Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34610 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34610 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale di Livorno del 19 maggio 2023, con la quale NOME veniva condannata alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 800 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 110, 61 n. 5, 624, 625 nn. 4 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo: a. vizio di motivazione in relazione al giudizio di affermazione della responsabilità, non sussistendo alcuna prova certa circa l’individuazione dell’autore del fatto nella persona dell’imputata, atteso che il riconoscimento effettuato dalla persona offesa in sede di indagini preliminari non avrebbe trovato chiaro riscontro in sede dibattimentale; b. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità. Gli stessi, in particolare, !ung dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limitano a reiterare profili di censura già adeguatamente e correttamente vagliati e disattesi dalla Corte di appello (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), altresì censurando, quanto al secondo motivo, il trattamento sanzionatorio, benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione, nonché da un adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243). Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2.1. Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertE nto immune da vizi di legittimità.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto affer mato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il riconoFcímento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è utilizzabile ed idoneo a fondare l’affermazione di penale responsabilità, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, nel caso in cui il testimone confermi di avere effettuato
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tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, ma di non poterlo reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale (Sez. 2, n. 20489 del 07/05/2019, EI, Rv. 275585 – 01).
L’affermazione di responsabilità dell’imputata si fonda su un compendio probatorio solido, costituito dalle dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME e dalla testimonianza del Carabiniere NOME COGNOME, il quale ha raccolto la denuncia nella quasi immediatezza dei fatti.
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno escluso ogni ragionevole dubbio circa l’attendibilità del riconoscimento fotografico effettuato dalla persona offesa. Quest’ultima, infatti, ha reso in dibattimento dichiarazioni confermative sostanzialmente precise. Le lievi incertezze manifestate sono risultate del tutto compatibili con l’età avanzata della persona offesa e con il lasso di tempo (cinque anni) intercorso tra i fatti e ‘esame dibattimentale, soprattutto in considerazione del fatto che in sede di denuncia la stessa aveva fornito un racconto coerente e compiuto di quanto subito, individuando l’imputata dal fascicolo fotografico senza esitazioni.
2.2. Con riguardo alle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen. la Corte territoriale ha ritenuto motivatamente di negarle stante le modalità esperte e professionali con le quali è stato commesso il furto e l’assenza di qualsivoglia segno di resipiscenza.
Va ricordato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche ricniamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fin della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclu sione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
In sintesi, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità dei reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
Il provvedimento impugnato appare pertanto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte di legittimità, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022, Rv.283489- 01;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014 Rv. 260610 01, cfr. anche Sez. 3 – n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509 – 03).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent, n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/10/2025