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Riconoscimento tramite video: la testimonianza basta

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due donne condannate per furto. Il loro riconoscimento tramite video è stato ritenuto valido nonostante il filmato non fosse agli atti, poiché la loro identità è stata confermata dalle testimonianze di chi aveva visionato le riprese e le ha riconosciute in dibattimento.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento tramite video: quando la testimonianza è sufficiente?

La tecnologia di videosorveglianza è uno strumento fondamentale nelle indagini, ma cosa succede se il filmato che incastra i colpevoli non è fisicamente presente agli atti del processo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la condanna può essere legittima anche in assenza del supporto materiale, a patto che la prova si fondi su altri elementi solidi. Il caso analizzato offre spunti cruciali sul valore della prova testimoniale in relazione a un riconoscimento tramite video.

I Fatti del Caso

Due donne venivano condannate in primo e secondo grado per un furto di gioielli commesso all’interno di un supermercato. Secondo la ricostruzione, le imputate avevano distratto l’addetta alle vendite e, approfittando di un momento di confusione, avevano appoggiato una giacca sul bancone per coprire i preziosi e sottrarli. Tutta la scena era stata ripresa dalle telecamere di sicurezza del negozio.

La difesa delle imputate, però, si basava su un punto apparentemente decisivo: il CD contenente le registrazioni video non era mai stato depositato nel fascicolo processuale e, di conseguenza, non era mai stato visionato direttamente dai giudici.

Il Ricorso per Cassazione e il riconoscimento tramite video

Le imputate hanno presentato ricorso per Cassazione sostenendo che la loro condanna fosse illegittima, in quanto basata su un’affermazione di responsabilità penale fondata su prove (le videoriprese) non presenti agli atti e quindi non valutabili. A loro avviso, senza la possibilità per il giudice di visionare direttamente il filmato, la loro identificazione come autrici del reato era priva di fondamento probatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto che il motivo del ricorso fosse una sterile riproposizione di argomenti già correttamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza una critica puntuale e specifica delle motivazioni della sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che la decisione dei giudici di merito non era affatto priva di fondamento. Il riconoscimento tramite video e l’identificazione delle colpevoli non si basavano sul CD assente, bensì sulle testimonianze rese in dibattimento da due testimoni oculari. Questi ultimi, infatti, avevano dichiarato sotto giuramento:

1. Di aver visionato le videoriprese: I testimoni hanno descritto in aula, nel pieno contraddittorio tra le parti, le azioni compiute dalle imputate così come riprese dalle telecamere.
2. Di aver riconosciuto le imputate: Uno dei testimoni ha formalmente riconosciuto le donne presenti in aula come le stesse persone riprese nel video intente a compiere il furto.

In sostanza, la prova non era il video in sé, ma la testimonianza ‘de visu et de auditu’ di chi lo aveva visto. La Corte ha sottolineato che questa testimonianza, resa in dibattimento e soggetta al vaglio della difesa, costituisce una prova autonoma e pienamente valida. Il fatto che i testimoni non avessero visto l’impossessamento materiale della refurtiva era irrilevante, poiché la dinamica dei fatti (la copertura dei gioielli con la giacca e la loro successiva sparizione) era stata descritta con chiarezza e non lasciava dubbi sulla natura furtiva della condotta. Di conseguenza, l’acquisizione del CD è stata ritenuta non necessaria, poiché la prova si era già formata in modo completo e legittimo durante il processo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio processuale di notevole importanza pratica: l’assenza di una prova materiale, come un filmato, non invalida automaticamente una condanna se il contenuto di quella prova è stato validamente introdotto nel processo attraverso altri mezzi, come la testimonianza diretta. La deposizione di un testimone che descrive ciò che ha visto in un video e riconosce l’imputato in aula è una fonte di prova pienamente sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza. La decisione rafforza il valore del dibattimento come luogo centrale per la formazione della prova e chiarisce che la solidità di un impianto accusatorio risiede nella coerenza e nell’affidabilità delle prove presentate, non necessariamente nella presenza fisica di ogni singolo reperto.

È possibile essere condannati sulla base di un video non presente nel fascicolo processuale?
Sì, la condanna è possibile se testimoni che hanno visionato il video ne descrivono il contenuto in dibattimento e riconoscono gli imputati. La prova si fonda sulla testimonianza, non direttamente sul filmato assente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché riproponeva censure già respinte dalla Corte d’Appello con motivazioni logiche e corrette, senza sollevare una critica specifica e puntuale alla sentenza impugnata.

Quale elemento è stato decisivo per il riconoscimento delle imputate?
L’elemento decisivo è stata la duplice testimonianza di chi aveva visionato le riprese di videosorveglianza. I testimoni hanno non solo descritto le azioni delle imputate riprese nel video, ma le hanno anche formalmente riconosciute durante il processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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