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Riconoscimento fotografico: quando è prova atipica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. Il ricorso si basava su un presunto vizio di motivazione riguardo la valutazione del riconoscimento fotografico. La Corte ha stabilito che tale riconoscimento costituisce una prova atipica pienamente utilizzabile in giudizio ai sensi dell’art. 189 c.p.p., e che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti, già esaminati dai giudici di merito.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento Fotografico: Prova Valida o Vizio di Motivazione? La Cassazione Fa Chiarezza

L’identificazione di un sospettato è una fase cruciale di ogni processo penale. Ma quale valore ha un riconoscimento fotografico effettuato durante le indagini preliminari? Può essere considerato una prova sufficiente per fondare una condanna? Con l’ordinanza n. 14256 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema, delineando i confini tra la legittima valutazione probatoria e il vizio di motivazione che può portare all’annullamento di una sentenza.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto aggravato, commesso in un’abitazione. La sentenza, emessa in primo grado e parzialmente riformata in appello solo per quanto riguarda la determinazione della pena, si basava su diversi elementi, tra cui l’identificazione dell’imputato avvenuta tramite il riconoscimento di alcune fotografie da parte di un testimone durante la fase delle indagini di polizia giudiziaria.

L’Appello in Cassazione e il Valore del Riconoscimento Fotografico

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un unico motivo: il vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato nel fondare il giudizio di colpevolezza su una prova – il riconoscimento fotografico – che non offriva le stesse garanzie di una formale ricognizione di persona effettuata in sede processuale. In sostanza, si contestava non la legge in sé, ma il modo in cui i giudici avevano ragionato e giustificato la loro decisione, basandola su un elemento considerato debole.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla natura e sull’utilizzabilità del riconoscimento fotografico. Il ragionamento dei giudici si è articolato su due punti fondamentali.

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: il ricorso in Cassazione non può essere un ‘terzo grado’ di giudizio nel quale si rivalutano i fatti. La Corte non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e priva di vizi giuridici evidenti. Nel caso di specie, il ricorso mirava proprio a ottenere una nuova valutazione delle prove, un’operazione non consentita in quella sede.

In secondo luogo, e qui sta il cuore della decisione, la Cassazione ha qualificato il riconoscimento fotografico come una ‘prova atipica’ ai sensi dell’articolo 189 del codice di procedura penale. Questo significa che, pur non essendo una prova disciplinata nel dettaglio come la ricognizione personale (art. 213 e ss. c.p.p.), è un accertamento di fatto pienamente utilizzabile dal giudice per formare il proprio convincimento. La sua ammissibilità non richiede il rispetto delle formalità previste per la ricognizione dibattimentale. L’importante è che il giudice, nella sua motivazione, dia conto in modo logico e coerente del perché ha ritenuto quell’identificazione affidabile, come avvenuto nel caso esaminato, dove le sentenze di merito avevano ampiamente giustificato la loro scelta.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza un orientamento consolidato, confermando la piena legittimità dell’utilizzo del riconoscimento fotografico come elemento di prova. L’ordinanza chiarisce che la validità di tale prova non dipende dal rispetto delle rigide formalità della ricognizione personale, ma dalla capacità del giudice di motivare in modo logico e non contraddittorio la sua attendibilità nel contesto del quadro probatorio complessivo. Di conseguenza, un ricorso basato su una mera contestazione del valore probatorio di tale riconoscimento, senza evidenziare una palese illogicità nel ragionamento del giudice, è destinato all’inammissibilità.

Un riconoscimento fotografico effettuato dalla polizia è una prova valida in un processo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini costituisce un accertamento di fatto utilizzabile in giudizio come ‘prova atipica’ ai sensi dell’art. 189 del codice di procedura penale.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una semplice rivalutazione delle prove. Il ricorso è consentito solo per vizi di legge o di motivazione, come una illogicità macroscopica e manifesta, e non per rimettere in discussione l’interpretazione dei fatti data dai giudici precedenti.

Per la validità di un riconoscimento fotografico, sono necessarie le stesse formalità di una ricognizione di persona in tribunale?
No. L’ordinanza chiarisce che il riconoscimento fotografico, essendo una prova atipica, può essere effettuato senza la necessità di rispettare le modalità formali previste per la ricognizione di persona effettuata dinanzi al giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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