Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34589 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34589 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME natq il DATA_NASCITA COGNOME NOME natq il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Brindisi del 27 maggio 2021, con la quale Lakatos Rozalia e Farcas Laura venivano condannate in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 56, 624 bis cod. pen. (capo A) e artt. 110, 624 bis cod. pen. (capo B), ha rideterminato la pena in anni due, mesi otto di reclusione ed euro 800 di multa ciascuna.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le imputate, con un unico atto e a mezzo del comune difensore, deducendo: a. inosservanza dell’art. 584 cod. proc. pen. quale norma processuale stabilità a pena di nullità del giudizio di appello ai sensi dell’art. 181, comma 3, cod. proc. pen., in quanto il ricorso del P.G. convertito, ex art. 580 cod. proc. pen., in appello non è stato notificato alle parti private, con una conseguente lesione dei diritti della difesa; b. inosservanza dell’art. 213 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine al giudizio di affermazione della responsabilità, per la mancanza di prova certa circa la corrispondenza delle autrici dei furto tentato e consumato alle odierne imputate.
Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Quanto al primo motivo, lo stesso prospetta enunciati ermeneutici in contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, lamentando violazioni di norme processuali palesemente smentite dagli atti processuali.
Nel caso che ci occupa trova invero applicazione il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’appello incidentale del pubblico ministero non è inammissibile nel caso di omessa notificazione all’imputato appellante, la quale non determina la nullità della sentenza di appello, in quanto non incide in alcun modo sulle prerogative difensive dell’imputato medesimo, che ha piena conoscenza del contenuto dell’atto della parte pubblica attraverso il contraddittorio instauratosi nel giudizio di secondo grado. (Sez. 2, n. 38827 del 04/07/2019, M., Rv. 277096 – 01; Sez. 4, n. 3481 del 12/12/2007, dep. 2008, P.c., Rv. 239028 – 01)
2.2. Il secondo motivo di ricorso, lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a reiterare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte territoriale (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi
possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), altresì risolvendosi in una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali invece correttamente valorizzate dai giudici di merito (si veda, in particolare, pagg.2-4 del provvedimento impugnato).
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di un’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. I, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
Le ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nunché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, a tal fine evidenziando come le censure difensive, dirette a contestare l’attendibilità del riconoscimento effettuato dalle persone offese, non assumano valore dirimente. In particolare, la Corte territoriale ha chiarito che la forza probatoria del riconoscimento fotografico effettuato in sede di indagini preliminari non discende dalle modalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc. pen. in materia di ricognizione personale, bensì dall’attendibilità accordata alla dichiarazione confermativa di chi l’ha compiuto, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (così, Sez. 5, n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437 – 01). Nel caso di specie, i giudici di merito hanno escluso motivi di dubbio circa l’attendibilità dei riconoscimenti effettuati, i quali sono avvenuti a distanza di pochi giorni dal fatto, mediante fotografie tratte da schede dattiloscopiche risalenti a non più di tre anni prima. Le persone offese, infatti, avevano fornito sin dalla denuncia una dettagliata descrizione fisica delle autrici del reato, successivamente confermata in sede di riconoscimento, avvenuto in modo univoco e senza esitazioni nei confronti di entrambe le imputate.
Essendo i ricorsi inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della cas delle ammende.
Così deciso il 07/10/2025