Ricorso 41 bis: quando la Cassazione lo dichiara inammissibile
L’applicazione e la proroga del regime carcerario speciale, noto come 41 bis, rappresenta uno degli argomenti più delicati del nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del ricorso 41 bis, chiarendo in modo inequivocabile i motivi per cui un’impugnazione può essere dichiarata inammissibile. La Corte ha stabilito che, in questa specifica materia, le censure non possono riguardare il merito della decisione, ma devono limitarsi alla sola violazione di legge.
I Fatti del Caso
Un detenuto, sottoposto al regime differenziato previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario, ha impugnato il decreto ministeriale che ne prorogava l’applicazione. In prima istanza, il suo reclamo era stato respinto dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Non arrendendosi, il detenuto ha presentato un ricorso 41 bis davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e una carenza di motivazione da parte del Tribunale.
La Decisione sul ricorso 41 bis
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si basa su un principio fondamentale della procedura penale relativa a questa materia: il controllo di legittimità della Cassazione è strettamente circoscritto. Il ricorrente, infatti, non può chiedere ai giudici di supremo grado una nuova valutazione delle ragioni di merito che hanno portato il Tribunale di Sorveglianza a confermare il regime speciale. L’unica doglianza ammissibile è quella relativa a una palese e diretta violazione di una norma di legge.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha spiegato che le critiche mosse dal ricorrente non configuravano una vera e propria ‘violazione di legge’, ma si traducevano in una contestazione dei ‘contenuti argomentativi’ della decisione impugnata. In altre parole, il detenuto stava cercando di rimettere in discussione l’opportunità e la fondatezza della proroga del 41 bis, un’operazione che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione in questo specifico contesto. La disciplina di settore ammette esclusivamente la deduzione di una violazione di legge come motivo di ricorso. Poiché le censure erano di natura fattuale e argomentativa, il ricorso è stato giudicato inammissibile.
Come diretta conseguenza della dichiarazione di inammissibilità, e in assenza di elementi che potessero escludere la colpa del ricorrente, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha disposto il versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chi intende impugnare un provvedimento di proroga del regime 41 bis. È essenziale che il ricorso 41 bis sia fondato su specifiche e dimostrabili violazioni di norme giuridiche. Tentare di contestare il giudizio di merito del Tribunale di Sorveglianza, ovvero la valutazione sulla pericolosità sociale del detenuto o sulla necessità di mantenere il regime speciale, si scontra inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità. La decisione sottolinea la netta separazione tra il giudizio di merito, riservato ai tribunali di sorveglianza, e il controllo di legittimità, di stretta competenza della Corte di Cassazione.
Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate non riguardavano una violazione di legge, ma contestavano il merito e le argomentazioni della decisione del Tribunale di Sorveglianza, un tipo di critica non consentito in questa specifica sede.
Quali sono gli unici motivi validi per presentare un ricorso in Cassazione contro la proroga del 41 bis?
Secondo la disciplina di settore richiamata nell’ordinanza, l’unico motivo ammissibile per un ricorso per cassazione avverso un provvedimento sul 41 bis è la deduzione di una violazione di legge.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito dell’inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34867 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34867 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ERICE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 7 marzo 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo introdotto da COGNOME NOME avverso il Decret Ministeriale di proroga del regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord.pen. .
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOME deducendo violazione di legge e assenza motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi no consentiti, trattandosi di censure che si dirigono ai contenuti argomenta della decisione, non esaminabili nella specifica disciplina di settore, ess ammessa la sola deduzione di violazione di legge.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di element atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibil al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. p pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore