Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34571 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34571 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CUI 0OUT1PK) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/02/2025 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Genova ha confermato la pronuncia del Tribunale di La Spezia del 27 marzo 2024, con la quale NOME veniva condannato alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 250, 00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. artt. 110, 624, 625 n. 4, 61 n. 5 co pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione in ordine al giudizio di affermazione della responsabilità, per la mancanza di prova certa circa la sua identificazione quale autore del furto.
Ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello avrebbe confermato la pronuncia di primo grado fondando il proprio convincimento sull’esame dei fotogrammi e sulle dichiarazioni testimoniali rese dagli agenti di polizia giudiziaria, i quali avre bero affermato di riconoscere gli imputati in quanto soggetti già noti agli uffici d appartenenza. Tuttavia, tali dichiarazioni risulterebbero caratterizzate da profili di contraddittorietà, in quanto prive di una descrizione puntuale dei soggetti riconosciuti e delle relative caratteristiche fisiche; inoltre, i fotogrammi sui quali si fo l’operato riconoscimento presenterebbero una risoluzione assai scadente e un’evidente sgranatura, tali da non consentire una sicura e attendibile identificazione dell’imputato. Né, a tal fine, potrebbe ritenersi dirimente la visione diretta del fi mato, acquisito agli atti del fascicolo, da parte del giudice, atteso che non sarebbe consentito al giudice operare un riconoscimento diretto degli imputati. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In data 19 settembre 2025 è stata depositata memoria a firma dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità. Lo stesso lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a reiterare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte territoriale (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, m cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
In particolare, il motivo sopra richiamato, risolvendosi in una difforme terpretazione degli elementi probatori acquisiti rispetto a quella sposata dai
di merito, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travi samenti di emergenze processuali invece correttamente valorizzate dai giudici di merito (si veda, in particolare, pagg.3-4 del provvedimento impugnato).
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di un’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., Sez 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. I, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, a tal fine evidenziando la presenza di plurimi e convergenti elementi idonei a corroborare l’avvenuta identificazione dell’imputato quale autore del furto.
Come si legge in sentenza il giudice di primo grado ha dato atto di aver proceduto alla visione diretta del filmato acquisito al fascicolo e che lo stesso “molto più nitido delle immagini estratte, consente di riconoscere, oltre ogni ragionevole dubbio, le persone dei due imputati, là dove ve ne fosse ancora bisogno” (pag. 3 della sentenza di primo grado), rilievo del tutto trascurato nell’atto di gra vame nel merito e nel ricorso che ci occupa.
La Corte territoriale sul punto ha fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il riconoscimento diretto dell’imputato operato dal giudice mediante l’esame dei fotogrammi, estratti dalla registrazione TV a circuito chiuso durante una rapina, può costituire indizio che concorre, con altri elementi di prova, a completare il quadro probatorio di cui all’art. 192, comma secondo cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 40731 del 02/10/2009, COGNOME, Rv. 245124 – 01).
Nell’economia della sentenza impugnata il riconoscimento diretto operato dal giudice mediante l’esame dei fotogrammi è invero utilizzato come un semplice elemento indiziario che concorre con gli altri e ben più robusti elementi di prova a completare il quadro probatorio nell’ambito della previsione di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
Inoltre, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, l’imputato è stato inequivocabilnnente riconosciuto dagli agenti di polizia giudiziaria sulla base dell’esame dei fotogrammi, ai quali hanno associato una concorde descrizione del
soggetto, riconducibile a persona già nota agli uffici e in precedenza fotosegnalata. È stato, altresì, accertato che i fotogrammi acquisiti agli atti consentivano di rile vare con chiarezza i tratti fisiognomici salienti dell’imputato e che la paventata scarsa qualità degli stessi risultava riferita non già ai fotogrammi originali, bensì alla loro riproduzione fotostatica.
In proposito va richiamato il precedente di questa Corte costituito da Sez. 5 n. 22612 del 10/2/2009, Paluca, Rv. 244197, secondo cui il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia giudiziaria non è regolato dal codice di rito e costituisce un accertamento di fatto utilizzabile in giudizio in base ai pri cipi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice; la certezza della prova non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, ma dall’attendibilità accordata alla deposizione di chi si dica certo dell’individua zione (cfr. anche Sez. 2, n. 45787 del 16/10/2012, Abbate, Rv. 254353; Sez. 6, n. 28972 del 28/5/2013, COGNOME, Rv. 257393, Sez. 5, n. 6546 del 1/10/2015 dep. il 2016, Verde, Rv. 266023).
L’individuazione fotografica di un soggetto effettuata dalla polizia giudiziaria costituisce una prova atipica la cui affidabilità deriva dalla credibilità della posizione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione. Pertanto, le modalità dell’individuazione – concretatesi nella scelta delle immagini fotografiche effettuata dalla polizia giudiziaria – non riguardano la legalità della prova, dato l’enorme margine di opinabilità che accompagna ogni selezione, ma si riflettono sul suo valore, che richiede l’apprezzamento, in sede di scrutinio di legittimità, della congruenza del percorso argomentativo utilizzato dal giudice di merito a fondamento dell’affidabilità del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015 dep. 2016, COGNOME, Rv. 267562; Sez. 5, n. 51729 del 12/10/2016, D.B., Rv. 268860).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent, n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle mende.
Così deciso il 7/10/2025