LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso aspecifico: inammissibile per permesso premio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un detenuto per la concessione di un permesso premio. La decisione si fonda sul vizio di aspecificità dei motivi: il ricorrente, infatti, non ha contestato le specifiche ragioni del provvedimento impugnato, che evidenziava la mancata dissociazione dall’ambiente criminale, ma si è limitato a riproporre argomentazioni precedenti. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare un ricorso specifico che si confronti puntualmente con la logica della decisione contestata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Aspecifico: la Cassazione chiude le porte al Permesso Premio

L’ordinanza n. 10497/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla tecnica processuale, ribadendo un principio fondamentale: un ricorso aspecifico è destinato all’inammissibilità. Il caso in esame riguarda la richiesta di un permesso premio da parte di un detenuto per reati ostativi, ma la vera protagonista della decisione è la carenza strutturale dell’atto di impugnazione, che non riesce a confrontarsi con il cuore della decisione del giudice precedente.

I fatti del caso

Un detenuto, condannato per reati inclusi nell’elenco dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, si era visto negare un permesso premio dal Tribunale di Sorveglianza di Torino. Avverso tale decisione, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo di aver diritto al beneficio in base alla nuova formulazione della norma. Quest’ultima, infatti, consente la concessione di benefici anche ai non collaboratori di giustizia, a patto che dimostrino l’adempimento di specifici obblighi e l’assenza di legami attuali con la criminalità organizzata.

Il ricorrente basava le sue argomentazioni su memorie difensive depositate in precedenza, ritenendo di aver già fornito gli elementi necessari a superare la presunzione di pericolosità.

La decisione della Corte e il vizio del ricorso aspecifico

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito della richiesta. La ragione risiede interamente nel vizio di aspecificità dei motivi. Secondo i giudici, il ricorrente non ha centrato il bersaglio: invece di criticare e smontare punto per punto il ragionamento logico del Tribunale di Sorveglianza, si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già formulate in passato.

Questo approccio rende l’impugnazione inefficace. Un ricorso in Cassazione non è un’occasione per riesaminare l’intera vicenda, ma uno strumento per contestare specifici errori di diritto o vizi di motivazione presenti nel provvedimento impugnato. Se l’atto non si confronta con la ratio decidendi (la ragione della decisione) del giudice precedente, risulta privo del suo requisito essenziale: la specificità.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha articolato il suo ragionamento su passaggi chiari e inequivocabili. In primo luogo, ha riconosciuto che al caso si applicava il nuovo testo dell’art. 4-bis, più aperto alla concessione di benefici ai non collaboranti.

Tuttavia, ha sottolineato come la nuova normativa mantenga una presunzione relativa di persistenza dei collegamenti con l’organizzazione criminale. Spetta quindi al detenuto fornire la prova contraria. Il Tribunale di Sorveglianza aveva negato il permesso proprio su questo punto, evidenziando la mancanza di una effettiva dissociazione del condannato dalle consorterie mafiose e richiamando un giudizio di pericolosità già espresso in una misura di prevenzione.

Il ricorso, secondo la Cassazione, ha completamente ignorato questa specifica motivazione. Ha fatto riferimento a una memoria difensiva del 1° settembre 2022, quindi depositata oltre un anno prima del provvedimento impugnato (datato 10 ottobre 2023). In pratica, l’appellante ha combattuto una battaglia contro argomenti vecchi, senza affrontare la reale motivazione della decisione che stava contestando. La Corte ha concluso che un ricorso che “prescinde dal percorso logico del provvedimento impugnato, limitandosi a ripetere osservazioni che il ricorrente aveva formulato prima di esso”, è intrinsecamente aspecifico e, come tale, deve essere dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito per gli operatori del diritto sull’importanza del rigore formale e sostanziale nella redazione degli atti di impugnazione. Non è sufficiente avere ragione nel merito; è indispensabile saper articolare le proprie censure in modo pertinente e specifico. La decisione ribadisce che il processo di Cassazione è un giudizio sulla legittimità di una decisione, non un terzo grado di merito. Ignorare la motivazione del provvedimento che si contesta equivale a presentare un atto sterile, destinato a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile ottenere un permesso premio per reati ostativi senza collaborare con la giustizia?
Sì, secondo il nuovo testo dell’art. 4-bis ord. pen., è possibile a condizione che il detenuto dimostri l’adempimento delle obbligazioni civili, alleghi elementi specifici e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, partecipi al percorso rieducativo e dimostri la dissociazione dall’organizzazione criminale.

Cosa si intende per ricorso aspecifico?
Un ricorso è definito aspecifico quando non si confronta direttamente e puntualmente con le motivazioni della decisione che si sta impugnando, ma si limita a ripetere argomentazioni già presentate in precedenza o a sollevare critiche generiche, senza contestare il percorso logico-giuridico seguito dal giudice nel provvedimento.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non affrontava il punto centrale della decisione del Tribunale di Sorveglianza, ovvero la presunzione del mantenimento dei legami con la criminalità organizzata e la mancanza di prove di dissociazione. Limitandosi a riproporre argomenti precedenti, il ricorso è risultato privo della necessaria specificità estrinseca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati