Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13590 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13590 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONCALIERI il 20/09/1981
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di TORINO in difesa di COGNOME il quale insiste nei motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa di COGNOME il quale si associa alle conclusioni espresse dall’avvocato COGNOME
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RITENUTO IN FATTO
GLYPH La Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa nei confronti di NOME COGNOME dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma per diversi reati di furto in abitazione (di cui ai capi 2, 10, 11, 12, 15, 16, 17 e
1.2. L’affermazione di colpevolezza si è in particolare fondata sul riconoscimento dell’imputato da parte delle vittime (o comunque dei testi oculari) dei furti e dei tentati furti, tutti commessi con le stesse modalità: NOME Cena suoi complici si recavano presso gli appartamenti delle persone offese, fingendo di essere stati incaricati di verificare il corretto funzionamento degli impian condominiali. Carpita così la loro fiducia, le convincevano a prendere e concentrare in un posto tutti i gioielli e il denaro contante custodito in casa (asserendo che sarebbe potuto deteriorare per il materiale radioattivo usato per le verifiche), se impossessavano (o cercavano di farlo) per poi andarsene.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso i difensori dell’imputato che sollevano due motivi:
2.1. Con il primo motivo, deducono inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché carenza, insufficienza o illogicità della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., lamentando che la Corte territoriale abbi ritenuto responsabile il Cena anche quando l’esito dell’individuazione fotografica era del tutto incerto o difforme;
2.2. Con il secondo motivo, deducono inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché carenza, insufficienza o illogicità della motivazione in relazione agli artt. 53-58 legge 24 novembre 1981, n. 689. La Corte di appello avrebbe errato nel valutare quali condizioni ostative la pluralità e la gravità deg episodi criminosi, perché avrebbe dovuto esclusivamente tener conto dell’insussistenza di condizioni ostative, dell’assenza di precedenti penali, procedimenti penali pendenti e della corretta condotta dell’imputato durante il lungo periodo in cui è stato sottoposto agli arresti domiciliari. Il diniego della richi detenzione domiciliare sostitutiva contrasterebbe con il fatto che la sanzione applicata sia attestata sul minimo edittale, con valutazione pertanto di modesta entità del dolo e di gravità dei fatti.
GLYPH Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, giova richiamare il consolidato principio a mente del quale il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia giudiziaria e non regolato dal codice di rito, costituisce un accertamento di fatto e come tale, è utilizzabile nel giudizio in base al principio della non tassatività d mezzi di prova ed a quello del libero convincimento del giudice (Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015, dep. 2016, Verde, Rv. 266023).
Tanto premesso, la Corte di appello ha osservato che tutti coloro i quali hanno effettuato riconoscimenti fotografici sono «risultati credibili in quanto testi oculari, indifferenti all’esito del giudizio (nessuna persona offesa si è costituita pa civile) e soprattutto non adagiati acriticamente sulla tesi accusatoria…». Quanto all doglianze difensive sulla fallacia dei riconoscimenti da parte delle persone offese o dei testi oculari i quali, in fase di indagine, avevano indicato dati somatici diversi quelli che, nella prospettazione difensiva, caratterizzano l’imputato, la sentenza impugnata offre congrua e specifica motivazione delle asserite difformità (p. 3), sostenendo infine che i testi che hanno riconosciuto il Cena come autore del reato al quale hanno assistito hanno descritto il reo con un’altezza indicata fra i 160 e 170 cm ed un’età indicata tra i 40 e i 50 anni, caratteristiche che la Corte di merit ha reputato, con argomentare incensurabile in questa sede, compatibili con quelle reali dell’imputato che aveva 43 anni ed è alto circa 160 cm. In specie, la sentenza impugnata si è particolarmente diffusa proprio sui riconoscimenti dell’imputato effettuati dai soggetti richiamati nel ricorso: e così la teste oculare NOME COGNOME di cui ha evidenziato la particolare attendibilità discendente dalla circostanza che l teste non aveva invece riconosciuto la foto che gli investigatori sospettavano riprendesse l’effige del correo, «dimostrando così la sua serietà ed eludendo qualsiasi sospetto di parteggiare per la tesi accusatoria»; la coincidenza della descrizione da questa offerta con quella della persona offesa COGNOME; la teste NOME COGNOME – nipote e vicina di casa della persona offesa NOME COGNOME che aveva visto e parlato con l’autore del tentato furto mentre si allontanava dall’abitazion della zia; la persona offesa NOME COGNOME che ha riconosciuto la fotografia dell’imputato come quella dell’autore del furto in suo danno e successivamente ha riconosciuto, tra i monili sequestrati al Cena, un ciondolo di colore verde a lei sottratto. Il motivo in questa sede riproposto – secondo cui la COGNOME si sarebbe espressa, quanto al riconoscimento dell’imputato, in termini di rassomiglianza e che il monile dalla donna riconosciuto non era tra quelli di cui aveva denunciato il furto -, ha già trovato adeguata risposta nella sentenza impugnata, laddove si legge che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
« la circostanza che la persona offesa abbia constatato una rassomiglianza con il Cena, sommata al fatto che abbia riconosciuto, fra la refurtiva trovata a casa del Cena, un monile di sua proprietà, sono indizi altamente rassicuranti in ordine alla sua responsabilità », non rivestendo alcun valore la mancata indicazione in denuncia, nell’elenco delle cose rubate, del ciondolo di colore verde, «ben potendo essere accaduto che la donna abbia dimenticato di denunciarlo», avendo denunciato il furto di oggetti di maggior valore rispetto al semplice monile. Altrettanto si dic per la teste oculare NOME COGNOME, vicina di casa della persona offesa NOME COGNOME che ha riconosciuto una forte somiglianza tra lo sconosciuto incontrato per le scale del palazzo, in concomitanza con il furto, e l’effige del Cena; la predett NOME COGNOME, pur non riconoscendo l’effige di costui quale autore del reato, ha individuato come provento di furto in suo danno una collana in corallo, rinvenuta nella disponibilità dell’imputato. Quanto poi all’asserita inadeguatezza del riconoscimento effettuato dalla COGNOME, la Corte territoriale afferma che esso è sicuramente idoneo a fondare la responsabilità del soggetto riconosciuto, rilevando che la circostanza per cui la donna, a fronte delle prime foto, abbia constatato una mera somiglianza e, solo dopo aver visto le altre foto, abbia effettuato il riconoscimento ne conferma la piena attendibilità perché, se si fosse acriticamente adagiata sulla tesi degli investigatori, avrebbe eseguito il riconoscimento immediatamente. Del resto, continua la Corte di merito, la descrizione fisica da parte della COGNOME è compatibile con le fattezze dell’imputato.
In sostanza, il Collegio osserva che la valutazione, congrua e non manifestamente illogica, della Corte di appello in ordine all’identificazione dell’imputato operat mediante ricognizioni fotografiche, che ne ha fondato il convincimento ai fini del giudizio di colpevolezza dell’imputato, si sottrae al sindacato di legittimità di quest Corte, risultando pertanto il primo motivo inammissibile.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso. In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, il giudice resta vincolato nell’esercizio del suo poter discrezionale alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché il giudizio, se sul punto adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto buon governo dei predetti canoni ermeneutici, escludendo di poter disporre la conversione della pena detentiva in considerazione della gravità del fatto per il quale è intervenuta condanna, le sue modalità di commissione e la personalità del condannato, per come risuOanche dai precedenti penali.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente / ,