Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22042 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22042 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI NAPOLI e da
DI NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 25/03/1961 nel procedimento a carico di quest’ultimo e di:
NOME COGNOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 20/04/1950 NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 17/03/1969 NOME COGNOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 19/10/1965 NOME COGNOME nato a VICO EQUENSE il 21/08/1963
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avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso presentato dal Proc. Gen. presso la Corte d’Appello di Napoli e del ricorso presentato da NOME COGNOME
uditi i difensori:
L’avvocato NOME COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE e l’avvocato NOME COGNOME in difesa di COMUNE DI CASTELLAMMARE DI STABIA IN PERSONA DEL SINDACO RAGIONE_SOCIALE si sono riportati agli scritti difensivi, alle conclusioni scritte ed alle note spese. DEL
L’avvocato COGNOME in difesa di COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibilità del ricorso del Proc. Gen. presso la Corte d’appello di Napoli.
L’avvocato NOME in difesa di NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità o, in subordine, di rigettare il ricorso del Proc. Gen. presso la Corte d’appe di Napoli.
L’avvocato NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso del Proc. Gen. presso la Corte d’appello di Napoli.
L’avvocato NOME in difesa di NOME e di NOME COGNOME si è riportato a tutti gli scritti difensivi, insistendo per l’inammissibilità del ricorso del Pro presso la Corte d’appello di Napoli.
L’avvocato COGNOME in difesa di COGNOME ha chiesto l’accoglimento di tutti i motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/11/2021 il Tribunale di Torre Annunziata, tra le altre statuizioni riconosceva:
la penale responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 629 comma 2 in relaz. all’art. 628 comma 3 n. 1 cod. pen., 416 cod. pen. (capo 1), per aver indotto NOME COGNOME, titolare di una catena di supermercati
cognato del COGNOME, ad assumere NOME COGNOME presso una sua società, con minaccia concretatasi nella valenza intimidatoria derivante dalla riconducibilità dei COGNOME al COGNOME;
la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 11 comma 2 in relazione all’art. 628 comma 3 n. 1 cod. pen., 416bis1 cod. pen., per aver indotto il predetto NOME COGNOME a corrispondere periodiche somme di denaro al clan camorristico dei Cesarano (capo 2) ed altresì in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 629 cod. pen., 416 cod. pen., per aver indotto NOME COGNOME a corrispondergli somme di denaro mediante minaccia concretatasi nella valenza intimidatoria della sua appartenenza al clan camorristico COGNOME incaricando NOME COGNOME di far esplodere una bomba carta presso il supermercato “Sole 365” in Castellammare di Stabia (capi 3 e 4 );
la penale responsabilità di NOME COGNOME ed NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 629 comma 2 in relazione all’art. 628 comma 3 n. 1 cod. pen., 416bis1 cod. pen. (capo 5) per aver indotto NOME COGNOME, titolare di un burrificio, a corrispondere suddetto clan somme di denaro in tempi diversi.
In riforma della sentenza di primo grado la Corte di Appello di Napoli con sentenza del 3/6/2024 ha assolto NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME dal reato di cui al capo 1) perché il fatto non sussiste, ha assolto NOME COGNOME ed NOME COGNOME dal reato di cui al capo 5) per non aver commesso il fatto, ed ha assolto il NOME COGNOME dai reati a lui ascritti ai 3) e 4) per non aver commesso il fatto, confermando, così, la sentenza di primo grado unicamente con riferimento al giudizio di penale responsabilità del COGNOME per il reato di c al capo 2), in relazione al quale rideterminava la pena nella misura ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli ed il difensore del COGNOME
3.1. Il Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai capi 1 e 5, deducendo, a tal fine, la violazione di legge ed il viz motivazione, in particolare per la parziale valutazione del contenuto delle conversazion intercettate, e la carenza di motivazione con riferimento alla confutazione delle argomentazion poste a sostegno della condanna e al dovere di motivazione rafforzata, che grava sul giudice dell’appello che intenda riformare la pronuncia di primo grado. Il ricorrente invoca le pronunc dele sezioni unite n. 6682 del 04/02/1992, P.m, Rv. 191229 e n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, rv. 231679 ed assume che la Corte di appello si sarebbe limitata a richiamare per relationem le argomentazioni difensive affermando in maniera assertiva che le dichiarazioni testimoniali a favore degli imputati e quelle rese da questi ultimi sono credibili, in tal omettendo di confrontarsi con il materiale probatorio esaminato dal giudice di primo grado. I P.G. contesta, così, le espressioni con le quali, a suo avviso in modo laconico ed assertivo, sentenza impugnata si sarebbe limitata a manifestare dissenso rispetto alle valutazioni del
primo giudice senza spiegarne le ragioni, e deduce che la Corte territoriale non si sarebbe confrontata né con le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (il ricorso richia particolare, quelle di NOME COGNOME e NOME COGNOME) né con le conversazioni registrate tra il COGNOME, il COGNOME, l’COGNOME ed il COGNOME, nel corso della vicenda COGNOME. Per ogni cap imputazione il ricorso del P.G. richiama alcune conversazioni utilizzate dalla sentenza di primo grado e non menzionate esplicitamente dalla sentenza di appello.
3.2. GLYPH Anche il COGNOME, a mezzo dell’avv. COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi di impugnazione:
3.2.1 Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta responsabili per il delitto di estorsione, pur nel difetto di prova di alcuna minaccia nei confronti persona offesa, non risultando esercitata la forza di intimidazione del clan COGNOME sulla persona del COGNOME, almeno non un’intimidazione volta ad incutere timore nella vittima, tanto che anche un teste indicato dal pubblico ministero, COGNOME, all’udienza del 1°/10/2019 aveva riferito che il Greco “non ne subiva il metus”.
3.2.2. GLYPH Violazione di legge, con riferimento agli artt. 648 cod. pen. e 379 cod. pen., ed omessa motivazione in ordine alla richiesta del ricorrente di qualificare la condotta come ricettazione o favoreggiamento reale, anche aggravati dall’art. 416bis.1 cod. pen., risultando dalle intercettazioni, dalle dichiarazioni della persona offesa e da prove testimonial versamento di somme di denaro a terzi, da parte della persona offesa, anche negli anni precedenti.
3.2.3. GLYPH Violazione di legge ed omessa motivazione con riferimento all’aggravante del metodo mafioso, di cui all’art. 418bis.1 cod. pen. ed a quella di cui all’art. 628 n. comma 3 n. cod. pen.
Sotto il primo profilo ha dedotto che non vi è stata alcuna esteriorizzazione di violenza minaccia, non potendosi trascurare nemmeno la personalità della persona offesa ai fini della valutazione della sussistenza dell’aggravante mafiosa.
Quanto al secondo profilo, invece, ha dedotto che la partecipazione del COGNOME all’associazione mafiosa non risultava all’epoca della commissione dei fatti, essendo divenuta irrevocabile la relativa condanna solo nove anni più tardi, il 14/7/2023.
3.2.4. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Con memoria del 17/2/2025 l’avv. COGNOME in difesa di NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettare il ricorso del P.G.
Anche l’avv. COGNOME in difesa di NOME e NOME COGNOME con memoria depositata il 27/2/2025 ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso del P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli è inammissibile perché aspecificamente formulato.
1.1. Con riferimento all’estorsione contestata al capo 1) dell’imputazione come commessa ai danni del titolare di una catena di supermercati, cognato di NOME COGNOME per indurlo ad assumere NOME COGNOME al fine di agevolare il clan camorristico dei COGNOME, operante in Castellammare di Stabia, la sentenza impugnata si è confrontata con le argomentazioni poste a fondamento del giudizio di penale responsabilità espresso nella decisione di primo grado, in particolar modo richiamando espressamente oltre venti pagine dei motivi del ricorso in appello proposto nell’interesse del Greco e dichiarando di condividere “le puntual argomentazioni svolte dalla difesa di NOME da pag. 35 ( omissis) a pag. 55, che devono intendersi qui richiamate”, ribadendo, poi, che le dichiarazioni di una pluralità di testi (NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) consentivano di ricostruire le modalità dell’assunzione di NOME COGNOME in modo da escludere che questa fosse dovuta a condotte minacciose degli imputati. Ciò in quanto i testimoni NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano escluso di aver subìto minacce o pressioni per assumere il predetto NOME COGNOME ed il COGNOME aveva anche fornito plausibili spiegazioni delle telefonate intercettate, così come anche il COGNOME aveva res dichiarazioni credibili, fornendo anch’egli esaustive spiegazioni delle conversazioni intercetta e valorizzate dal primo giudice.
Sulla base di tali elementi, ad avviso della Corte territoriale, il COGNOME, già dipendente COGNOME, doveva ritenersi assunto insieme ad altri sulla base di una mera valutazione imprenditoriale, non essendovi elementi sufficienti ad attribuire l’assunzione ad altra causa.
Alla luce di tale percorso argomentativo, il ricorso del P.G. deve ritenersi aspecifico, quanto si limita a richiamare dichiarazioni di collaboratori di giustizia ed alcune conversazio utilizzate dalla sentenza di primo grado e non menzionate esplicitamente dalla sentenza di appello senza, però, in alcun modo confrontarsi con le oltre venti pagine – da pag. 35 a pag. 55 – del ricorso in appello proposto dal Greco, ormai incorporate nella sentenza della Corte territoriale in virtù del richiamo per relationem espressamente effettuato da questa con riferimento all’assenza di un mandato conferito al Greco ai fini dell’asserita estorsio ambientale, all’assenza di minaccia ed all’assenza di un danno patrimoniale per la persona offesa.
1.2. Analogamente, quanto all’estorsione ai danni di COGNOME NOME contestata al COGNOME ed al COGNOME al capo n. 5), la sentenza impugnata ha richiamato le argomentazioni degli atti di appello proposti nell’interesse del COGNOME e del COGNOME (quest’ultimo alle pagg. 58 e ss. e, pur dando atto dell’interpretazione accusatoria data dalla sentenza di primo grado ad alcune intercettazioni ambientali, ne ha contestato il significato attribuito loro dal primo giu ritenendole poco chiare e non univoche nell’attribuire al Greco ed al COGNOME un ruolo di
intermediari nell’interesse del clan COGNOME, soprattutto perché trattasi di conversazi intercettate a distanza di mesi tra loro, e prive di espliciti e sicuri riferimenti alla vicend si tratta.
La Corte territoriale, così, ha dato anche atto che il Greco ha ammesso di aver cercato di aiutare l’COGNOME, evidenziando anche, però, come lo stesso abbia mostrato di non voler esser coinvolto nelle vicende del recupero della merce rubata, non abbia organizzato alcun incontro tra l’COGNOME e l’COGNOME, venendone a conoscenza, invece, solo successivamente, e di come neppure siano stati confermati né il ruolo di factotum dell’COGNOME attribuito al COGNOME, né contributo causale che questo avrebbe arrecato alle condotte estorsive del primo.
Anche con riferimento a tale capo di imputazione, invece, il ricorso del P.G. non si confronta in alcun modo con gli atti di appello richiamati per incorporazione dalla sentenza impugnata, limitandosi, invece, a riassumere le valutazioni del primo giudice, ribadendo il ruolo di “factotum” e portavoce dell’Afeltra da questo attribuito al COGNOME.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso del P.G., per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen, all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Rv. 237596).
Anche il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME è inammissibile, in quanto i motiv addotti si discostano dai parametri dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 proc. pen. perché manifestamente infondati, anche quando non attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata.
2.1 Il primo motivo, in particolare, è inammissibile perché prospetta una “rilettura” degl elementi di fatto posti a fondamento della decisione che esula dai poteri della Corte di cassazione, in quanto valutazione riservata in via esclusiva al giudice di merito (Sez. Un. 30/4/1997, Dessimone, n. 6402 riv. 207944) che, nel caso di specie, ha dato ampiamente conto delle ragioni del suo convincimento richiamando espressamente il contenuto di conversazioni ambientali, confermate dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, in sede di esame, in ordine alla condotta del COGNOME nei suoi confronti, avendo il predett confermatoo di aver corrisposto al clan COGNOME, a seguito dell’intervento del Di COGNOME, la somma di euro 12.000,00 divisa in tre rate, nei consueti periodi di Agosto, Natale e Pasqua.
Peraltro, nell’affermare che non risulterebbe provata la forza di intimidazione del clan COGNOME sulla persona del COGNOME, sulla bese di un mero giudizio di un teste, COGNOME, il ricorso nemmeno si confronta con le argomentazioni della Corte territoriale laddove questa, oltre ad evidenziare i pagamenti effettuati dal Greco proprio in conseguenza delle intimidazioni ricevute, ha illustrato il contenuto di una intercettazione telefonica idonea a dimostrare che
COGNOME e NOME COGNOME, preceduti da una cd. “imbasciata” dei giorni precedenti, si erano presentati insieme al COGNOME, imponendogli il pagamento di somme con cadenza periodica, esplicitando i due di agire per conto del capoclan detenuto e che il denaro serviva anche per il sostentamento dei detenuti.
2.2. La dinamica dell’episodio, come dinanzi sintetizzata, e la riconosciuta forza d intimidazione del clan COGNOME rendono evidente la manifesta infondatezza della prospettazione difensiva, in sede di appello, volta a riqualificare il fatto come ricettazio favoreggiamento reale, anche aggravati dall’art. 416bis.1 cod. pen. Conseguentemente, deve ritenersi inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, volto a valorizzare l’omess motivazione della Corte territoriale sul punto, alla luce della consolidata giurisprudenza questa Corte di legittimità secondo cui è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso pe cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quant l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, Rv. 26315701)
2.3 GLYPH E’ manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso, volto a sostenere in maniera assertiva ed apodittica l’assenza di metus della persona offesa Greco, così contestando il riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso, di cui all’art. 418bis.1 cod. pen. e di quella di cui all’art. 628 n. comma 3 n. 3 cod. pen., atteso che le sentenze di merit le cui motivazioni sì integrano a vicenda, nel descrivere le richieste di elargizioni periodich denaro avanzate nei confronti del Greco, hanno dato adeguatamente conto dei ripetuti riferimenti alla necessità di sostenere i detenuti, alle “imbasciate” ricevute ed alla detenzi del capoclan, elementi, questi, di inequivocabile esteriorizzazione del sodalizio mafioso.
Quanto al secondo profilo, invece, risulta incontrovertibilmente accertata ed è incontestata la partecipazione del COGNOME ad un’associazione di stampo camorristico, atteso che la sentenza impugnata ha dato atto del fatto che il predetto, “già condannato per associazione mafiosa con la condanna sub 4) del casellario giudiziale”, con sentenza del 7/7/2022, irrevocabile il 14/7/2023, è stato nuovamente condannato per partecipazione ad associazione mafiosa “dal luglio 2014 e fino al 2019”, elemento sufficiente ad integrare l’aggravante di cu all’art. 628 comma 3 n. 3 cod. pen.,
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini della configurabilità tale aggravante non è necessario che l’appartenenza dell’agente a un’associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma è sufficiente che l’accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante (Sez. 2, 48448 del 31/10/2023, Rv. 285587 – 01; Sez. 2, n. 33775 del 04/05/2016, Rv. 267850 – 01).
2.4. Le circostanze attenuanti generiche, invocate dalla difesa del COGNOME, sono state negate dalla Corte territoriale in considerazione della mancanza di elementi positivi valutazione, oltre che “della concreta gravità della richiesta estorsiva posta in essere in ambi di criminalità organizzata e protrattasi nel tempo con l’imposizione di tangenti periodiche ne
corso dell’anno”, ed altresì in considerazione del ruolo di rilievo svolto nella vicenda ricorrente.
Si tratta di motivazione priva di illogicità e, pertanto, insindacabile in questa sede, att che la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di
situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato;
ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità
dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto anche con il so richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento d
beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Rv. 26646001). Sul punto, peraltro, il ricorso pecca anche di genericità, laddove si duole che sia stata ritenuta l’insussistenza di element
positivamente apprezzabili ai fini della concessione del beneficio senza, però, indicarne alcuno nel ricorso.
3.All’inammissibilità del ricorso del COGNOME consegue, per il disposto dell’art. 616 co proc. pen., la condanna del predetto al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare di euro tremila, oltre alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili Comune di Castellammare di Stabia ed RAGIONE_SOCIALE che liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, COGNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Castellammare di Stabia, che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge, e dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma 5 marzo 2025
L’estensore
Il Presidente