Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14327 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14327 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI PALO COGNOME nato a NEW YORK (STATI UNITI AMERICA) il 16/04/1976
avverso la sentenza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, e di rigettare nel resto il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 22 aprile 2024 dalla Corte di appello di Ancona, che ha parzialmente riformato – escludendo l’aggravante di
avere commesso il fatto con destrezza e rideterminando la pena – la sentenza del Tribunale di Urbino, che aveva condannato COGNOME per il reato di furto (commesso in concorso con COGNOME).
Secondo l’impostazione accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, il COGNOME, dopo essere entrato all’interno della rivendita di “Tabacchi e valori bollati” di COGNOME NOME, si sarebbe impossessato di svariati biglietti della lotteria “Gratta e vinci”, dal valore complessivo di euro 460,00, sottraendoli al titolare dell’esercizio commerciale, che li teneva esposti all’interno del banco di vendita.
Avverso la sentenza della Corte di appello, il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 213 e 361 cod. proc. pen.
Contesta il giudizio di responsabilità operato da entrambi i giudici di merito, sostenendo che il reato non potrebbe essere attribuito all’imputato sulla base del riconoscimento informale operato non dalla persona offesa, ma soltanto dai carabinieri. Tale riconoscimento, peraltro, non sarebbe attendibile, atteso che i carabinieri non avevano una pregressa conoscenza dell’imputato.
Sostiene, inoltre, che sarebbe stato necessario procedere a una formale ricognizione di persona, ai sensi dell’art. 213 cod. proc. pen., atteso che l’imputato, nel momento in cui era stato identificato dai carabinieri, si trovava ancora nel territorio di competenza dell’autorità giudiziaria procedente.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 62-bis e 131-bis cod. pen.
Sostiene che la motivazione nella sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha rigettato le richieste di riconoscimento della particolare tenuità del fatto e di applicazione delle attenuanti generiche, sarebbe insufficiente e illogica. In particolare, lamenta l’inadeguata valutazione dell’incensuratezza dell’imputato nonché del non particolare valore dei beni sottratti, costituiti da alcuni biglietti della lotteria “Gratta e vinci”.
2.3. Con un terzo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 163 cod. pen.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe completamente omesso di pronunciarsi sulla richiesta di sospensione condizionale della pena, fondata sull’incensuratezza dell’imputato.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, e di rigettare nel resto il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere parzialmente accolto, essendo fondato il terzo motivo ed essendo infondati i restanti motivi.
1.1. Il primo motivo è infondato.
Va, invero, ricordato che «il riconoscimento dell’imputato nel soggetto ripreso in un filmato registrato dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato dal personale di polizia giudiziaria, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito» (Sez. 2, n. 42041 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277013; Sez. 2, n. 45655 del 16/10/2014, COGNOME, Rv. 260791; Sez. 2, n. 15308 del 07/04/2010, COGNOME, Rv. 246925).
Ebbene, nel caso in esame, entrambi i giudici di merito (che hanno utilizzato criteri omogenei e un apparato logico-argomentativo uniforme, dando luogo a una “doppia conforme”) hanno posto in rilievo l’attendibilità del riconoscimento, atteso che esso era stato effettuato pochi giorni dopo la commissione del furto: gli agenti della polizia giudiziaria, avendo ipotizzato che il furto fosse stato commesso dagli operai di un’impresa edile che stava effettuando dei lavori nei pressi del luogo del delitto, si erano recati sul cantiere e avevano riconosciuto nell’imputato e nel Pesaturo gli autori del furto, ripresi dal sistema di videosorveglianza.
I filmati erano stati versati in atti e i giudici di merito hanno dato atto ch erano di buona qualità e che le inquadrature consentivano «chiaramente di individuare con estrema precisione il volto e la figura complessiva delle persone riprese» (cfr. pagina 4 della sentenza di primo grado e quinta pagina della sentenza impugnata).
I giudici di merito hanno analizzato anche la sequenza dei fotogrammi – dando atto delle persone che, di volta in volta, venivano inquadrate, tra le quali c’era il COGNOME -, traendo loro stessi convincimento dalla diretta visione dei filmati.
Priva di fondamento, infine, è la tesi secondo cui sarebbe stato necessario disporre una formale ricognizione di persone, atteso che il nostro codice di rito non pone a carico dell’autorità giudiziaria alcun vincolo nella scelta dei mezzi di ricerca della prova, tipici e atipici, utilizzabili nel corso delle indagini preliminari.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
La Corte di appello, invero, con motivazione adeguata e priva di vizi logici, ha escluso che il fatto potesse essere ritenuto di particolare tenuità, in considerazione delle modalità della condotta, caratterizzata dalla particolare spregiudicatezza mostrata dall’imputato, e del danno cagionato, ritenuto non esiguo.
Quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, va ricordato che, per la consolidata giurisprudenza di legittimità, nel motivare il diniego delle
attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (cfr. Sez. 2, n. 3609 de
18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv.
248244), come parimenti avvenuto nel caso in esame (cfr. sesta pagina della sentenza impugnata).
1.3. Il terzo motivo è fondato.
La Corte di appello, infatti, ha completamente omesso di pronunciarsi sulla sospensione condizionale della pena, che era stata chiesta con il terzo motivo di
appello (come risulta anche dalla sintesi dei motivi di appello riportata nella sentenza impugnata).
Sussiste, dunque, il vizio di mancanza di motivazione, ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., atteso che la Corte di appello ha completamente
omesso di pronunciarsi su un punto della sentenza, in relazione al quale la difesa aveva formulato specifica doglianza.
Ne segue che la sentenza impugnata, limitatamente all’omessa pronuncia sulla sospensione condizionale della pena, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME limitatamente all’omessa pronuncia sulla sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso, il 17 gennaio 2025.