Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45361 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45361 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME natcx a GENOVA il 26/01/1962 NOME COGNOME nato, a LEGNANO il 30/07/1989
avverso la sentenza del 29/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, a mezzo del comune difensore, con unico atto, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge in ordine all’affermazione di responsabilità penale fondata sull’individuazione delle imputate quali autrici del reato effettuata attraverso videoriprese contenute in un CD non presente agli atti e, dunque, non valutabile dal giudice di merito. Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione, comune alle due imputate, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’a impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Ne deriva che i proposti ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
Le ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito hanno dato conto del fatto che la censura relativa all’ affermazione di responsabilità penale fondata su un atto non presente nel fascicolo è del tutto infondata e che dunque non appariva necessaria l’acquisizione del CD, dal momento che il riconoscimento delle imputate quali autrici del reato è avvenuto con le testimonianze rese in dibattimento dai testimoni COGNOME e COGNOME sia dai filmati che in presenza. I due testimoni riferiscono che, pur non vedendosi chiaramente dalle riprese di videosorveglianza l’impossessamento della refurtiva da parte delle imputate, Si vede con chiarezza che le stesse appoggiano una giacca sul bancone per coprire i gioielli e che questi spariscono alla loro uscita dal negozio.
Il dato probatorio rilevante – come si legge in sentenza – è che due testimoni hanno riferito in dibattimento di avere visionato le videori,Drese e le hanno descritte e spiegate al giudice, nel contraddittorio delle parti. La teste COGNOME ha riconosciuto le imputate, le quali peraltro non hanno ritenuto di fornire alcuna versione alternativa
e/o un alibi per quel giorno. Nessun dubbio per i giudici di appello può sussistere sul fatto che le due donne accusate del furto siano esattamente le attuali imputate. La teste COGNOME le ha peraltro riconosciute anche in udienza.
La Corte sottolinea, con motivazione priva di aporie logiche, anche un altro passaggio, ovvero che COGNOME NOME (soggetto noto per precedenti specifici) è stato assolto, ma è un dato di fatto che egli quel giorno si trovava fermo in auto fuori del supermercato “RAGIONE_SOCIALE” di Lido di Camaiore e che per questo motivo aveva attirato l’attenzione dei Carabinieri che lo hanno identificato e proprio tramite COGNOME sono poi arrivati ad individuare la COGNOME e la COGNOME, perché si trattava di persone che solitamente si muovevano insieme per commettere reati contro il patrimonio.
Nella sentenza impugnata viene logicamente confutato anche l’argomento secondo il quale vi sarebbero gravi discrasie e contraddizioni nelle risultanze dibattimentali e nel percorso logico ed argomentativo del giudice, sul rilievo che è vero. che il teste COGNOME ha detto che all’interno del negozio erano altre persone, ma che si tratta di un dato irrilevante perché sono state la COGNOME e la COGNOME – e nessun altro – a intrattenersi con la addetta alle vendite COGNOME, facendosi mostrare vari gioielli, mentre la clientela presente nel negozio in quel contesto temporale non ha impegnato l’attenzione della RAGIONE_SOCIALE.
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’ad, 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2024