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Ricorso cassazione inammissibile: i limiti del riesame

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’indagata in custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e per carenza di interesse su alcuni motivi, dato che la misura cautelare si fondava su un’accusa più grave non scalfita dai motivi di appello.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione inammissibile: quando la Corte Suprema non entra nel merito

Un ricorso per cassazione inammissibile rappresenta una delle conclusioni più nette nel percorso giudiziario. Significa che la Corte Suprema non ha nemmeno esaminato il cuore della questione, fermandosi a un vaglio preliminare. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10438 del 2025, offre un chiaro esempio delle ragioni che possono portare a tale esito, specialmente in contesti complessi come i procedimenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.

Il caso in analisi: associazione a delinquere e misure cautelari

Il caso riguarda una persona sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di un’associazione criminale dedita al traffico di droga (art. 74 d.P.R. 309/90) e di aver acquistato stupefacenti per la cessione a terzi (art. 73 d.P.R. 309/90). La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato la misura cautelare. L’obiettivo era contestare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e ottenere una riqualificazione meno grave per alcuni dei reati contestati.

I motivi che hanno reso il ricorso per cassazione inammissibile

La difesa ha basato il ricorso su tre motivi principali, ciascuno dei quali è stato respinto dalla Corte per ragioni diverse, che delineano i confini del giudizio di legittimità.

1. Tentativo di rivalutazione dei fatti: Il primo motivo contestava la partecipazione dell’indagata all’associazione criminale. La difesa sosteneva che le prove (dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni) dimostrassero solo la gestione autonoma di due ‘piazze di spaccio’, ma non un’organica appartenenza al clan. La Corte ha ritenuto questo motivo inammissibile perché, di fatto, chiedeva una rilettura delle prove, un’attività riservata ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e preclusa alla Cassazione, che si occupa solo della corretta applicazione della legge.

2. Carenza di interesse alla riqualificazione del reato: Con il secondo motivo, si chiedeva di qualificare le condotte di spaccio come ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5). Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità, ma per ‘carenza di interesse’. Poiché la misura cautelare era fondata principalmente sulla gravissima accusa di associazione a delinquere, un’eventuale riqualificazione del reato minore non avrebbe comportato alcun beneficio concreto per l’indagata, come la revoca o l’attenuazione della misura. La detenzione sarebbe rimasta comunque giustificata dall’accusa principale.

3. Mancata considerazione di una memoria difensiva: Il terzo motivo lamentava che il Tribunale del Riesame non avesse considerato una memoria difensiva. La Corte ha giudicato il motivo ‘manifestamente infondato’, spiegando che la memoria non introduceva elementi nuovi e decisivi rispetto a quanto già discusso. L’obbligo per il giudice di rispondere punto per punto a una memoria sorge solo quando questa presenta censure inedite e di importanza cruciale per la decisione.

Le motivazioni della Suprema Corte

La decisione della Cassazione si fonda su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, ribadisce la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono ridiscutere le prove; il suo compito è verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e motivato le loro decisioni in modo logico e coerente.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come la partecipazione a un’associazione criminale non richieda necessariamente un ruolo formale. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano logicamente dedotto che, per continuare a operare sul territorio controllato dal clan egemone, l’indagata era stata costretta ad accettarne le regole, rifornendosi esclusivamente da loro e beneficiando della loro ‘protezione’. Questo rapporto di ‘stabile fornitura’ funzionale agli scopi del sodalizio è stato ritenuto sufficiente a integrare la partecipazione all’associazione.

Infine, il principio della carenza di interesse ha impedito l’analisi del secondo motivo. La giustizia non si occupa di questioni puramente teoriche. Un’impugnazione è ammissibile solo se il suo accoglimento può produrre un risultato pratico e favorevole per chi la propone.

Conclusioni

Questa sentenza illustra in modo esemplare i paletti che delimitano l’accesso al giudizio della Corte di Cassazione. Un ricorso per cassazione inammissibile è la conseguenza di una strategia difensiva che non si concentra sui vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti di motivazione), ma tenta di ottenere una nuova valutazione delle prove. La decisione riafferma l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici, pertinenti al ruolo della Suprema Corte e supportati da un interesse concreto e attuale, per evitare una declaratoria di inammissibilità che chiude definitivamente la porta a un riesame della questione.

Quando un ricorso per cassazione è considerato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare violazioni di legge o vizi logici nella motivazione, chiede alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del caso, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito. È inammissibile anche per carenza di interesse, cioè quando l’accoglimento del motivo non porterebbe alcun vantaggio concreto al ricorrente.

Essere un acquirente stabile di droga da un’organizzazione criminale significa farne parte?
Secondo questa sentenza, sì. Se un soggetto, per gestire la propria attività di spaccio, si sottomette al controllo di un’organizzazione egemone sul territorio, acquistando stupefacenti esclusivamente da essa e accettandone le condizioni, si realizza un inserimento funzionale nel sodalizio. Questo rapporto di dipendenza e stabilità viene considerato come partecipazione all’associazione criminale.

Perché la richiesta di riqualificare un reato minore può essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse?
Perché se la misura cautelare (come la custodia in carcere) si fonda su un’altra accusa molto più grave e autonoma (in questo caso, l’associazione a delinquere), la riqualificazione del reato minore in una forma meno grave non avrebbe alcun impatto sulla validità e sulla necessità della misura stessa. L’indagato non otterrebbe alcun beneficio pratico, rendendo l’impugnazione su quel punto priva di interesse giuridicamente rilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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