Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 47053 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 47053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il giorno 01/12/1981, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza emessa in data 17/01/2024 dalla Corte di Appello di Napoli, sesta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 01/10/2024 dal sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte depositate in data 18/10/2024 dal difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte depositate in data 11/10/2024 dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza emessa in data 17/01/2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del 24/11/2022 del Tribunale Napoli Nord che, all’esito di giudizio dibattimentale, aveva dichiarato NOME Tommaso responsabile del delitto di tentata estorsione aggravata con conseguente irrogazione della pena di anni 10 di reclusione ed euro 2.499,00 di multa e lo aveva condannato al risarcimento del danno patrimoniale in favore della parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE liquidato in euro 25.000,00.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore fiduciario articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e). cod. proc. pen., la mancanza, contradditorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
Osserva il ricorrente che l’identificazione di NOME COGNOME nel soggetto che era sceso dalla vettura Fiat 600 condotta dal coimputato NOME COGNOME in occasione del fatto per cui è processo è stata fondata dalla Corte di appello sulla individuazione fotografica operata da NOME COGNOME in sede di indagini e poi confermata in dibattimento; tale riconoscimento, tuttavia, non è attendibile.
NOME COGNOME ha fornito una descrizione fisica dei due occupanti dell’auto indicando il passeggero (poi individuato nell’ imputato) come un soggetto alto m. 1,65 (corrispondente alla propria statura) ed il guidatore come persona di maggiore altezza. In realtà, NOME COGNOME è alto m. 1,90, come risulta dal rilievo antropometrico eseguito presso l’istituto penitenziario ove si trova ristretto e dalla copia della carta di identità, documenti acquisiti in dibattimento.
La Corte territoriale ha inteso superare tale profilo di criticità valorizzando, da un lato, la circostanza che NOME COGNOME aveva anche riferito della presenza di un livido sotto l’occhio sul soggetto passeggero visto scendere dall’auto (elemento, in sé e per sé, assai scarno, secondo il ricorrente) e dall’altro, il fatto che il sistem di videosorveglianza installato sul luogo del fatto aveva ripreso sia il COGNOME che COGNOME nei momenti precedenti e immediatamente successivi ai fatti. In relazione a tale ultimo profilo, i giudici di appello sono incorsi nel vizio travisamento e cioè hanno valorizzato un elemento inesistente atteso che la sentenza di primo grado (pag. 43) aveva evidenziato che la scarsa risoluzione delle immagini estrapolate dall’impianto di registrazione non aveva consentito la visione dei tratti somatici dei soggetti coinvolti e delle targhe dei veicoli sui quali costor si erano portati sul posto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile essendo manifestamente infondato l’unico motivo di ricorso con il quale si ripropone pedissequamente in questa sede la doglianza, dedotta nell’atto di appello, relativa alla inattendibilità della individuazio fotografica eseguita dal testimone oculare NOME COGNOME che è stata disattesa dalla Corte territoriale con motivazione non meramente apparente, logica ed esente da vizi di travisamento.
1.2. Va ricordato che il riconoscimento fotografico, ancorché non sia regolato dal codice di rito, costituisce un accertamento di fatto utilizzabile in giudizio a sensi dell’art. 189 cod. proc pen. (Sez. 5, n. 6456 del 01/19/2015, Verde, Rv. 266023) e catalogabile, dunque, nel novero delle cd. prove atipiche.
L’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, cosicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv, 267562; Sez. 2, n. 28391 del 27/04/2017, Cena, Rv. 270181; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, COGNOME, Rv. 271041; Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, COGNOME, Rv. 275548; Sez. 2, n. 23090 del 20/07/2020, COGNOME, Rv. 279437).
Nel giudizio di legittimità va valutata esclusivamente la congruenza della argomentazione sviluppata dal giudice di merito circa l’affidabilità del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, già cit.).
1.3. Tanto premesso, nel caso di specie la Corte di appello (pagine 6 e 7 della sentenza impugnata) ha ritenuto intrinsecamente attendibile l’individuazione fotografica di NOME COGNOMEoltre che dei coimputati COGNOME e COGNOME) operata da NOME COGNOME in sede di indagini e ribadita nel giudizio dibattimentale di primo grado, anche perché corroborata da altri elementi probatori e ha sviluppato al riguardo un puntuale e coerente costrutto argonnentativo, esente da manifesta illogicità.
Ha evidenziato in primo luogo che il riconoscimento era stato operato per due volte ed in termini di certezza, previa descrizione di un preciso dato individualizzante (quindi non, di per sé, neutro, come invece sostiene il ricorrente), rappresentato dalla presenza sul volto del soggetto da riconoscere di un livido sotto l’occhio destro, particolare che COGNOME aveva indicato come una caratteristica che gli era rimasta particolarmente impressa.
I giudici di secondo grado hanno anche precisamente confutato l’assunto difensivo, qui nuovamente riproposto, secondo cui COGNOME aveva descritto il passeggero della Fiat 600 come uomo alto 1,65 metri, così fornendo un dato non affidabile poiché l’imputato era invece di altezza pari a 1,90 metri. Al riguardo, hanno osservato che il teste, in realtà, nel corso del controesame dibattimentale condotto dalla difesa aveva più volte affermato di non essere in grado di valutare con precisione l’altezza dei due soggetti visti a bordo della vettura.
La Corte territoriale, ha poi messo precisamente in luce come il riconoscimento fotografico, già di per sé valutabile in termini di alta affidabilità era anche corroborato da un altro preciso elemento probatorio e cioè dalla immagini delle videocamere di sorveglianza installate in zona poco distante dal luogo di commissione del fatto che – come ampiamente descritto nella sentenza di primo grado ( pagg 35 e 36) – avevano ripreso COGNOME Tommaso ( in compagnia dei complici COGNOME e COGNOME) nei momenti immediatamente precedenti e poi in quelli appena successivi all’azione estorsiva.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello sarebbe incorso in un travisamento poiché già la sentenza di primo grado aveva sottolineato che la scarsa risoluzione delle immagini estrapolate dall’impianto di registrazione non aveva consentito di apprezzare i tratti somatici dei due soggetti a bordo della Fiat 600 con la quale si erano portati sul cantiere edile della RAGIONE_SOCIALE (luogo ove era stata realizzata la tentata estorsione) e neppure la relativa targa.
Il rilievo è del tutto erroneo atteso che la sentenza impugnata non ha affatto attributo rilievo a quanto registrato sul luogo del fatto (effettivamente non utile alla identificazione degli autori dell’illecito), ma a dati del tutto diversi e cioè immagini estrapolate dalle telecamere presenti nel circolo ricreativo, distante solo cinque minuti dal cantiere teatro del fatto, che avevano distintamente ripreso l’arrivo a piedi proprio di COGNOME e di COGNOME (insieme al complice COGNOME), entrambi vestiti con l’abbigliamento descritto dai soggetti presenti nel cantiere al momento del tentativo di estorsione e poi il loro successivo allontanamento in direzione INDIRIZZO ove poco dopo era stato registrato anche il passaggio della Fiat 600.
La Corte di appello ha pertanto assolto in modo logico e congruente all’obbligo motivazionale in ordine alle ragioni dell’affidabilità del riconoscimento fotografico operato dal teste COGNOME sicchè la valutazione di tale elemento probatorio si sottrae al sindacato di legittimità di questa Corte.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila ciascuno a favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate.
Nulla va liquidato, a titolo di rifusione delle spese e di onorari, in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE le cui conclusioni scritte non hanno apportato un apprezzabile contributo mancando la prospettazione di concreti argomenti diretti a contrastare l’iniziativa dell’imputato per la tutela de propri interessi e limitandosi ad affermare la correttezza della sentenza impugnata, nonché la sussistenza di rapporto causale tra il reato ed il danno subito (cfr. Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226716; Sez. 7, n. 7425 del 28/01/2016, COGNOME, Rv. 265974; Sez. 2, n. 38713 del 06/06/2014, COGNOME, Rv. 260520 e, in motivazione, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese avanzata dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE Così deciso il 25/10/2024.