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Riconoscimento fotografico: vale anche con verbale errato

Un individuo, inizialmente assolto, è stato condannato in appello per furto aggravato sulla base di un rinnovato riconoscimento fotografico da parte della vittima. La Corte di Cassazione ha dichiarato il successivo ricorso inammissibile, convalidando la decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva logicamente concluso che un verbale di polizia, che attestava un esito diverso, era il risultato di un semplice errore, data la certezza dell’identificazione confermata dalla vittima in tribunale.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento fotografico: la Cassazione fa chiarezza sulla sua validità

Il riconoscimento fotografico rappresenta uno degli strumenti investigativi più comuni e, allo stesso tempo, più discussi nel processo penale. La sua affidabilità è cruciale per l’accertamento della responsabilità penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1038/2024) offre spunti fondamentali, confermando la validità di una condanna basata su un’identificazione certa avvenuta in aula, anche a fronte di un verbale di polizia che riportava un esito diverso. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: da un’assoluzione a una condanna in appello

Il percorso giudiziario del caso in esame è stato tutt’altro che lineare. Inizialmente, l’imputato era stato assolto dall’accusa di furto aggravato. Tuttavia, la Corte d’Appello di Perugia, in riforma della prima sentenza, ha ribaltato la decisione, condannando l’uomo.

La svolta è avvenuta durante la rinnovazione dell’istruttoria disposta in secondo grado. In questa sede, alla persona offesa è stato nuovamente sottoposto l’album fotografico utilizzato nelle indagini preliminari. La vittima ha riconosciuto “con estrema sicurezza” l’autore del furto in uno degli individui ritratti, precisando di aver indicato la stessa foto e la stessa persona anche in precedenza, durante le indagini svolte dalla Polizia Giudiziaria.

Il punto critico era che il verbale di individuazione fotografica, redatto all’epoca dei fatti, attestava un esito diverso. La Corte territoriale ha superato questa incongruenza, ritenendola frutto di un mero errore materiale nel verbale. Di fronte a una dichiarazione così sicura e coerente resa in aula, la colpevolezza dell’imputato è stata ritenuta pienamente provata.

Il ricorso in Cassazione e il presunto vizio di motivazione

Contro la sentenza di condanna, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando sia una violazione di legge sia un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato nel dare prevalenza alla testimonianza in aula rispetto a quanto cristallizzato nel verbale ufficiale delle indagini, creando una motivazione illogica.

Le motivazioni della Cassazione sul riconoscimento fotografico

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo “manifestamente infondato”. Gli Ermellini hanno pienamente avallato il ragionamento della Corte d’Appello, sottolineando alcuni principi chiave in materia di prova.

La Corte ha stabilito che la conclusione raggiunta dai giudici di secondo grado non era affatto illogica. L’identificazione certa e sicura, avvenuta nel contraddittorio tra le parti durante la rinnovazione dell’istruttoria, assume un valore probatorio preponderante. La vittima non solo ha identificato l’imputato, ma ha anche fornito una spiegazione plausibile per la discrepanza con il verbale, affermando di aver sempre indicato la stessa persona. Di conseguenza, ritenere che il verbale fosse viziato da un errore materiale è stata una valutazione di merito, logica e ben argomentata, che non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel processo penale, la prova si forma in dibattimento. La testimonianza resa in aula, sotto il vaglio del giudice e delle parti, ha un peso specifico notevole. Un atto delle indagini preliminari, come un verbale di riconoscimento, pur essendo un documento importante, non è intangibile. Se emergono elementi solidi e coerenti, come una testimonianza sicura e precisa, che ne mettono in discussione il contenuto, il giudice può motivatamente ritenerlo frutto di un errore e basare la sua decisione sugli elementi probatori emersi nel contraddittorio processuale. La certezza dell’identificazione, confermata in sede dibattimentale, può quindi superare un’eventuale incongruenza documentale.

Un riconoscimento fotografico fatto in aula può prevalere su un verbale di polizia che attesta un esito diverso?
Sì, secondo questa ordinanza della Corte di Cassazione, la testimonianza diretta e certa della persona offesa, resa durante la rinnovazione dell’istruttoria in appello, può prevalere. Il giudice può motivatamente ritenere che il verbale della polizia fosse frutto di un errore materiale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato ‘manifestamente infondato’?
Un ricorso viene dichiarato tale quando le argomentazioni presentate sono palesemente prive di fondamento giuridico o fattuale e non riescono a scalfire la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata, portando a un rigetto immediato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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