Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17353 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17353 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Vizzolo Predabissi il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza in data 09/11/2023 del Tribunale di Bari, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udita la discussione della difesa del ricorrente, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che si sono riportati ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 09/11/2023, il Tribunale di Bari rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani che, in data 20/10/2023, aveva disposto nei confronti del sunnominato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di tentata rapina aggravata in concorso.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione agli artt. 273 e 292 cod. proc. pen.
L’individuazione del ricorrente quale potenziale autore del reato contestato è frutto del riconoscimento operato dalla polizia giudiziaria attraverso una modalità alquanto anomala, posto che deriva dalla visione di videoregistrazioni ritraenti soggetti a volto coperto e dall’ascolto dei frammenti delle conversazioni captate dall’impianto di videosorveglianza, il cui audio è di pessima qualità. I giudicanti, inoltre, avrebbero dovuto spiegare l’autonomo percorso logico deduttivo seguito per addivenire all’identificazione di NOME COGNOME quale persona attinta dai gravi indizi di colpevolezza, proprio in virtù del fatto che le caratteristiche fisich evidenziate dagli operanti nulla rivelavano in termini di tratti individualizzanti.
Secondo motivo: mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione all’art. 275 cod. proc. pen.
Il Tribunale opera una prognosi sfavorevole sul rispetto delle prescrizioni da parte del ricorrente nell’eventualità in cui il medesimo benefici degli arresti donniciliari, fondando il proprio giudizio su supposizioni astratte. Il Tribunale, inoltre, pur facendone menzione, ha omesso di considerare i rilievi difensivi di cui alla memoria depositata in udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Ritiene il Collegio, a fronte di deduzioni che invocano principi estranei alla fase cautelare, di dover chiarire i limiti di sindacabilità da parte di quest Suprema Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.
Invero, secondo l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce al giudice di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclus esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità a) – l’esposizione delle ragio giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr., Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, COGNOME, Rv. 201840; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760).
Inoltre, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze d riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevoiezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controll stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima l’ade” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 1, n. 1700 del 20/03/1998, Barbaro, Rv. 210566), nè possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso il provvedimento adottato dal tribunale del riesame pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento, rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica
quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione’ quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1786 del 05/12/2003, dep. 2004, Marchese, Rv. 227110).
In ogni caso, la nullità che la legge pone a presidio del corretto adempimento del dovere di valutazione critica non può essere infatti relegata in una dimensione squisitamente formalistica, e non può quindi essere dedotta facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione che al più possono valere quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni del vizio. La parte interessata deve, invece, indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’asserita accettazione acritica avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 274760).
3. Manifestamente infondato è il primo motivo.
Sulla base dei fatti, così come ricostruiti dai giudici di merito, ribadisce i Collegio come vada riconosciuto valore indiziante alla individuazione derivante dalla comparazione tra immagini su base esclusivamente percettiva, sì da legittimare l’efficacia dimostrativa della percezione diretta nei casi in cui, come quello in esame, la sovrapponibilità dei tratti fisici (somatici e vocali) sia sta ritenuta di tale evidenza da non richiedere l’analisi antropometrica.
Ammessa la valenza probatoria del riconoscimento su base percettiva, deve conseguentemente escludersi la possibilità di rivisitare in sede di legittimità una valutazione che resta evidentemente confinata nel perimetro del merito (cfr., Sez. 2, n. 45655 del 6 16/10/2014, COGNOME, Rv. 260791; Sez. 2, n. 15308 del 07/04/2010, COGNOME, Rv. 246925; Sez. 2, n. 42041 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277013).
Nella fattispecie, si è riconosciuto come l’attenta visione delle immagini acquisite aveva permesso agli inquirenti di risalire con certezza all’identità di due dei quattro autori del fatto delittuoso, nelle persone di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, conclusione tratta non solo dalla valutazione delle caratteristiche somatiche (statura, corporatura, movenze) ma anche dal tono della voce dei medesimi nei dialoghi intercettati. Dette corrispondenze, in uno con la piena compatibilità di tutti gli altri elementi acquisiti (lo COGNOME era a conoscenza de presenza dei TLE all’interno della depositeria del Ferrucci in quanto detta
indicazione era contenuta sul verbale di perquisizione e sequestro a lui precedentemente rilasciato in copia), hanno praticamente chiuso un quadro probatorio che è stato ritenuto solido e inattaccabile da entrambi i giudici della cautela.
In tale contesto (gravemente) indiziario, non sono stati considerati persuasivi gli argomenti difensivi volti a sconfessare il riconoscimento della polizia giudiziaria: invero, il fatto che non fosse riconoscibile il volto, non è stat considerata una circostanza idonea ad inficiare il predetto riconoscimento, atteso che gli operanti hanno fatto leva su altre caratteristiche somatiche che, alla luce della specifica conoscenza del soggetto unitamente all’ascolto della voce, sono apparse sufficientemente individualizzanti della persona dell’odierno indagato: in particolare, quanto all’individuazione fonica, si è riconosciuto come la stessa sia stata possibile grazie alla conoscenza pregressa ed ai precedenti contatti che gli operanti avevano avuto per ragioni di servizio con l’indagato.
In tal senso, si afferma in giurisprudenza che «ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice ben può utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbia asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, così come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario» (così, Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017, COGNOME, Rv. 269900; nello stesso senso, Sez. 5, n. 20610 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 281265-02).
In conclusione, la difesa ha di fatto sollecitato un sindacato sul merito delle valutazioni effettuate nella decisione impugnata, invocando una rilettura delle prove poste a fondamento della stessa.
Invero il ricorrente, pur richiamando Formalmente vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, in realtà, con le censure proposte, non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, bensì una decisione – a suo dire – erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata, ponendosi inammissibilmente in confronto diretto con il materiale probatorio.
Invero, è preclusa al giudice di legittimità «la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova» (così, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271702; Sez. 6, n. 27784 del
05/04/2017, COGNOME, Rv. 270398, in motivazione; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Aspecifico e comunque manifestamente infondato è il secondo motivo.
Il Tribunale ha riconosciuto l’intrinseca gravità dei fatti (lo COGNOME COGNOME agito in concorso con almeno altre tre persone, con significativa organizzazione di persone e mezzi), capaci di illuminare sinistramente la personalità dell’indagato (gravato da diverse sentenze irrevocabili di condanna per violazione delle leggi doganali, per reati in materia di armi ed altro, oltre che per il precedente di contrabbando di TLE da cui origina il presente procedimento) e tali da far ritenere concreto ed attuale il pericolo di recidiva.
Lo stesso Tribunale ha congruamente ritenuto del tutto contraddittorio “ritenere adeguata la misura degli arresti domicíliari che renderebbe possibile la perpetrazione dell’attività delittuosa dello COGNOME che … ha posto in essere le condotte … mentre era sottoposto a misura cautelare per altro procedimento e con l’ausilio di altri soggetti, alcuni dei quali allo stato ignoti ed in libertà affidamento è possibile riporre nello COGNOME sulla sua capacità di autocontrollo e sulla spontanea osservanza delle prescrizioni connesse all’applicazione di una misura meno afflittiva quale quella invocata dalla difesa, neppure mediante l’applicazione del c.d. braccialetto elettronico, data la pericolosità del soggetto e tenuto conto che trattasi di strumento utile ad evidenziare nell’immediatezza gli allontanamenti abusivi del soggetto dal luogo di detenzione domestica, ma certo inidoneo ad impedire la commissione di analoghi reati …”.
Con queste argomentate conclusioni il ricorrente omette di confrontarsi, preferendo la “strada”, conducente all’inammissibilità, della sostanziale reiterazione del motivo di gravame di merito.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso, in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 28/03/2024.