Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6532 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6532 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Vimercate il 20/01/1987
avverso la sentenza del 25/06/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Reggio Calabria dichiarava inammissibile l’istanza presentata da NOME COGNOME per il riconoscimento ai sensi degli artt. 12 cod. pen. e 730 e ss. cod. proc. pen. della sentenza emessa il 24 novembre 2022 dalle autorità giudiziarie rumene con la quale era stato condannato per reati di traffico di stupefacenti. .——Th
La Corte di appello rilevava che il riconoscimento ex art. 730 cod. proc. pen. era attivabile soltanto dal Procuratore generale presso la Corte di appello; che la sentenza rumena era stata oggetto di una procedura di consegna del Putortì, già definita dalle autorità giudiziarie italiane con sentenza irrevocabile del 9 novembre 2023; che la difesa non aveva allegato alcun elemento comprovante il radicamento in Italia dell’istante se non la sola cittadinanza, di per sé insufficiente a giustifica il rifiuto della consegna; che in ogni caso su tale aspetto si era formato il giudicato.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’interessato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione al ritenuto difetto di legittimazione ex art. 730 cod. proc. pen.
Si ritiene che il dato normativo non sia ostativo alla possibilità della parte interessata di chiedere il riconoscimento della sentenza straniera, posto che nel caso di specie il Procuratore generale concludeva per la richiesta di riconoscimento, sanando pertanto il rilevato iniziale difetto della istanza.
2.2. Violazione in relazione all’art. 18-bis I. n. 69 del 2005.
Erronea è anche la ritenuta lettura di tale norma, in quanto la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sufficiente per il rifiuto la sola cittadinanza consegnando. Pertanto, la consegna del ricorrente doveva essere rifiutata.
2.3. Difetto di motivazione sulle condizioni di detenzione in Romania.
La Corte di appello ha trascurato quanto segnalato nella memoria avanzata in udienza circa la possibilità del rifiuto della consegna sulle condizioni carcerarie della Romania, oggetto di una copiosa giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
E’ dato non contestato dalla difesa che il ricorrente ha presentato alla Corte di appello istanza ex artt. 12 cod. pen. e 730 cod. proc. pen. per il riconoscimento della sentenza di condanna rumena.
Ebbene, la procedura di cui all’art. 730 cod. proc. pen. contempla i soli casi di “riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti previsti dal codice penale”, che sono quelli indicati dall’art. 12 cod. pen.
Procedura che trova nell’art. 730 cod. proc. pen. una specifica disciplina in ordine al soggetto competente ad attivarla (il Procuratore generale presso la Corte ,/ — Th di appello) (cfr. Sez. 4, n. 2796 del 10/05/2000, Rv. 217722).
In ogni caso, posto che la finalità del richiesto riconoscimento non può essere generica (Sez. 4, n. 4130 del 16/12/2008, dep. 2009, Rv. 242835), ma deve specificare gli effetti per i quali il riconoscimento è domandato (diverse sono infatti le procedure da seguire), dal tenore del ricorso emerge che la difesa intendesse piuttosto far eseguire in Italia la pena oggetto della sentenza rumena.
Il che implicava il ricorso a tutt’altra procedura che, nel caso di sentenze di Stati membri dell’U.E., è quella disciplinata dalla decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, attuata in Italia con il d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161.
In particolare, l’art. 12 d.lgs. cit. prevede che la procedura sia avviata o dal Ministro della giustizia italiano o dall’autorità competente dello Stato U.E.
Pertanto, non ad iniziativa dell’interessato, il quale può soltanto sollecitare le autorità competenti ad attivare la procedura e, se richiesto, prestare il consenso all’esecuzione. Nel sistema delineato dalla decisione quadro e dalla normativa di attuazione, il riconoscimento in Italia di una sentenza ai fini della esecuzione della pena detentiva non può prescindere dalla richiesta (o dalla trasmissione della sentenza) dello Stato di condanna, per poi il trasferimento della esecuzione essere autorizzato dalla Corte di appello.
La inammissibilità della istanza viene ad assorbire le restanti questioni proposte dal ricorrente che mirano a rivedere aspetti oggetto della decisione irrevocabile di consegna, che dovevano essere introdotti al più con procedura di incidente di esecuzione.
E’ appena il caso di rilevare che con l’incidente di esecuzione non possono in ogni caso essere dedotte questioni relative al merito del giudizio di consegna, in quanto valgono i principi generali in tema di inviolabilità del giudicato in base ai quali in sede di esecuzione sono deducibili esclusivamente i vizi attinenti al titolo esecutivo e non è possibile riproporre eccezioni relative al giudizio, a meno che o si tratti di inesistenza del titolo esecutivo (sentenza emessa a non judice) o di illegittimità intrinseca – e quindi inesigibilità – della pena, allorché la stessa non s prevista dalla legge o ecceda, per specie o quantità, il limite legale.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Il Collegio, stante la particolarità del caso e il tenore del provvedimento impugnato, ritiene di non condannare il ricorrente al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/0112025.