Riconoscimento fotografico: quando prevale sull’identificazione in aula?
Il riconoscimento fotografico di un sospettato è uno strumento investigativo fondamentale, ma cosa succede se la stessa persona, in un secondo momento, non viene riconosciuta in tribunale? Questa apparente contraddizione può invalidare una condanna? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito chiarimenti cruciali, sottolineando l’importanza di valutare l’intero quadro probatorio e non basarsi su critiche frammentarie. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di tentata rapina aggravata. La condanna si basava, tra le altre cose, su un’individuazione fotografica effettuata dalla vittima, una persona anziana, durante le indagini preliminari.
La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, costruendo la sua argomentazione principale su una palese contraddizione: durante il processo, era stato disposto un riconoscimento personale in aula, ma questo aveva avuto esito negativo. La vittima, infatti, non era stata in grado di riconoscere con certezza l’imputato. Secondo la difesa, questo mancato riconoscimento avrebbe dovuto minare la validità della precedente identificazione fotografica, rendendo la motivazione della condanna illogica e illegittima.
L’Analisi della Corte: il valore del riconoscimento fotografico
La Corte di Cassazione ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Il ragionamento dei giudici supremi si fonda su un principio cardine della valutazione probatoria: la coerenza e la completezza dell’analisi.
I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva fornito una spiegazione logica e plausibile per il mancato riconoscimento in aula. Erano trascorsi quattro anni dai fatti, e la vittima stessa aveva dichiarato che la sua vista era notevolmente peggiorata nel tempo. Nonostante ciò, era stata comunque in grado di indicare nuovamente, tra le varie immagini, la fotografia dell’imputato.
La Critica Frammentaria e l’Importanza del Quadro Complessivo
Il punto decisivo della pronuncia risiede nella critica mossa alla strategia difensiva. La difesa si è limitata a censurare un singolo elemento (il mancato riconoscimento in aula), ignorando deliberatamente il resto del materiale probatorio. La Corte d’Appello, infatti, aveva basato la sua decisione anche su un’ulteriore e significativa circostanza: un episodio in cui l’imputato si era recato a casa della vittima, la quale, riconoscendolo, era stata colta da una crisi di panico così forte da urlare e chiedere aiuto, portando i vicini a chiamare la Polizia, che aveva trovato l’uomo sul posto. Questo fatto, confermato anche da un poliziotto, costituiva un solido indizio a carico dell’imputato, completamente trascurato nel ricorso.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto aspecifico. Un ricorso, per essere valido, non può basarsi su una “critica frammentaria dei singoli punti” della sentenza impugnata. Una sentenza costituisce un “tutto coerente ed organico”, e ogni sua parte deve essere letta in relazione alle altre. La difesa, isolando un singolo elemento e ignorando gli altri che lo contestualizzavano e lo integravano, ha violato questo principio fondamentale. La motivazione della Corte d’Appello era completa e logica, avendo giustificato la discrasia tra i due riconoscimenti e avendo valorizzato ulteriori elementi indiziari che, nel loro insieme, rendevano pienamente sostenibile la colpevolezza dell’imputato.
Le Conclusioni
La decisione offre un’importante lezione pratica. In primo luogo, conferma che un riconoscimento fotografico può costituire una prova robusta, anche quando l’identificazione in aula fallisce, a patto che tale fallimento sia spiegabile (ad esempio, con il passare del tempo o il peggioramento delle condizioni fisiche del testimone) e che esistano altri elementi a supporto. In secondo luogo, ribadisce che un ricorso per cassazione deve affrontare la motivazione della sentenza nella sua interezza. Attaccare un singolo anello debole, ignorando la forza complessiva della catena probatoria, è una strategia destinata all’insuccesso, che conduce a una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
Un riconoscimento fotografico può essere considerato una prova valida anche se la vittima non riconosce l’imputato in tribunale?
Sì, secondo la Corte, il riconoscimento fotografico mantiene il suo valore probatorio. Nel caso specifico, il mancato riconoscimento in aula è stato giustificato dal lungo tempo trascorso e dal peggioramento della vista della vittima. Inoltre, il riconoscimento fotografico era supportato da altre prove.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché aspecifico. La difesa ha criticato in modo frammentario solo un aspetto della motivazione (il mancato riconoscimento in aula), ignorando completamente altre prove a carico dell’imputato che, insieme al riconoscimento fotografico, formavano un quadro probatorio coerente e solido.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa?
La declaratoria di inammissibilità per colpa comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 51788 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 51788 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CORLEONE il 29/05/1985
avverso la sentenza del 24/01/2019 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. COGNOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza del 24/1/2019 della Corte di appello di Palermo che confermava la sentenza del Tribunale di Termini Imerese che lo condannava per il reato di tentativo di rapina aggravata.
Deduce:
1.1. GLYPH licazione della legge penale nonché manifesta illogicità Erronea app della motivazione, in relazione alla riconosciuta responsabilità dell’imputato sulla base di un’individuazione fotografica operata dai soggetti passivi del reato senza il rispetto delle formalità previste dal codice di rito, dovendosi anche tenere conto del mancato riconoscimento dell’imputato in dibattimento.
Deduce la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, dopo avere disposto il riconoscimento personale, ha giustificato l’esito negativo del mezzo istruttorio addebitandolo al tempo trascorso e ha -conseguentementericonosciuto maggior valore probatorio all’individuazione fotografica, in violazione di legge.
2. Ciò premesso, il ricorso è inammissibile in quanto aspecifico.
2.1. La Corte di appello ha spiegato che l’anziana vittima del reato, nel corso del suo esame dibattimentale, aveva spiegato che nel corso dei quattro anni trascorsi dal fatto, la sua vista era peggiorata e che -ciononostante- pur non riconoscendo in aula l’imputato, seppe di nuovo indicare la sua fotografia. I magistrati dell’appello hanno aggiunto che vi erano ulteriori indicazioni a carico dell’imputato -mai presi in considerazione dalla difesa- quale l’episodio in cui COGNOME si recava presso di lei ed ella veniva presa da una crisi di panico che la induceva a urlare terrorizzata per chiedere aiuto, tanto che i vicini di casa chiamavano la Polizia che, immediatamente accorsa, trovava in casa l’odierno imputato. Circostanza, questa, riferita anche da un poliziotto.
A fronte di una motivazione così articolata, la difesa si limita a censurare il dato del mancato riconoscimento personale e oblitera la restante parte della motivazione, così violando un canone cui il ricorso per cassazione deve attenersi e riferibile sempre al requisito della specificità, dovendosi ribadire che “il dife di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa. La sentenza, infatti, costituisce un tutto coerente ed organico, onde, ai fini del controllo criti sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa non può essere preso a sè, ma va posto in relazione agli altri. Pertanto la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito” (Sez. 5, Sentenza n. 8411 del 21/05/1992, COGNOME e altri, Rv. 191487 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 4491 del
17/10/2012, PG in proc. COGNOME e altri).
3. Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità ai se dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente ai pagamento delle del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione de causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende de somma di euro tremila, così equítativamente fissata in ragione dei motivi dedo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamen delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla ca delle ammende.