Ricorso 599-bis: Limiti all’Impugnazione della Pena Concordata in Appello
L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i limiti alla sua successiva impugnazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso 599-bis, stabilendo che la pena concordata non può essere messa in discussione in sede di legittimità se non in un caso specifico: la sua illegalità. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
Il Caso in Esame: Dall’Accordo in Appello al Ricorso in Cassazione
Un imputato, condannato in primo grado per il reato di estorsione aggravata, decideva di appellare la sentenza. In sede di appello, le parti raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., concordando una pena finale di 4 anni e 8 mesi di reclusione. La Corte d’Appello, recependo l’accordo, riformava la sentenza di primo grado e applicava la pena così determinata.
Tuttavia, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione contro questa decisione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. In particolare, contestava il mancato giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e una specifica aggravante, che a suo dire avrebbe dovuto portare a una pena inferiore.
La Valutazione sul Ricorso 599-bis da Parte della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, utilizzando una procedura semplificata e senza formalità. La decisione si fonda su un principio cardine: la natura consensuale della pena applicata tramite la procedura del ricorso 599-bis.
Secondo gli Ermellini, nel momento in cui le parti (difesa e accusa) indicano congiuntamente al giudice la pena da applicare e quest’ultimo condivide tale scelta, si esce dall’ambito delle decisioni unilaterali del giudice per entrare in quello di una determinazione concordata. Di conseguenza, vengono meno i presupposti per una successiva contestazione sulla congruità o sul calcolo della pena stessa.
Le Motivazioni della Suprema Corte: L’Inammissibilità del Ricorso
La Corte ha articolato le sue motivazioni su due punti principali.
In primo luogo, ha richiamato per analogia un principio già consolidato dalle Sezioni Unite in materia di patteggiamento (sentenza n. 5838/2014, Citarella). Anche in quel caso, si è stabilito che la censura relativa alla determinazione della pena concordata non può essere dedotta in sede di legittimità. L’unica eccezione a questa regola si verifica quando la pena applicata è contra legem, cioè illegale perché, ad esempio, non rispetta i minimi o massimi edittali previsti dalla legge per quel reato. Nel caso di specie, la pena inflitta era prossima al minimo edittale e l’applicazione delle circostanze era corretta, escludendo quindi ogni profilo di illegalità.
In secondo luogo, la Corte ha rilevato la genericità della censura. L’imputato, dopo aver rinunciato in appello a tutti i motivi diversi da quelli relativi alla pena, non ha fornito nel suo ricorso alcun elemento per contestare l’affermazione di colpevolezza già sancita in primo grado. Il ricorso si concentrava unicamente su un aspetto (il bilanciamento delle circostanze) che era stato oggetto dell’accordo stesso, rendendo la doglianza assertiva e priva di fondamento giuridico ammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di aderire a un concordato in appello ex art. 599-bis c.p.p. è una decisione strategica con conseguenze definitive. Una volta che l’accordo sulla pena viene raggiunto e ratificato dal giudice, le possibilità di impugnazione si restringono drasticamente. Non è possibile ‘ripensarci’ e contestare in Cassazione la misura della pena concordata, a meno di non poter dimostrare una sua palese illegalità. La decisione cristallizza il principio secondo cui la volontà delle parti, una volta espressa in un accordo processuale, assume un valore vincolante che limita le successive vie di ricorso.
È possibile impugnare in Cassazione una pena concordata in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che la censura relativa alla determinazione della pena concordata tra le parti e recepita dal giudice d’appello non può essere dedotta in sede di legittimità, poiché la scelta sanzionatoria è frutto di un accordo.
Qual è l’unica eccezione che permette di contestare una pena concordata in sede di legittimità?
L’unica eccezione si verifica quando la pena determinata è ‘contra legem’, ovvero illegale. Questo accade, ad esempio, se la pena applicata è inferiore al minimo o superiore al massimo previsto dalla legge per quel reato. Nel caso di specie, questa ipotesi è stata esclusa.
Perché il ricorso dell’imputato è stato considerato anche generico?
Il ricorso è stato ritenuto generico perché, dopo aver rinunciato in appello agli altri motivi, non ha fornito alcuna argomentazione per contestare l’affermazione di colpevolezza del primo grado, limitandosi a criticare un aspetto della pena che era stato oggetto dell’accordo stesso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2927 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2927 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 16/06/1993
avverso la sentenza del 04/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che, in riforma di quella di primo grado, gli ha applicato, su concorde richiesta delle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., la pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione per estorsione aggravata.
Con l’unico motivo di ricorso, l’imputato denunzia la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine al mancato giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con procedura semplificata e senza formalità, perché proposto per motivi non consentiti. Esso, infatti, peraltro evocando in termini assertivi il vizio di violazione di legge, esula dalle impugnazioni esperibil avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., dal momento che, in sede di accordo sulla pena, le parti hanno precisamente indicato al Giudice, che ha condiviso la scelta sanzionatoria, la pena da applicare.
Invero, analogamente a quanto affermato in tema di patteggiamento (Sez. U, n. 5838 del 28/11/2013, dep. 2014, Citarella, Rv. 257824 – 01), deve ritenersi che la censura relativa alla determinazione della pena concordata – e stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotes in cui essa sia stata determinata contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso di specie, considerato che la pena inflitta all’imputato è prossima al minimo edittale e corretta risulta l’applicazione delle circostanze attenuanti.
La censura risulta, inoltre, del tutto generica, non indicando il ricorso le ragioni per le quali, in presenza della rinuncia ai motivi di appello diversi da quelli attinenti al pena, avrebbe dovuto essere esclusa la colpevolezza dell’imputato, già dichiarata in esito al giudizio di primo grado.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende,
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024.