Riconoscimento Fotografico da Video: Quando è una Prova Valida?
Il riconoscimento fotografico di un sospettato da parte delle forze dell’ordine è un tema cruciale nel processo penale, specialmente nell’era della videosorveglianza diffusa. Ma cosa succede se le immagini sono di bassa qualità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce la piena validità di tale prova, ancorandola non alla nitidezza del video, ma alla credibilità della testimonianza dell’agente che ha effettuato l’identificazione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato. La difesa ha basato il proprio ricorso per Cassazione su un unico motivo: la mancanza di motivazione della sentenza d’appello riguardo alla pessima qualità delle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza. Secondo il ricorrente, tale scarsa qualità avrebbe reso impossibile e quindi inattendibile il riconoscimento fotografico effettuato dalla Polizia Giudiziaria.
La Decisione della Corte e il Valore del Riconoscimento Fotografico
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e quindi inammissibile. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’individuazione fotografica di un soggetto da parte della polizia giudiziaria costituisce una ‘prova atipica’. Questo significa che la sua efficacia probatoria non deriva dal semplice atto del riconoscimento in sé, ma da un altro elemento fondamentale: la deposizione resa in dibattimento dall’operatore di polizia che ha visionato le immagini e si è detto certo della sua identificazione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che il fulcro della prova non è il fotogramma o il video, ma la testimonianza dell’agente. È la credibilità di quest’ultimo, valutata dal giudice durante il processo, a conferire valore probatorio all’identificazione. Se l’agente, esaminato in aula, conferma con certezza di aver riconosciuto l’imputato, tale dichiarazione diventa una prova a tutti gli effetti, sulla quale il giudice può fondare il proprio convincimento.
Citando numerosi precedenti conformi, la Cassazione ha sottolineato che non vi è alcun obbligo per il giudice di procedere all’esame diretto dei fotogrammi o dei video. La difesa dell’imputato, infatti, aveva sostenuto che il giudice avrebbe dovuto visionare personalmente le immagini per valutarne la qualità. La Corte ha rigettato questa argomentazione, chiarendo che la prova si forma attraverso la testimonianza dell’operatore che ha materialmente eseguito il riconoscimento. Di conseguenza, l’eccezione difensiva è stata ritenuta infondata.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che la contestazione sulla bassa qualità di un video di sorveglianza non è, di per sé, sufficiente a invalidare un’accusa basata sul riconoscimento fotografico. La strategia difensiva, in questi casi, deve concentrarsi non tanto sulla critica tecnica delle immagini, quanto sul minare la credibilità e la certezza della testimonianza dell’agente che ha effettuato l’identificazione.
In definitiva, la sentenza rafforza il valore probatorio della testimonianza della Polizia Giudiziaria, confermando che l’affidabilità di un operatore esperto può superare i limiti tecnici di un filmato. Per l’ordinamento, ciò che conta è la certezza dell’identificazione espressa da chi l’ha compiuta, una volta che questa sia stata sottoposta al vaglio del contraddittorio processuale.
Un’identificazione basata su video di sorveglianza di bassa qualità è una prova valida in un processo?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è una ‘prova atipica’ pienamente valida. La sua efficacia non dipende dalla qualità tecnica delle immagini, ma dalla testimonianza dell’agente che ha effettuato il riconoscimento.
Cosa determina l’affidabilità di un riconoscimento fotografico effettuato dalla polizia?
L’affidabilità deriva dalla credibilità della deposizione dell’operatore di polizia che, dopo aver visionato le immagini, si dichiara certo dell’identificazione dell’imputato. È questa testimonianza che costituisce la prova.
Il giudice è obbligato a visionare direttamente i filmati della sorveglianza se la difesa ne contesta la qualità?
No, la sentenza chiarisce che il giudice non ha l’obbligo di esaminare direttamente i fotogrammi, poiché la prova si fonda sulla testimonianza dell’operatore che ha proceduto all’identificazione, la quale è soggetta al vaglio dibattimentale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35368 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35368 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
COGNOME NOME NOME proposto ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo indicata in epigrafe con la quale è stata confermata la sentenza pr dal Tribunale di Marsala che l’ha dichiarato responsabile del reato di furto aggravato.
Il ricorrente lamenta la mancanza della motivazione della sentenza, in relazione al censura proposta in appello relativa alla pessima qualità delle immagini delle telecamere di vi sorveglianza che avrebbero reso impossibile il riconoscimento da parte della Polizia Giudiziari
2.11 ricorso è manifestamente infondato.E’ invero principio consolidato che l’individuazio fotografica di un soggetto effettuata dalla polizia giudiziaria costituisce una prova atipic affidabilità non deriva dal riconoscimento in sé, ma dalla credibilità della deposizione d avendo esamiNOME la fotografia si dica certo della sua identificazi (Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Rv. 271041 – 01; Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, Rv. 253910 – 01; Sez. F – n. 37012 del 29/08/2019, Rv. 277635). E, da ultimo, questa Corte ha precisato che il riconoscimento dell’imputato effettuato da un operato di polizia giudiziaria mediante la visione delle immagini riprese da telecamere d sicurezza costituisce prova atipica sulla quale è ammissibile la testimonianza dell’operatore che vi direttamente proceduto (Sez. 2, n. 41375 del 05/07/2023, Rv. 285160 -01: in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto non fondata l’eccezione difensiva a mente della quale il g avrebbe dovuto procedere all’esame diretto dei fotogrammi).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisando assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 30 settembre 2025