Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17151 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17151 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a DESENZANO DEL GARDA il 29/10/1982
avverso la sentenza del 19/09/2024 della CORTE d’APPELLO di BRESCIA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Brescia, con la sentenza emessa il 19 settembre 2024 confermava quella del Tribunale bresciano del 11 gennaio 2024, che aveva accertato la responsabilità di NOME COGNOME in relazione al delitto di furto in abitazione, aggravato dalle modalità fraudolente, dall’approfittamento delle condizioni di età della persona offesa, NOME COGNOME di anni 80, simulando la qualità di incaricato di pubblico servizio per fare ingresso nell’abitazione della vittima.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME si articola in due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
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Il primo motivo lamenta violazione di legge penale e vizio di motivazione, rappresentando come la sentenza impugnata avrebbe ritenuto erroneamente comprovato l’esito positivo della individuazione fotografica, svolta da parte della persona offesa nel corso del dibattimento.
Deduce la difformità fra tale risultato probatorio e quanto emerge dal verbale dell’udienza del 15 giugno 2023, riportandone alcuni brani nel ricorso e denunciando travisamento.
Il secondo motivo lamenta violazione di legge processuale avendo la sentenza impugnata utilizzato il verbale di individuazione relativo alle attività svolte durante le indagini, che non è stato acquisito sull’accordo delle parti, cosicché lo stesso è inutilizzabile.
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
I motivi, strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente.
Va premesso che in ordine al secondo motivo è consentito l’accesso agli atti a questa Corte in ragione della deduzione di error in procedendo (cfr. Sez. U. 31 ottobre 2001, Policastro, Rv. 220092).
A ben vedere l’esame del verbale stenotipico consente di rilevare come alla proposta del pubblico ministero non corrispose l’espressione del consenso da parte della difesa dell’imputato. Pertanto, il richiamo al verbale della identificazione fotografica stilato durante le indagini, operato dalla Corte di merito, risulta non corretto in quanto l’atto è inutilizzabile.
Non di meno, però, la doglianza predetta difetta di decisività, requisito che deve accompagnare, per la fondatezza, la censura del ricorrente: infatti, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari; Sez. Un., n. 23868 del 23/04/2009 – dep. 10/06/2009, COGNOME, Rv. 243416).
Va evidenziato che la Corte di appello, infatti, non fonda la ritenuta responsabilità dell’imputato sulla acquisizione del verbale – il che rende il secondo motivo di ricorso anche aspecifico – ma sulla circostanza che il riconoscimento dell’imputato con esito positivo avvenne in sede di individuazione fotografica svolto in sede dibattimentale, per quanto riferito dalla persona offesa, come già riportava la sentenza di primo grado al fol. 11, allorquando la teste ricordò
comunque di aver riconosciuto anche nel corso delle indagini in foto l’autore del reato.
E dunque la Corte di appello, e prima il Tribunale, ritenevano attendibile e comprensibile qualche incertezza della teste, ultraottuagenaria, a distanza di tempo – circa due anni – dal furto. Ma soprattutto le sentenze richiamano il dato che la donna aveva riferito di avere riconosciuto in fotografia con certezza l’imputato durante le indagini.
E dunque, va richiamato il principio consolidato per cui il riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è utilizzabile ed idoneo a fondare l’affermazione di penale responsabilità, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, nel caso in cui il testimone confermi di avere effettuato tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, ma di non poterlo reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale (Sez. 2, n. 20489 del 07/05/2019, COGNOME, 275585 – 01). Nello stesso senso è stato affermato – Sez. 2, n. 16757 del 20/03/2015, Arena, Rv. 263509 – 01 – che in tema di ricognizione di persona, la prova dell’identificazione può essere raggiunta anche valutando la dichiarazione confermativa della individuazione fotografica effettuata nel corso degli atti preliminari allo svolgimento della ricognizione personale (fattispecie nella quale la persona offesa riconosceva, in incidente probatorio, l’imputato in termini non di certezza e, prima di procedere all’atto, confermava di avere in precedenza riconosciuto il proprio aggressore in fotografia, dichiarando che il decorso del tempo avrebbe potuto incidere sulle sue capacità di ricordo; nello stesso senso, anche Sez. 2, n. 50954 del 03/12/2013, COGNOME, Rv. 257985 – 01; conf. N. 5401 del 2000 Rv. 216143 – 01, N. 6582 del 2008 Rv. 239416 – 01). D’altro canto, l’individuazione, per i Giudici di merito, ebbe esito positivo anche in dibattimento, ove fu replicata.
Ne consegue che il consolidato orientamento rende manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, essendo la valutazione – operata in doppia conforme quanto alla attendibilità della persona offesa e al risultato probatorio di identificazione certa dell’imputato – scevra da vizi motivazionali.
Il motivo secondo è anche aspecifico, in quanto riporta brani di dichiarazioni dibattimentali: ma, qualora la prova omessa o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente ha l’onere di riportarne integralmente il contenuto, non limitandosi ad estrapolarne alcuni brani ovvero a sintetizzarne il contenuto, giacchè così facendo viene impedito al giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il significato
probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio .
dedotto
(ex multis
Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, COGNOME, rv 241023; Sez. 3, n. 19957/17 del 21 settembre 2016, COGNOME, Rv. 269801). Ciò non è
avvenuto.
6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al
pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 09/04/2025