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Ricorso 599 bis: limiti all’impugnazione in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza d’appello emessa a seguito di un accordo sulla pena ex art. 599 bis c.p.p. L’ordinanza chiarisce che l’accettazione del ‘concordato in appello’ implica una rinuncia a contestare sia la qualificazione giuridica del reato sia la congruità della pena. Pertanto, il ricorso 599 bis basato su tali motivi non può essere accolto.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso 599 bis: Quando l’Accordo in Appello Rende Inammissibile l’Impugnazione

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le sue implicazioni procedurali possono essere decisive. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti all’ammissibilità del ricorso 599 bis, chiarendo come l’accordo sulla pena precluda la possibilità di sollevare determinate censure in sede di legittimità. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere la natura vincolante di tale accordo.

Il Contesto Processuale: dall’Accordo in Appello alla Cassazione

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’appello di Napoli, che aveva rideterminato la pena per due imputati accusati di tentata estorsione aggravata in concorso. Tale rideterminazione era avvenuta in accoglimento di una richiesta concorde delle parti, secondo la procedura prevista dall’art. 599 bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori degli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando vizi relativi sia alla quantificazione della pena sia alla qualificazione giuridica del reato.

Analisi del ricorso 599 bis e le Censure Mosse

I ricorsi presentati si fondavano principalmente su due motivi comuni:
1. Errata valutazione della congruità della pena: La difesa lamentava un’erronea determinazione degli aumenti di pena applicati a titolo di continuazione tra i reati.
2. Errata qualificazione giuridica del fatto: Si contestava la classificazione del comportamento come estorsione, sostenendo che dovesse essere inquadrato in un’altra fattispecie di reato.

Questi motivi, sebbene pertinenti in un processo ordinario, si scontrano con la natura stessa dell’accordo raggiunto in appello, come evidenziato dalla Suprema Corte.

La Decisione della Suprema Corte: l’Inammissibilità

La Corte di Cassazione, decidendo con la procedura semplificata de plano, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si basa su un principio consolidato: l’accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p. implica una rinuncia da parte dell’imputato a contestare i punti che sono oggetto dell’accordo stesso. La Corte ha stabilito che sia la congruità della pena, sia la qualificazione giuridica del fatto rientrano nell’ambito di ciò che viene ‘cristallizzato’ dall’accordo.

Le motivazioni

La motivazione della Corte è netta e si fonda su una logica di coerenza processuale. In primo luogo, il motivo riguardante la congruità della pena e gli aumenti per la continuazione è stato ritenuto inammissibile perché l’accordo stesso, per sua natura, verte proprio sulla determinazione finale della sanzione. Accettando la pena concordata, l’imputato implicitamente ne accetta la congruità, rinunciando a future contestazioni su questo specifico punto.

In secondo luogo, e con ancora maggiore enfasi, la Corte ha respinto il motivo relativo alla qualificazione giuridica. Richiamando precedenti giurisprudenziali, i giudici hanno affermato che la richiesta di concordato sulla pena presuppone l’accettazione della qualificazione giuridica del fatto così come definita nel giudizio di merito. Sottoporre al giudice d’appello una proposta di pena per un determinato reato significa accettare che di quel reato si tratti. Pertanto, sollevare la questione in Cassazione equivale a contraddire la volontà precedentemente manifestata, una condotta processuale che l’ordinamento non consente.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: il concordato in appello ex art. 599 bis c.p.p. è un patto processuale che chiude la porta a successive rinegoziazioni o contestazioni sui suoi elementi costitutivi. La scelta di accedere a tale istituto deve essere attentamente ponderata, poiché la rinuncia ai motivi di appello e l’accordo sulla pena comportano l’implicita accettazione della qualificazione del reato e della congruità della sanzione. La decisione della Cassazione rafforza la stabilità delle sentenze emesse su accordo delle parti e definisce chiaramente i confini del successivo giudizio di legittimità, limitandolo a vizi che non siano stati oggetto della rinuncia implicita derivante dal concordato stesso.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza d’appello basata su un accordo sulla pena (art. 599 bis c.p.p.)?
Sì, ma con limiti molto stringenti. Come chiarito dall’ordinanza, non è possibile contestare i punti che sono oggetto dell’accordo stesso, come la qualificazione del reato o la congruità della pena pattuita.

Se ci si accorda sulla pena in appello, si può successivamente contestare la qualificazione giuridica del reato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena implica una rinuncia implicita a contestare la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, un motivo di ricorso basato su tale censura viene dichiarato inammissibile.

L’accordo ex art. 599 bis c.p.p. impedisce di lamentare in Cassazione l’incongruità della pena concordata?
Sì. L’ordinanza stabilisce che il motivo di ricorso relativo alla congruità della pena, inclusi gli aumenti per la continuazione, è proposto al di fuori dei casi previsti, poiché l’accordo rappresenta l’accettazione volontaria della pena da parte dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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