Riconoscimento Fotografico: Prova Valida Anche con una Sola Foto?
Il riconoscimento fotografico rappresenta uno degli strumenti investigativi più comuni per identificare l’autore di un reato. Ma qual è il suo valore probatorio, specialmente quando viene mostrata una sola fotografia ai testimoni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo la natura di tale atto e i criteri con cui un giudice può valutarlo. Il caso in esame riguarda un uomo condannato per furto, la cui identificazione si basava proprio su un riconoscimento di questo tipo.
Il Caso: Dal Furto al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto. Dopo la sentenza di primo grado, celebrata con rito abbreviato, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la decisione, riducendo la pena ma confermando la colpevolezza dell’imputato.
L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo di doglianza: un presunto vizio di motivazione riguardo alla sua identificazione. Secondo la difesa, l’identificazione era avvenuta tramite il riconoscimento fotografico da parte dei gestori del bar dove era avvenuto il furto, ai quali sarebbe stata mostrata una sola fotografia. Questo, a dire del ricorrente, minava l’attendibilità della prova.
L’Analisi della Corte sulla Validità del Riconoscimento Fotografico
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse critiche già avanzate in appello, senza però confrontarsi adeguatamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Il punto centrale della decisione riguarda la natura giuridica e il valore probatorio del riconoscimento fotografico effettuato durante le indagini preliminari. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’individuazione di un soggetto, sia essa personale o fotografica, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rientra nel concetto più ampio di ‘dichiarazione’.
Di conseguenza, la sua forza probatoria non deriva dal rispetto delle modalità formali previste per la ricognizione personale (art. 213 c.p.p.), ma dal valore intrinseco della dichiarazione confermativa. In altre parole, spetta al giudice valutarla liberamente, alla stessa stregua di una deposizione testimoniale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato l’inammissibilità del ricorso evidenziando che la doglianza era assertiva e non dirimente. Il fatto che fosse stata mostrata una sola fotografia non è, di per sé, un elemento che invalida la prova. La validità del riconoscimento dipende dalla valutazione complessiva del giudice, che ne apprezza l’attendibilità nel contesto di tutte le altre prove disponibili.
L’ordinanza ha citato una precedente sentenza (Cass. n. 23090/2020) per rafforzare il concetto che l’efficacia dimostrativa dell’identificazione si basa sul libero apprezzamento del giudice, non su formalità procedurali. Poiché il ricorso non ha offerto argomenti nuovi o specifici per contestare tale valutazione, è stato giudicato infondato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
La decisione della Cassazione conferma che il riconoscimento fotografico rimane uno strumento investigativo e probatorio di grande importanza. Le conclusioni pratiche sono le seguenti:
1. Valore Probatorio: L’identificazione tramite fotografia è una prova a tutti gli effetti, anche se non segue le formalità della ricognizione personale.
2. Discrezionalità del Giudice: È il giudice a decidere, caso per caso, il peso da attribuire a tale prova, valutandone l’affidabilità e la coerenza con il quadro probatorio generale.
3. Onere della Difesa: Per contestare efficacemente un riconoscimento, non è sufficiente lamentare la mancata osservanza di formalità (come l’uso di una singola foto), ma è necessario dimostrare con argomenti specifici perché quella particolare identificazione sarebbe inattendibile.
In definitiva, l’ordinanza ribadisce la centralità del principio del libero apprezzamento della prova nel processo penale, confermando che l’affidabilità di un’identificazione risiede nella sua sostanza e non meramente nella sua forma.
Un riconoscimento fotografico basato su una sola fotografia è una prova valida?
Sì, secondo la Corte. La sua forza probatoria non dipende dalle modalità formali, ma dal valore della dichiarazione confermativa, che il giudice valuta liberamente alla stessa stregua di una deposizione testimoniale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto generico e manifestamente infondato perché si limitava a riproporre le stesse lamentele già presentate in appello, senza confrontarsi in modo specifico con la motivazione della sentenza impugnata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità per il ricorrente?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver proposto un’impugnazione evidentemente inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6702 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6702 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il 02/11/1978
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rideterminato in mitius il trattamento sanzionatorio, confermandone la condanna per il delitto di furto a lui ascritto (resa all’esito di giud abbreviato);
considerato che l’unico motivo di ricorso (con il quale è stato dedotto il vizio de motivazione circa l’effettiva commissione da parte dell’imputato del reato contestato e, segnatamente, della sua identificazione), è generico e manifestamente infondato in quanto reitera le doglianze prospettate con il gravame senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata che ha fondato l’identificazione dell’imputato sul riconoscimento fotografico da parte dei gestori del bar de quo, ed assumendo in maniera assertiva che nella specie sarebbe stata mostrata una sola fotografia, dato ex se non dirimente dato che «l’individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso delle indagini preliminari, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale, e non dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc. pen. per la ricognizione personale utili ai fini della efficacia dimostrativa secondo il libero apprezzamento del giudice» (Sez. 5, n. 230 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/01/2025.