Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26555 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a MELITO DI PORTO SALVO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Procuratore generale. in persona del Sostituto dott.ssa NOME, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore AVV_NOTAIO del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di NOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il 23/06/2020 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce aveva dichiarato NOME NOME responsabile del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 perché, in concorso e previo concerto con altri, con la consapevolezza di operare nell’ambito di un’associazione per delinquere e di contribuire con ripetuti apporti personali alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di sostanze stupefacenti, nella veste di fornitore delle sostanze stupefacenti e fungendo altresì da «staffetta» della vettura ove era occultato l’illecito carico, aveva trasportato dalla Calabria in territorio tarantino kg.1,091 cocaina con l’aggravante del fatto commesso da tre o più persone in concorso tra loro e con la recidiva specifica. In agro di NOME il 8 agosto 2013.
NOME ha proposto ricorso per censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 544 cod. proc. pen. La difesa si lamenta del fatto che il giudice di appello si sia limitato a richiamare le argomentazioni del primo giudice senza esaminare puntualmente le censure svolte nei motivi di appello inerenti all’identificazione del soggetto alla guida dell’autovettura Audi A4 e dell’utilizzatore dell’utenza telefonica n. 3802657920.
2.1. Con il secondo motivo deduce violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità con riferimento all’art. 181 cod. proc. pen. e all’art. 115 disp.at cod. proc. pen. La difesa ritiene che l’annotazione di polizia giudiziaria posta alla base dell’identificazione del ricorrente sia nulla perché non è indicato l’agente di polizia giudiziaria che l’ha materialmente redatta. La Corte di appello sul punto si è limitata a sottolineare che l’imputato aveva scelto il rito abbreviato, ma tale scelta non esime il giudice dal verificare l’utilizzabilità di prove n legittimamente acquisite, dovendosi attribuire piena rilevanza alla categoria sanzioNOMEria dell’inutilizzabilità patologica, inerente agli atti probatori assun contra legem. Nel caso in esame non vi sarebbe dubbio che l’atto sia affetto da nullità assoluta in quanto compiuto in violazione dell’art. 115, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.2. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 530, 533 e 546, comma 1 lett. e) n. 1, cod. proc. pen. La difesa aveva censurato i due elementi posti a base della sentenza di condanna di primo grado evidenziando l’impossibilità di addebitare l’utilizzazione dell’utenza n. 3802657920 al ricorrente e l’evidente errore del riconoscimento di
un agente di polizia giudiziaria rimasto sconosciuto il giorno 8 agosto 2013. La motivazione risulta illogica e contraddittoria laddove ha desunto l’identità della persona riconosciuta alla guida dell’Audi A4 il giorno 8 agosto 2013 da una precedente identificazione avvenuta in data 23 luglio 2013, senza considerare che, in quell’occasione, nell’autovettura intestata alla moglie del NOME, vi erano altre due persone, una delle quali il fratello della proprietaria del veicolo, per cu si tratta di un dato non certo. L’annotazione di polizia giudiziaria è priva dell’indicazione dell’agente che ha operato e l’identificazione è avvenuta senza che il NOME fosse stato fermato. Nella sentenza si è sostenuto che l’identificazione del NOME fosse certa perché la ricostruzione degli eventi fatta dalla polizia giudiziaria aveva identificato il «COGNOME» dei messaggi tra COGNOME e il duo COGNOME, sin dal 31 luglio 2013 fino alla data dell’8 agosto 2013, nella persona del NOME. La sentenza è illogica nella parte in cui ritiene che non vi sia dubbio che in data 8 agosto 2013 alla guida dell’A4 vi fosse il NOME perché riconosciuto dalla polizia giudiziaria che l’aveva già riconosciuto in data 23 luglio 2013, dimenticando che non vi è prova che chi ha materialmente eseguito il controllo del 23 luglio 2013 fosse lo stesso agente dell’8 agosto 2013. Utilizzando un’annotazione priva dell’indicazione dell’operatore di polizia giudiziaria che l’ha redatta, risulta apodittica l’affermazione che il riconoscimento sia corretto perché l’identificazione dell’8 agosto 2013 è stata eseguita proprio dalla stessa polizia giudiziaria che ha redatto l’annotazione del 23 luglio 2013. La Corte avrebbe preteso che la difesa fornisse elementi per dimostrare che in data 8 agosto 2013 il ricorrente si trovasse in un luogo differente, trascurando che il NOME ha avuto contezza del procedimento a suo carico a distanza di quattro anni da quella data. Risulta impossibile, si assume, attribuire l’utenza telefonica n. NUMERO_TELEFONO al ricorrente sulla base dell’identificazione del giorno 8 agosto 2013, come detto non certa. Inoltre il ragionamento è inconferente in quanto attribuisce l’utenza telefonica in questione sulla base di una identificazione postuma. Le risultanze probatorie, si assume, sono state travisate avendo la Corte di appello omesso di valutare elementi rilevantissimi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 62 bis cod. pen. per avere la Corte d’appello in modo paradossale negato le attenuanti generiche in ragione della particolare gravità del fatto e in quanto il NOME era stato condanNOME 23 anni prima per un delitto in materia di spaccio di stupefacenti. La decisione trascura che il ricorrente vive da moltissimi anni a Domodossola, svolge attività lavorativa in territorio elvetico, ha formato un nucleo familiare e non ha rapporti con il territorio calabrese.
2.4. Con il quinto motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 132 e 133 cod. pen., 49 CDFUE e 27, comma 3, Cost. con riguardo alla
determinazione del trattamento sanzioNOMErio. La difesa ritiene che il singolo caso e le specifiche modalità della condotta sarebbero stati ostativi all’irrogazione di una pena eccessivamente elevata sulla base di elementi che, nel caso concreto, neppure sono stati indicati. Non è dato sapere quali siano le evenienze tenute in considerazione nel giudizio inerente alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio, in contrasto con affermazioni di principio circa i diritti fondamentali dell’individuo in materia di privazione della libertà. La Corte di appello non ha menzioNOME gli elementi tenuti in considerazione per l’esercizio del potere discrezionale, non essendo quindi possibile comprendere su quale base oggettiva o soggettiva il giudice abbia stabilito di adeguare la pena al caso concreto.
Il difensore ha depositato il 30 maggio 2024 memoria con motivi aggiunti.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegNOME le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
Il giudice di primo grado, procedendo con rito abbreviato, ha indicato le modalità attraverso le quali si è pervenuti a identificare in NOME COGNOME la persona che si era fatta carico della consegna di sostanza stupefacente in NOME, segnatamente alcune conversazioni telefoniche intercorse tra COGNOME NOME e i cognati COGNOME NOME e COGNOME NOME. In particolare, in queste conversazioni si era menzioNOME un tale COGNOME come colui che, con l’intermediazione del COGNOME e di COGNOME NOME, avrebbe fornito stupefacenti dalla Calabria al territorio tarantino. La mattina dell’8 agosto, come concordato, il NOME aveva confermato a COGNOME la sua partenza alla volta della cittadina pugliese, come peraltro confermato dall’attività di osservazione predisposta dalla polizia giudiziaria lungo la direttrice Calabria-Puglia. Su tale tratto era stata individuata in Roseto capo Spulico la TARGA_VEICOLO nella disponibilità di NOME NOME, in precedenza identificato il 23 luglio alla guida della medesima
autovettura. La Audi A4 era seguita da un’ulteriore vettura, una Lancia Y, e i due veicoli erano stati nuovamente individuati in Nova Siri in direzione Taranto e da quel momento costantemente pedinati. Da tale osservazione si era desunto che la Audi A4 fungesse da staffetta alla seconda autovettura. Intimato l’alt di polizia alla Lancia Y, l’autovettura condotta dal NOME aveva proseguito la marcia per un chilometro, entrando poi in una stazione di servizio in attesa. In quel frangente, un’altra vettura della polizia giudiziaria era entrata nell’area di servizi riconoscendo senza dubbio alcuno nel conducente dell’Audi A4 NOME. Quest’ultimo, avvedutosi del fatto che la Lancia Y procedeva scortata dalla vettura della Guardia RAGIONE_SOCIALE con colori d’istituto, aveva repentinamente invertito la marcia dirigendosi a forte velocità in direzione Calabria. L’ispezione condotta sulla Lancia Y aveva consentito di rinvenire, occultato nella ruota di scorta nel vano portabagagli, un panetto di cocaina del peso complessivo di oltre 1 chilo. Era seguita attività intercettativa sull’utenza in uso a COGNOME NOME, che aveva peraltro invano tentato di contattare il NOME; quest’ultimo aveva prudenzialmente disattivato il cellulare. A mezzanotte del medesimo giorno NOME informava i destinatari dello stupefacente del fatto che NOME aveva avuto un «imprevisto». Il giudice di primo grado aveva valutato anche le annotazioni di polizia giudiziaria compendiate nella scheda personale dedicata a NOME COGNOME, utili ad appurare come quest’ultimo fosse stato identificato come l’utente della scheda telefonica n. 3802657920, segnatamente una comunicazione del 22 luglio 2013 (progr. 228 RIT 917/13) in cui il COGNOME avvisava il NOME dell’intenzione di mandare ‘a NOME un suo cugino, invitando il NOME ad accompagnarlo. Che fosse NOME COGNOME l’utilizzatore della scheda telefonica contattata dal COGNOME era stato riscontrato dalle successive attività di individuazione e riconoscimento personale effettuate dalla polizia giudiziaria a seguito del controllo in data 23 luglio 2013, quando il ricorrente era stato identificato alla guida dell’autovettura Audi A4 sulla SS 106 proprio in compagnia del cugino del COGNOME. La medesima scheda telefonica era stata usata dal COGNOME il giorno di commissione del reato contestato allorché, in coerenza con l’accordo preso con i complici pugliesi, alle ore 12:25 il NOME era stato avvistato alla guida dell’autovettura a lui in uso in transito sulla SS 106 in località Roseto seguito dalla Lancia Y. In quell’occasione, il ricorrente era stato riconosciuto dalla polizia giudiziaria allorché si era fermato all’interno di una piazzola di sosta dopo che la Lancia Y era stata fermata. Tali elementi sono stati assunti a base del ragionamento probatorio secondo il quale non fosse dubbio che con l’intermediazione di COGNOME NOME il NOME avesse rifornito il gruppo stattese di sostanza stupefacente con il contributo materiale di COGNOME NOME, alla guida della Lancia Y. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Contrariamente a quanto dedotto con il primo motivo di ricorso, il giudice di appello non si è limitato a richiamare la motivazione espressa dal giudice di primo grado ma ha, piuttosto, analiticamente esamiNOME le doglianze difensive. In particolare, con riguardo agli elementi di prova a carico dell’imputato, la Corte ha collocato il singolo episodio nel più ampio contesto inerente ai rapporti del gruppo associativo criminale noto come RAGIONE_SOCIALE operante in NOME con esponenti della malavita calabrese dei dan COGNOME e COGNOME. Nell’ambito di una serie di interlocuzioni tra gli emissari dei COGNOME e i cognati COGNOME, documentati dalla polizia giudiziaria attraverso videoriprese, si era appurato che tra i primi vi fosse anche il cugino di COGNOME NOME. Quest’ultimo aveva preannunciato la visita degli emissari calabresi con un sms indicando che suo cugino sarebbe giunto con «COGNOME». Il soggetto indicato con tale nominativo era stato, poi, puntualmente identificato il 23 luglio 2013 a bordo dell’autovettura Audi A4 intestata a NOME, coniuge di NOME COGNOME, condotta proprio da quest’ultimo, insieme ai passeggeri COGNOME NOME, cugino di COGNOME NOME, nonché NOME NOME, cogNOME del NOME. L’identificazione del NOME nel COGNOME del messaggio telefonico del 22 luglio 2013 era stata definitivamente accertata in occasione dell’episodio oggetto di contestazione. Contrariamente a quanto assunto nel ricorso, dunque, tanto il numero di utenza utilizzato quanto l’autovettura Audi A14 erano stati ricondotti a NOME COGNOME sulla base di accertamenti antecedenti la data dell’8 agosto 2013, solo ulteriormente corroborati dagli avvenimenti oggetto di contestazione.
3. Il terzo motivo di ricorso omette di confrontarsi con l’analitica motivazione fornita alle pagg. 5-6 della sentenza impugnata, in cui si è rimarcato come l’identificazione del NOME quale conducente dell’autovettura Audi A4 fosse regolarmente avvenuta in data 23 luglio 2013 e come tale dato certo concordasse sia con i dialoghi intercettati sia con il servizio di pedinamento dell’autovettura in data 8 agosto 2023. Le doglianze inerenti all’identificazione del NOME nel soggetto che fungeva da «staffetta» alla Lancia Y con il carico di cocaina, appuntandosi sull’incertezza circa il riconoscimento che ne sarebbe stato fatto dalla polizia giudiziaria in quell’occasione, non sono in alcun modo idonee a evidenziare vizi di logicità nell’iter argomentativo seguito dai giudici nell conformi sentenze di merito, posto che l’elemento che si assume non provato, oltre a rappresentare solo uno dei plurimi elementi probatori sui quali si è fondata la pronuncia di condanna, presuppone come indispensabile che il riconoscimento operato in data 8 agosto 2013 sia riconducibile ai medesimi
agenti di polizia giudiziaria che avevano identificato l’imputato il precedente 23 luglio.
4. Con riguardo all’inutilizzabilità dell’annotazione di servizio del 23 luglio 2013 per omessa indicazione del nominativo dell’operatore di polizia giudiziaria che avrebbe materialmente operato il riconoscimento del conducente del veicolo TARGA_VEICOLO, si tratta di censura non sottoposta all’esame del giudice di appello. Quanto al profilo di attendibilità di quanto ivi riportato, la Corte ha sottolineat che non emergevano elementi per dubitarne, cosicché nessun rilievo poteva avere la circostanza che nell’annotazione non fosse riportato tale nominativo. Come documentato dallo stesso ricorrente, l’annotazione del 23 luglio 2013 risulta regolarmente sottoscritta dal pubblico ufficiale che la ha redatta e, d’altro canto, l’art.115, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. non prescrive a pena di nullità assoluta il contenuto delle annotazioni previste dall’art. 357, comma 1, cod. proc. pen. (tra l’altro, l’indicazione dell’ufficiale o dell’agente di poli giudiziaria che ha compiuto le attività di indagine o delle persone delle quali la polizia giudiziaria si avvalga per il compimento di atti), dovendosene desumere la rilevanza ai soli fini dell’efficacia probatoria del documento.
La Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare che la nullità del verbale di sommarie informazioni non sottoscritto dall’ufficiale di polizia giudiziaria che lo ha redatto, prevista dall’art. 142 cod. proc. pen., ha carattere relativo, sicché, ove l’imputato acceda al rito abbreviato, l’atto può essere utilizzato ai fini della decisione (Sez. 5, n. 44215 del 28/10/2022, Barlocco, Rv. 283809 – 01). Per le annotazioni ai sensi dell’art.357 cod. proc. pen. vale a fortiori la medesima regola, così da potersene escludere l’inutilizzabilità ove l’imputato abbia optato per il rito abbreviato; trattasi, pertanto, di censura inammissibile per plurimi motivi.
5. Le censure inerenti al trattamento sanzioNOMErio sono inammissibili. La pena detentiva è stata irrogata nella misura minima edittale e i giudici hanno fornito congrua motivazione sia in merito alla scelta del trattamento sanzioNOMErio che al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Giova ricordare che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, Mastro, Rv. 271243) e che la ratio della disposizione di cui all’art.62 bis cod. pen., che attribuisce al giudice la facoltà di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici, gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, non impone, tuttavia, al giudice di merito di
esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza rit ostativi alla concessione delle attenuanti.
Conclusivamente, il ricorso non può essere accolto; al rigetto segue norma dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento de spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso il 19 giugno 2024
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Il Presidente