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Riconoscimento fotografico: quando vale come prova?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che liberava un indagato, ribadendo il valore probatorio del riconoscimento fotografico. La Corte ha stabilito che, se effettuato con certezza dalla vittima, non può essere svalutato senza un’analisi rigorosa della sua attendibilità, soprattutto se l’alibi dell’indagato è smentito dai fatti. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che valuti correttamente la prova dichiarativa.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento Fotografico: la Cassazione ne Conferma il Pieno Valore Probatorio

Nel processo penale, il riconoscimento fotografico da parte della vittima rappresenta spesso un elemento cruciale per l’identificazione del colpevole. Ma quale peso ha realmente? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8999/2024) ha fornito chiarimenti fondamentali, stabilendo che un’identificazione certa non può essere liquidata con argomentazioni generiche, ma richiede una valutazione rigorosa e approfondita.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame, che aveva annullato la misura degli arresti domiciliari disposta a carico di un soggetto indagato per rapina aggravata. La decisione del Tribunale si basava sulla svalutazione del riconoscimento fotografico effettuato “senza ombra di dubbio” dalla persona offesa.

Il Pubblico Ministero ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse agito in modo illogico. A sostegno dell’accusa, infatti, non vi era solo l’identificazione certa, ma anche la falsità delle dichiarazioni difensive dell’indagato, il quale aveva fornito un alibi (un presunto contatto telefonico) smentito dall’analisi dei tabulati.

Il Valore del Riconoscimento Fotografico nella Giurisprudenza

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, cogliendo l’occasione per ribadire principi consolidati in materia di prova dichiarativa. Secondo gli Ermellini, l’individuazione di un soggetto, sia essa personale o fotografica, compiuta durante le indagini preliminari, è a tutti gli effetti una prova dichiarativa.

La sua forza probatoria non deriva dalle formalità con cui viene assunta (come avviene per la ricognizione ex art. 213 c.p.p.), ma dal valore intrinseco della dichiarazione stessa. In altre parole, deve essere valutata come una qualsiasi deposizione testimoniale, applicando i criteri elaborati dalla giurisprudenza per saggiarne l’attendibilità.

I Criteri per la Valutazione della Prova

La sentenza sottolinea che l’esame della prova dichiarativa si articola in passaggi precisi:

1. Valutazione dell’attendibilità “intrinseca”: analisi della credibilità del dichiarante, della coerenza, logicità e precisione del suo racconto.
2. Valutazione dell’attendibilità “estrinseca”: verifica della compatibilità della narrazione con altri elementi di prova esterni e oggettivi.
3. Valutazione complessiva: giudizio finale sulla credibilità dei contenuti accusatori, considerando sia la loro compatibilità con le altre prove, sia la loro resistenza agli argomenti difensivi.

Anche le dichiarazioni della persona offesa, pur non necessitando di riscontri esterni individualizzanti, devono essere sottoposte a questo rigoroso vaglio di attendibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha ritenuto carente il ragionamento del Tribunale del Riesame proprio su questo punto. Il Tribunale aveva svalutato un riconoscimento fotografico definito dalla stessa vittima come “certo”, basandosi su argomentazioni logiche generiche (come l’inverosimiglianza che l’indagato, dopo il colpo, fosse tornato nella sua abitazione vicina al luogo del reato).

Tuttavia, i giudici del riesame avevano omesso due passaggi fondamentali: non avevano indicato le ragioni specifiche per cui la vittima avrebbe dovuto mentire o sbagliarsi, falsificando la ricognizione; e, soprattutto, non avevano considerato un elemento di forte contrasto, ovvero che le dichiarazioni difensive dell’indagato erano state smentite dai tabulati telefonici. Questa palese falsità dell’alibi fornito dall’indagato avrebbe dovuto rafforzare, e non indebolire, il valore dell’identificazione fatta dalla vittima.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per i giudici di merito. Non è possibile scardinare un quadro accusatorio fondato su un’identificazione certa attraverso mere congetture sulla plausibilità del comportamento post-delitto. Il giudice ha il dovere di condurre un’analisi completa e rigorosa della credibilità della fonte di prova, soppesando tutti gli elementi a disposizione, inclusi quelli che smentiscono la versione della difesa. Annullando con rinvio l’ordinanza, la Cassazione ha imposto al Tribunale di Salerno di effettuare una nuova e più approfondita valutazione, seguendo i corretti criteri di apprezzamento della prova dichiarativa.

Un riconoscimento fotografico effettuato dalla vittima è sufficiente per applicare una misura cautelare?
Sì, può essere sufficiente. Essendo una prova dichiarativa, la sua forza probatoria non dipende da modalità formali ma dal valore della dichiarazione stessa, che deve essere valutata attentamente dal giudice per la sua credibilità.

Come deve essere valutata l’attendibilità di chi effettua un riconoscimento?
L’attendibilità deve essere valutata attraverso un esame rigoroso che comprende tre passaggi: la valutazione della credibilità ‘intrinseca’ del dichiarante (coerenza, logicità), la valutazione della credibilità ‘estrinseca’ (compatibilità con altri dati) e una valutazione complessiva che tenga conto anche degli argomenti difensivi.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale del Riesame in questo caso?
La Cassazione ha annullato la decisione perché il Tribunale ha svalutato un riconoscimento fotografico definito ‘certo’ senza spiegare perché dovesse essere considerato falso e, soprattutto, senza tenere conto del fatto che le dichiarazioni difensive dell’indagato erano state smentite da prove oggettive come i tabulati telefonici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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