Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 282 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 282 Anno 2025
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a UDINE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che i due motivi di cui si compone il ricorso, e con cui la difesa lamenta violazione delle norme processuali di cui agli artt. 182, 192 e 500 cod. proc. pen., e vizio di motivazione in punto di attendibilità dell’individuazione fotografica operata per individuare l’odierno ricorrente, nonché per mancata confutazione delle argomentazioni poste a base della precedente sentenza assolutoria emessa dal giudice di prime cure, sono per un verso articolati in termini che non sono consentiti in questa sede e, per altro verso, comunque manifestamente infondati;
rilevato che, infatti, deve constatarsi come, pur avendo formalmente contestato un vizio motivazionale, il ricorrente abbia, invero, censurato una decisione che assume sbagliata poiché fondata su una valutazione asseritamente errata e non condivisa delle fonti di prova, prospettando perciò una diversa lettura delle risultanze processuali e, in particolare, un differente giudizio di rilevanza e attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dagli altri testimoni operazioni tutte non consentite alla Corte di cassazione che non può sovrapporre una propria valutazione delle fonti di prova a quella compiuta nei precedenti gradi, ovvero saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
rilevato che, a tal proposito, giova ribadire come il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere considerato ammissibile, deve avere ad oggetto la motivazione posta a fondamento della decisione, non già – come nel caso in esame – la valutazione probatoria ad essa sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo di questa Corte, alla quale, pertanto, è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 6, n. 47204 dei 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099);
rilevato che, infatti, dovendosi sottolineare come l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione abbia un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (cfr., Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074), nel caso di specie, deve osservarsi come la Corte territoriale abbia compiutamente adempiuto all’obbligo di motivazione rafforzata (pagg. 5 – 9 dell’impugnata sentenza), confrontandosi criticamente con le argomentazioni spese dal primo giudice e fornendo congrue e non illogiche argomentazioni al fine di superare le discrasie e i profili di incertezza probatoria segnalati nella pronuncia di assoluzione di primo grado, mediante la puntuale indicazione dei plurimi elementi sulla base dei quali l’odierno ricorrente deve ritenersi correttamente individuato quale responsabile dei reati di rapina impropria e lesioni personali lui ascritti;
ritenuto che in particolare, i giudici di appello (oltre a valorizzare la piena attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese rimaste immutate nella narrazione degli avvenimenti anche a distanza di anni, e la presenza dell’autovettura intestata al padre dell’odierno ricorrente nel luogo in cui si è consumato il reato di furto), intervenendo sul dato più controverso del caso in esame, hanno sottolineato come sia di particolare rilievo il fatto che tutti e tre i testimoni avessero riconosciuto il ricorrente quale soggetto coinvolto nella materiale esecuzione di entrambi gli episodi criminosi, di cui ai capi di imputazione a) e c), e che le ricostruzioni della vicenda e le ricognizioni eseguite dai due testi COGNOME e COGNOME nell’immediatezza dei fatti fossero assolutamente sovrapponibili, salvo poi diversificarsi in sede dibattimentale, in virtù del lungo lasso di tempo trascorso, e comunque solamente sotto il profilo, non dirimente ai fini dell’attribuzione del concorso nel reato, del ruolo effettivamente svolto nella commissione del fatto;
rilevato che la censura di natura processuale concernente la violazione del disposto di cui all’art. 500 cod. proc. pen. è invero direttamente contradetta dal contenuto della allegazione difensiva e, in particolare, dal contenuto delle dichiarazioni rese dai testi nel corso della loro escussione dibattimentale qua in sede di rinnovazione dell’istruttoria in appello, erano stati sentiti, tra gli al COGNOME, COGNOME e COGNOME; il teste COGNOME (cfr., pag. 11 della trascrizione), a domanda del PM, aveva confermato di aver operato il riconoscimento fotografico di entrambi i rapiNOMEri nel corso delle indagini preliminari e di fronte ai Carabinieri; lo stesso dicasi per quanto concerne il COGNOME e anche lo COGNOME, i quali avevano tutti ribadito di avere eseguito il riconoscimento fotografico nel corso delle indagini preliminari con esito positivo (cfr., pag. 26 della trascrizione quanto al COGNOME e pagg. 32-33 per il teste COGNOME);
ribadito che il riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è utilizzabile ed idoneo a fondare l’affermazione di penale responsabilità, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, nel caso in cui il testimone – come nel caso di specie – confermi di avere effettuato tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, aggiungendo di non poterlo reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale (cfr., così, in particolare. Sez. 2, Sentenza n. 20489 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 275585; cfr., anche Sez. 2, Sentenza n. 25122 del 07/03/2023, COGNOME, Rv. 284859 01, in cui la Corte ha ribadito che, ove all’individuazione fotografica effettuata in fase di indagini preliminari non faccia seguito, in fase dibattimentale, la ricognizione personale dell’imputato presente in termini di “assoluta certezza”, la prova dell’identificazione dei predetto può essere raggiunta anche mediante la valutazione della precedente dichiarazione confermativa dell’individuazione fotografica, GLYPH verificando GLYPH l’esistenza GLYPH di GLYPH dati GLYPH obiettivi, eventualmente anche riferiti dal testimone, che forniscano spiegazione del mancato GLYPH ricordo GLYPH in GLYPH termini GLYPH di GLYPH sicura GLYPH concordanza; Sez. 2, n. 20489 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 275585 – 01, riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è utilizzabile ed idoneo a fondare l’affermazione di penale responsabilità, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, nel caso in cui il testimone confermi di avere effettuato tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, ma di non poter reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale; Sez. 2, n. 28391 del 27/04/2017, Cena, Rv. 270181 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.