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Riconoscimento fotografico: prova valida per la condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato contestava la validità di un riconoscimento fotografico e l’assenza di una perizia sulla droga. La Corte ha stabilito che il riconoscimento fotografico è una valida forma di testimonianza e che la prova del reato può essere desunta da altri elementi, come il possesso di ingenti somme di denaro e le dichiarazioni di altri soggetti.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento Fotografico e Prova di Spaccio: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in materia di prova nel processo penale, in particolare riguardo la validità del riconoscimento fotografico e la necessità della perizia sulla sostanza stupefacente. La decisione chiarisce come, anche in assenza di un’analisi scientifica della droga, una condanna per spaccio possa essere fondata su un complesso di elementi probatori concordanti.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso di un uomo condannato dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del DPR 309/1990. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. La violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo la sua affermazione di responsabilità, fondata, a suo dire, su un riconoscimento fotografico illegittimo e inutilizzabile e sull’assenza di una perizia tecnica sulla sostanza sequestrata.
2. La violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Validità del Riconoscimento Fotografico nel Processo

In risposta al primo motivo, la Corte di Cassazione ha rigettato la doglianza dell’imputato. I giudici hanno chiarito che l’individuazione di una persona, sia essa personale o fotografica, costituisce una ‘manifestazione riproduttiva di una percezione visiva’ che rientra nel concetto di dichiarazione testimoniale. Per questo tipo di atto, la legge non prevede una rigida e precisa procedura di assunzione.

Nel caso specifico, un testimone aveva esaminato un fascicolo fotografico contenente immagini di diversi soggetti con precedenti di polizia e aveva identificato con certezza il ricorrente come la persona che gli aveva ceduto la sostanza stupefacente. La Corte ha ritenuto tale modalità pienamente legittima e la prova così raccolta, utilizzabile ai fini della decisione.

Si Può Essere Condannati Senza Perizia sulla Droga?

Anche la seconda parte del primo motivo di ricorso è stata respinta. La Cassazione ha richiamato un orientamento consolidato secondo cui la natura, la quantità e la qualità della sostanza stupefacente possono essere desunte anche da una pluralità di altri elementi, senza la necessità di una perizia tecnica.

Nel caso in esame, la prova era stata raggiunta attraverso:

* Il rinvenimento, nell’abitazione del ricorrente, di un’ingente somma di denaro in banconote di piccolo taglio (20 euro), tipico provento dell’attività di spaccio.
* L’ammissione di un altro testimone di essere un assuntore di sostanze stupefacenti.
* Le dichiarazioni degli acquirenti della sostanza.

Questi elementi, considerati nel loro insieme, sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare la natura drogante della sostanza ceduta.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda sulla manifesta infondatezza dei motivi proposti. Per quanto riguarda il riconoscimento fotografico, è stato ribadito che si tratta di una prova testimoniale valida. Per quanto concerne l’assenza di perizia, è stato confermato che la prova della natura stupefacente della sostanza può essere raggiunta anche indirettamente. Infine, sul diniego delle attenuanti generiche, i giudici hanno ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello, che aveva evidenziato l’assenza di elementi positivi e l’irrilevanza della mera incensuratezza dell’imputato, formulando un giudizio negativo sulla sua personalità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida due principi fondamentali nella giurisprudenza penale in materia di stupefacenti. In primo luogo, il riconoscimento fotografico effettuato da un testimone presso la polizia giudiziaria è una prova pienamente valida. In secondo luogo, la condanna per spaccio non richiede inderogabilmente una perizia chimica, potendo basarsi su un quadro di prove indirette, gravi, precise e concordanti. La decisione sottolinea inoltre la discrezionalità del giudice di merito nel valutare la personalità dell’imputato ai fini della concessione delle attenuanti generiche, per le quali il solo stato di incensurato non è considerato un elemento di per sé sufficiente.

Un riconoscimento fotografico effettuato durante le indagini è una prova valida in un processo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’identificazione fotografica di un soggetto rientra nel concetto di dichiarazione testimoniale ed è una prova pienamente valida e utilizzabile, per la quale non è richiesta una specifica e rigida procedura formale.

È possibile essere condannati per spaccio di droga se non viene effettuata una perizia sulla sostanza?
Sì. La Corte ha ribadito che la prova della natura stupefacente della sostanza può essere desunta anche da una pluralità di altri elementi, come le dichiarazioni degli acquirenti, l’ammissione di un consumatore o il rinvenimento di ingenti somme di denaro in piccolo taglio presso l’abitazione dell’imputato.

Avere la fedina penale pulita è sufficiente per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
No. Secondo la Corte, la sola incensuratezza (assenza di precedenti penali) non è di per sé sufficiente. Il giudice deve compiere una valutazione complessiva della personalità dell’imputato e, in presenza di un giudizio negativo, può legittimamente negare la concessione delle attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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