Riconoscimento Fotografico da Video: Per la Cassazione è Prova Valida
In un’era dominata dalla tecnologia e dalla videosorveglianza, il valore probatorio delle immagini registrate assume un’importanza cruciale nei processi penali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2590 del 2024, si è pronunciata sulla validità del riconoscimento fotografico effettuato da un agente di Polizia Giudiziaria tramite la visione di filmati, qualificandolo come prova atipica pienamente ammissibile. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo, in primo e secondo grado, per i reati di ricettazione e uso indebito di una carta bancomat di provenienza furtiva. La condanna si basava in modo significativo sull’identificazione dell’imputato, compiuta da un operante di Polizia Giudiziaria nel corso delle indagini preliminari. L’agente aveva riconosciuto il soggetto visionando le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza.
Contro la sentenza della Corte d’appello, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando un unico motivo: la presunta inutilizzabilità del riconoscimento, ritenuto in violazione dell’art. 213 del codice di procedura penale.
Il motivo del ricorso e il valore del riconoscimento fotografico
Il nucleo della questione legale sollevata dalla difesa riguardava la natura e l’utilizzabilità del riconoscimento fotografico effettuato non da un testimone oculare, ma da un agente di polizia che non aveva assistito direttamente al fatto. La difesa sosteneva la mancanza e l’illogicità della motivazione della Corte d’appello su questo punto, ritenendo tale atto non utilizzabile come prova.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto categoricamente questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile perché basato su un motivo manifestamente infondato.
Le Motivazioni della Sentenza
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un principio consolidato e univoco nella propria giurisprudenza. I giudici hanno chiarito che l’identificazione di un imputato, effettuata da un operatore di polizia giudiziaria attraverso la visione di immagini registrate da telecamere di sicurezza, costituisce una prova atipica. Questo significa che, pur non essendo una forma di prova disciplinata specificamente dal codice (come, ad esempio, la testimonianza classica o la perizia), essa è pienamente ammissibile nel processo.
Di conseguenza, la testimonianza resa in dibattimento dall’agente che ha eseguito il riconoscimento è legittima e può essere posta a fondamento della decisione del giudice. La Corte ha richiamato diversi precedenti conformi, sottolineando come l’eccezione difensiva fosse priva di fondamento. La responsabilità penale dell’imputato era stata correttamente affermata sulla base di questo elemento probatorio.
Conclusioni
La sentenza in commento offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma la piena legittimità dell’uso delle registrazioni video come strumento di indagine e come fonte di prova. In secondo luogo, chiarisce che il riconoscimento effettuato da personale esperto di Polizia Giudiziaria, anche in un momento successivo al reato, ha pieno valore probatorio attraverso la testimonianza dell’operante. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione alla Cassa delle ammende, serve da monito contro la proposizione di impugnazioni basate su motivi palesemente contrari a orientamenti giurisprudenziali ormai stabili.
Il riconoscimento di un imputato da parte di un agente di polizia, basato su filmati di videosorveglianza, è una prova valida in un processo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che si tratta di una ‘prova atipica’ pienamente ammissibile. La testimonianza dell’agente che ha effettuato il riconoscimento è utilizzabile per fondare l’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché basato su un motivo manifestamente infondato. La tesi difensiva si scontrava con un orientamento consolidato e univoco della giurisprudenza di legittimità, che ammette pacificamente questo tipo di prova.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un’impugnazione priva di fondamento.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2590 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2590 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da : NOME COGNOME nato a Vicenza il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia in data 7/10/2022; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020, convertito nella L. 18/12/2020 n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dall’art. 16 del D.L. 30/12/2021, n.228, convertito nella L. 25/02/2022 n. 15); udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna, con un unico motivo di ricorso, la sentenza della Corte d’appello di Brescia in data 7/10/2022, confermativa della sentenza del Tribunale di Brescia con la quale è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in ordine al delitto di ricettazione e uso indebito di carta bancomat di provenienza furtiva.
Deduce mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in punto di utilizzabilità del riconoscimento dell’imputato, effettuato dal teste COGNOME, in violazione dell’art. 213 c.p.p.
Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile perché basato su motivo manifestamente infondato.
La Corte di merito ha fondato l’affermazione di responsabilità del COGNOME sul riconoscimento fotografico compiuto dall’operante di P.G. nel corso delle indagini preliminari, riprendendo l’orientamento univoco di questa Corte, secondo il quale “il riconoscimento dell’imputato effettuato da un operatore di polizia giudiziaria mediante la visione delle immagini riprese da telecamere di sicurezza costituisce prova atipica sulla quale è ammissibile la testimonianza dell’operatore che vi ha direttamente proceduto. In applicazione di tale principio deve quindi ritenersi non fondata l’eccezione difensiva a mente della quale il giudice avrebbe dovuto dichiarare inutilizzabile la testimonianza ( Sez.2, n. 41375 del 05/07/2023, Rv. 285160; Sez. F, n.37012 del 29/08/2019, Rv. 277635; Sez.6, n. 49758 del 27/11/2012, Rv. 253910).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023
Il Consigliere Estensore
Presidente