Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23775 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23775 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIMINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/01/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Pesaro del 16 novembre 2020, con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro trecento di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 110 e 624 cod. pen.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla prova della commissione del reato.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva specifica infraquinquennale.
2.3. Violazione di legge per non aver la Corte territoriale ritenuto di concedere le circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’individuazione fotografica rappresenta una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e, come tale, costituisce una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 5, n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, COGNOME, Rv. 271041; Sez. 2, n. 9380 del 20/02/2015, COGNOME, Rv. 263302); pertanto, l’individuazione, quale prova atipica, ben può essere valorizzata dal giudice, nell’ambito del suo libero convincimento, ai fini della dimostrazione dei fatti, ove sia accertata la credibilità della persona che, in sede di individuazione, si sia detta certa dell’identificazione operata (Sez. F., n. 43285 del 08/08/2019, COGNOME, Rv. 277471), potendo rilevare le modalità dell’individuazione non quanto alla legalità della prova, ma nella valutazione del valore probatorio, alla luce dell’apprezzamento in sede di scrutinio di legittimità della congruenza del percorso argonnentativo utilizzato dal giudice di merito a fondamento dell’affidabilità del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, Coccia, Rv. 267562).
Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, il profil dell’individuazione fotografica è stato correttamente analizzato nella sentenza impugnata: la Corte di appello ha puntualmente esposto i criteri di valutazione adottati e la loro pregnanza, con motivazione esente da vizi logici e coerente coi dati rappresentati.
L’identificazione dell’autore del furto nella persona dell’odierno imputato poteva dirsi certa, muovendo in tale direzione diversi elementi acquisiti in sede di istruttoria dibattimentale e resi espliciti all’interno della sentenza appellata. Tali elementi hanno permesso di giungere al riconoscimento dell’imputato quale autore del furto con conseguente affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
A fronte di tale solido impianto motivazionale la difesa si limita a reiterare la doglianza circa la mancanza di un effettivo riconoscimento dell’imputato.
4. Il secondo e il terzo motivo di ricorso risultano essere meramente riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti dal Giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata. La Corte ha rilevato l’impossibilità di escludere la recidiva in ragione delle plurime condanne similari pregresse a carico dell’imputato e delle modalità di estrinsecazione del fatto, dalle quali desumere la sua pericolosità sociale.
In relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, invece, va osservato che, in materia, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli alt disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691), sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di appello ha osservato che, nel caso di specie, non erano presenti elementi positivamente valutabili a tal fine. Nello specifico, nonostante lo scarso profitto ottenuto, le modalità del fatto apparivano comunque gravi, esprimendo una pregnante capacità criminale dell’imputato.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
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