Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45365 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45365 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LASORATE PRIMO il 14/04/1968
avverso la sentenza del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con un primo motivo vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità, ribadendo che l’imputato non stato mai inquadrato di faccia e che il riconoscimento sarebbe avvenuto da parte degli operanti sulla base di un loro pregiudizio e con un secondo motivo violazione dell’art. 62 bis cod. pen. e della motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In data 29/10/2024 l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente ha depositato memoria scritta con cui ha insistito sui motivi di cui a! ricorso.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte !e loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricors e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione)
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno rilevato come l’odierno ricorrente ometta di confrontarsi con le evidenze processuali, compiutamente argomentate dal giudice di prime cure, che risiedono sia nel filmato, da cui “sono perfettamente riconoscibili !a corporatura, l’altezza, il colore dei capelli, i tratti distintivi…le particolari movenze” (il richiamo è a pag. 4 della senten di primo grado) sia la circostanza del riconoscimento diretto da parte degli operanti di P.G., che visionando le immagini individuavano “senta ombra di dubbio l’autore della condotta nell’odierno imputato” (così sempre la sentenza di primo grado a pag. 4), sicché le critiche, fondate su un presunto “sospetto” determinato dalla conoscenza pregressa, ma non sul riconoscimento attuale e visivo dell’autore del reato in persona nota e riscontrabile dai filmati risultano apodittiche, non basate sulle effettive risultanze probatorie e prive di elementi di novità, poiché consistono
in argomenti già liquidati dal tribunale. Si sottolinea in proposito che non solo COGNOME NOME risulta essere soggetto già noto agli operanti per aver lo stesso già commesso reati simili, ma, anzi, nella visione dei filmati, benché l’uomo indossi sempre un cappellino, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, lo stesso non è sempre ripreso di spalle. Sono molti i momenti in cui l’odierno ricorrente si legge nella sentenza impugnata – si muove in favore della telecamera, lasciando intravedere i tratti somatici del viso che conducevano all’individuazione dell’appellante.
Secondo la logica motivazione dei giudici di appello, non si comprende appieno l’argomentazione difensiva per cui gli operanti “credevano” di riconoscere il Popolizio in forza di una “serie di ipotesi” (non meglio esplicitata), laddove la biografi penale dell’appellante costituisce, semmai, proprio il motivo della conoscenza e, per l’effetto, della corretta individuazione.
A tal proposito, la sentenza impugnata opera un buon governo del richiamato orientamento di legittimità secondo cui il riconoscimento dell’imputato nel soggetto ritratto nei fotogrammi estratti dalla registrazione effettuata da telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato da parte del personale di Polizia Giudiziaria che vanti una pregressa personale conoscenza dello stesso, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito (Sez. 2, n. 42041 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277013 – 01; conf. Sez. 2, n. 45655 del 16/10/201A, COGNOME, Rv. 260791 – 01 Sez. 2, n. 15308 del 07/04/2010, COGNOME, Rv. 246925 – 01).
Nel caso in esame, con motivazione logica e congrua si dà atto nel provvedimento impugnato che il contenuto indiziante da attribuire al riconoscimento del Popolizio assume valenza di rilevanza assoluta, sia perc:hé le immagini risultano nitide e chiare, tali da consentire fa,cilmente la sovrapponibilità e la comparazione dei tratti del soggetto ripreso con quello riconosciuto e da non richiedere alcuna analisi antropometrica, sia perché l’individuazione avveniva ad opera di appartenenti alle forze dell’ordine che, per ragioni di servizio, avevano acquisito una consolidata conoscenza personale dell’imputato, in quanto soggetto in precedenza sottoposto alla sua attenzione operativa, come avviene ordinariamente verso i soggetti che risultano destinatari di preced2nti penali e/o per essere stati sottoposti ad indagini o ad attività investigative pregresse.
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive e il ricorso,
In particolare, non si confronta con la motivazione offerta a sostegno del diniego delle circostanze attenuanti generiche negate sul motivato dell’assenza di qualsivoglia elemento positivo, arricchito da í plurimi precedenti penali specifici ed
anche recenti, nonché dall’importante valore della refurtiva (circa 5.000,00 euro) e del danno materiale cagionato al locale commerciale.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti dedsivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale vaiutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, COGNOME e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
Ne deriva che il proposto ricorso va die:hiarato inammissibile.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2024