima se la prova della cessione è raggiunta attraverso altri elementi certi e convergenti, come la testimonianza di un agente di polizia che ha assistito allo scambio e le dichiarazioni dell’acquirente.

Cosa significa che un ricorso non si confronta con la ‘ratio decidendi’ della sentenza?
Significa che gli argomenti del ricorso ignorano o non contestano il principio giuridico fondamentale su cui il giudice ha basato la sua decisione, rendendo l’impugnazione inefficace perché non colpisce il cuore logico della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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