Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3768 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3768 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/06/1973
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria tempestivamente depositata.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n.137/2020 successivo art. 8 D.L. 198/2022
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 06/05/2024, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 25/09/2023, con la quale NOME COGNOME è stato condannato alla pena di giustizia per i delitti allo stesso ascritti (artt. 474 e 648 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, deducendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio della motivazione perché omessa in relazione al tema devoluto con il terzo motivo di appello in relazione agli artt. 189, 192, 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. quanto al giudizio di attendibilità della individuazione fotografica posta a fondamento della pronuncia di condanna; il giudizio di responsabilità è basato unicamente sulle dichiarazioni del teste operante COGNOME escusso alla udienza del 25/09/2023, che aveva dato atto che la persona oggetto di osservazione e controllo si era data alla fuga e che il ricorrente veniva individuato in fase di indagine quale autore della condotta imputata solo a seguito del riconoscimento effettuato in caserma alcune ore dopo dall’autista del corriere COGNOME sulla base della esibizione di un album fotografico. La difesa ha osservato che, nonostante la portata della testimonianza dell’agente operante, non veniva disposto l’esame della persona che aveva effettuato il riconoscimento. La difesa ha richiamato la giurisprudenza di legittimità al fine di sostenere come non potesse ritenersi ammessa, in correlazione con le garanzie sovrannazionali, una affermazione di responsabilità basata esclusivamente su di un riconoscimento fotografico, riportato come attività di indagine in mancanza dell’esame della persona che aveva effettuato tale riconoscimento.
2.2. GLYPH Violazione di norme processuali in relazione all’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. quanto alla deposizione del teste COGNOME nella parte in cui riferisce sul contenuto delle dichiarazioni acquisite in fase di indagine dal NOME COGNOME con la modalità di cui agli artt. 351, 357, comma 2, lett. a) e b) cod. proc. pen., anche considerato che il verbale di riconoscimento fotografico non era mai stato acquisito in giudizio.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
La difesa ha depositato ampia memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale in data 25/11/2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento del secondo motivo proposto; ne consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.
La difesa aveva oggettivamente posto, in modo specifico ed argomentato, nell’ambito del terzo motivo di appello, il tema relativo alla effettiva possibilità di riferire la condotta ascritta al ricorrente sulla base del riconoscimento fotografico effettuato in fase di indagine dal corriere della ditta Bartolini NOME COGNOME (erroneamente indicato in appello come NOME COGNOME ma identificato come autista del corriere che aveva consegnato la merce contraffatta), teste indicato in lista dal Pubblico Ministero, ma non sentito in dibattimento. La difesa aveva specificamente censurato l’affermazione di responsabilità basata esclusivamente sul richiamo al riconoscimento fotografico effettuato quale attività di indagine posta in essere dal teste COGNOME, luogotenente della Guardia di Finanza di Tivoli, che aveva partecipato alle attività di sequestro (ma non alla attività di osservazione e controllo che aveva portato alla riscontro della presenza di persona di nazionalità straniera, che doveva ricevere la consegna di materiale di provenienza estera, evidentemente contraffatta, che in seguito si dava alla fuga). Il tema, così specificamente devoluto, si concentrava sulla mancanza di una dichiarazione testimoniale in giudizio confermativa dell’attività di riconoscimento fotografico effettuata nel corso delle indagini preliminari, con esibizione al NOME COGNOME di album fotografico.
La motivazione sul punto risulta oggettivamente omessa. In tal senso, occorre osservare come il tema devoluto con il motivo di appello dalla difesa fosse specifico e correlato alla motivazione del giudice di primo grado, oltre che alla attività dibattimentale espletata, con critica argomentativa puntuale e specifica. Il giudice di appello dava atto della
fuga del soggetto in corso di osservazione da parte degli agenti operanti e affermava sinteticamente che “egli, peraltro, alla vista degli operanti si dava alla fuga, venendo solo successivamente identificato quale Sow Nerow (cfr verbale di sequestro eseguito in data 02/07/2018, documentazione in atti acquisita all’esito della deposizione operante – teste COGNOME in servizio presso GDF – resa alla udienza del 25/09/2023)”. Nel corpo della motivazione non veniva, dunque, in alcun modo affrontato un tema decisivo devoluto specificamente dalla difesa, nella ricostruzione della responsabilità del ricorrente, certamente da considerare con riferimento ad una pluralità di ulteriori elementi acquisiti (attività di indagine espletata, esito del sequestro), ma senza prescindere dal tema centrale del riconoscimento e delle modalità di realizzazione di tale atto, per come osservato dalla difesa.
In tal senso, si deve ricordare che questa Corte ha affermato, con principio che qui si deve ribadire, che in tema di prove non disciplinate dalla legge, ove all’individuazione fotografica effettuata in fase di indagini preliminari non faccia seguito, in fase dibattimentale, la ricognizione personale dell’imputato presente in termini di “assoluta certezza”, la prova dell’identificazione del predetto può essere raggiunta anche mediante la valutazione della precedente dichiarazione confermativa dell’individuazione fotografica, verificando l’esistenza di dati obiettivi, eventualmente anche riferiti dal testimone, che forniscano spiegazione del mancato ricordo in termini di sicura concordanza (Sez. 2, n. 25122 del 07/03/2023, Zuka, Rv. 284859-01).
Il riconoscimento e l’individuazione fotografica rientrano, dunque, tra le manifestazioni riproduttive di una percezione visiva e rappresentano una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la forza probatoria di tali attività non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale, e non dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc. pen. per la ricognizione personale, utili ai fini della efficacia dimostrativa secondo il libero apprezzamento del giudice (Sez. 5, n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437-01). Occorre, tuttavia, considerare che sia che l’atto di individuazione entri a far parte del patrimonio probatorio rilevante per il giudizio per effetto della scelta processuale della definizione allo stato degli atti, sia che di esso riferisca il testimone escusso nell’istruttoria dibattimentale g6
(richiamando quanto avvenuto nel corso delle indagini preliminari, oppure quando l’individuazione avvenga direttamente nel corso del dibattimento), i criteri di valutazione di tale prova devono essere quelli propri dei risultati dichiarativi acquisiti: ciò comporta che «l’affidabilità e la valenza probatoria dell’individuazione discendono dall’attendibilità accordata al teste ed alla deposizione dal medesimo resa, valutata alla luce del prudente apprezzamento del giudice» (Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 262908-01; Sez. 2, n. 25122 del 07/03/2023, Zuka, Rv. 284859-01).
La censura difensiva, proposta con il terzo motivo di appello, aveva compiutamente introdotto il tema dell’affermata certa individuazione del ricorrente come autore della condotta in assenza di qualsiasi valida dichiarazione resa in dibattimento, mediante testimonianza, della persona che aveva effettuato il riconoscimento, non potendo essere in tal senso utilizzata la dichiarazione dell’agente operante, le cui considerazioni potevano semplicemente essere ritenute rilevanti quale richiamo alla attività di indagine espletata.
Sul punto come detto la motivazione risulta omessa e deve conseguentemente essere disposto l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso il 17/12/2024.