Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13765 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13765 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ADRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 13 marzo 2023 la Corte di appello di Venezia ha confermato la pronuncia del Tribunale di Rovigo del 6 aprile 2022 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi sette di arresto ed euro 2.500,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 7, in relazione all’art. 186, comma 2 lett. c), d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: contraddittorietà, carenza e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 192, commi 1 e 2, e 530, commi 1 e 2, cod. proc. pen. con riguardo al disposto riconoscimento della sua responsabilità penale; erronea applicazione di legge, nonché manifesta illogicità e mancanza di motivazione in relazione agli artt. 192, commi 1 e 2, e 530, commi 1 e 2, cod. proc. pen. per omessa erronea riqualificazione del fatto.
Il difensore ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come essi, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello, reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione pe quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in sec grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,0 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024
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