Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38239 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38239 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 del TRIB. LIBERTA di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
COGNOME n. in Albania il DATA_NASCITA, ricorre avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE del 24.05.2024, di rigetto dell’impugnativa presentata avverso l’ordinanza del Gip presso il Tribunale di Lucca del 28.3.2024, eseguita il 5.5.2024, con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere al ricorrente, indagato del reato di cui agli artt. 110 e 337 cod. pen. commesso in concorso con NOME e NOME in Barga l’8.9.2023 (capo 1) e del reato di cui agli artt. 61, comma 1 n. 2, 110 e 624-bis cod.pen., commesso, sempre in concorso con gli stessi suddetti coindagati, in Barga il 9.9.2023 (capo 2).
Il ricorrente aggredisce l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE in data 21/05/2024, depositata in data 24/05/2024, per mancanza, dontraddittoria e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 2, 63, 69, 118, 132, 133 cod, pen. per la non ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche sotto I profilo della mancata declaratoria di nullità o di inutilizzabilità delle annotazioni di polizia giudiziaria con cui si è proceduto al riconoscimento fotografico dell’indagato. Il ricorrente lamenta che il Gip presso il Tribunale di Lucca, e poi il giudice del riesame di RAGIONE_SOCIALE, ricostruendo la partecipazione dell’indagato ai fatti contestatigli avrebbero ritenuto in una linea uniforme la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza basati sul riconoscimento fotografico effettuato dagli operatori di polizia giudiziaria per entrambi i capi di imputazione attribuiti al ricorrente.
In particolare, per il primo capo di imputazione la difesa lamenta l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza tratti da due elementi indiziari costituiti dalla presenza di impronte digitali e dal riconoscimento da parte della polizia giudiziaria in relazione al conducente dell’autovettura individuato nell’odierno ricorrente.
Per il secondo capo di imputazione specificamente la difesa ritiene che sussista un unico elemento indiziario costituito dall’esclusiva individuazione fotografica operata dagli agenti di polizia giudiziaria e, in particolare, evidenzia che tale atto d’individuazione costituirebbe una prova atipica la cui affidabilità deriva dalla credibilità della dichiarazione di chi si dica certo dell’identificazione avvenuta attraverso la visione del materiale fotografico. Al riguardo il ricorso prospetta la scarsa attendibilità dei riconoscimenti effettuati dagli operanti, soprattutto di quello effettuato dal AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, evidenziando tra l’altro che in ordine al furto dell’autovettura Panda, tale riconoscimento è l’unico indizio a carico dell’indagato, non essendo state rinvenute impronte su quest’ultima vettura. Il riconoscimento è stato fatto
contestualmente dai due militari, a distanza di oltre tre mesi dal fatto, senza che questi abbiano prima fornito una descrizione del soggetto ed inoltre senza che sia stato formato un fascicolo fotografico. Anche per il secondo riconoscimento il ricorso solleva perplessità, non essendo stato neanche questo preceduto da alcuna descrizione del soggetto, ed essendo avvenuto a distanza di oltre tre mesi dal fatto e senza che sia stato formato un fascicolo fotografico.
Ritiene la difesa che le individuazioni fotografiche operate in sede di indagine, sia svolte ad iniziativa della polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 348 cod. proc. pen., sia per mano del pubblico ministero ai sensi dell’art. 361 cod. proc. pen., differiscano dalla tipicità dell’accertamento ricognitivo della persona ai sensi degli artt. 213-214 cod. proc. pen.. In buona sostanza, il difensore sbstiene l’inutilizzabilità dei due riconoscimenti fotografici effettuati senza il rispetto delle formalità previste dalla legge. La ricognizione fotografica rappresentata nell’annotazione di servizio del 28.12.2023 (in relazione al secondo capo di imputazione) effettuata dagli operatori della polizia giudiziaria, non disgiuntamente, a distanza di oltre tre mesi, senza avere predisposto prima un identikit, non gode di sufficiente attendibilità, e dovrebbe essere dichiarata inutilizzabile. Stesso giudizio chiede la difesa circa le due annotazioni di servizio del 27.12.2023 riguardanti il primo capo di imputazione.
Di conseguenza, dalla richiesta inutilizzabilità, la difesa deduce il vizio cii motivazione.
Il procuratore generale ha concluso per il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio, precipuamente, osserva che il nucleo comune e portante del motivo di ricorso sviluppato in ordine ai due capi di incolpazione è costituito dalla valenza probatoria da attribuire alla ricognizione fotografica effettuata dagli operatori di polizia giudiziaria con l’eventuale conseguente ricaduta nella logica della motivazione che conclude per la sussistenza della gravità indiziaria.
Precipuamente si evidenzi che in sede cautelare il parametro di riferimento non è costituito dall’utilizzabilità come prova di un elemento raccolto in sede dibattimentale (mediante il vaglio tipico consentito in esito alla dichiarazione di utilizzabilità pronunciata al termine del dibattimento e prima della camera di consiglio) ma dal rispetto delle forme richieste per la conduzione e l’impulso delle indagini preliminari e dal significato indiziario di quanto raccolto in tali forme.
3. RAGIONE_SOCIALE Appare necessario ribadire, pertanto, che in tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza sono quegli elementi raccolti a carico dell’indagato, di natura logica o rappresentativa, idonei a fondare il convincimento di qualificata probabilità di colpevolezza; quindi, l’individuazione fotografica effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria, indipendentemente dall’accertamento delle modalità e quindi della rispondenza alla metodologia prevista per la formale ricognizione a norma dell’art. 213 cod. proc. pen., ben può essere posta a fondamento di una misura cautelare, perché lascia ragionevolmente ritenere che sbocchi in un atto di riconoscimento, formale o informale, o in una testimonianza che tale riconoscimento confermi. (Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, COGNOME, Rv. 227511-01). In particolare, il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di P.G. e non regolato dal codice di rito, costituisce un accertamento di fatto e, come tale, è utilizzabile nel giudizio in base al principio della non tassatività dei mezzi di prova ed a quello del libero convincimento del giudice (Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015, dep. 17/02/2016, Verde, Rv. 266023-01).
Sul punto la difesa lamenta la non linearità della motivazione circa l’attendibilità del riconoscimento fotografico informale operato non dinanzi ma dalla stessa polizia giudiziaria al quale il ricorso tende a sottrarre ogni tipo di utilizzabilità al fine dell’evidenza della gravità degli indizi di colpevolezza.
Al riguardo si noti innanzi tutto che, secondo una consolidata linea giurisprudenziale, il riconoscimento fotografico costituisce una prova atipica la cui affidabilità deriva dalla credibilità della dichiarazione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione. (Sez. F. , n. 37012 del 29/08/2019, COGNOME, Rv. 277635-01). Nel caso di individuazione fotografica di un soggetto effettuata dalla polizia giudiziaria le modalità dell’individuazione – concretatesi nella scelta delle immagini fotografiche effettuata dalla polizia giudiziaria – non riguardano la legalità della prova, dato l’enorme margine di opinabilità che accompagna ogni selezione, ma si riflettono sul suo valore, che richiede l’apprezzamento, in sede di scrutinio di legittimità, della congruenza del percorso argomentativo utilizzato dal giudice di merito a fondamento dell’affidabilità del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza. (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 08/03/2016, COGNOME, Rv. 267562 – 01).
Al riguardo, sul piano delle competenze della polizia giudiziaria non va trascurato il potere-dovere di adoperarsi anche per l’individuazione dell’indagato e di persone informate sui fatti, come recita la locuzione contenuta nell’art. 349, comma 2 cod. proc. pen., e la prerogativa della polizia giudiziaria di porcedere “anche eseguendo …rilievi fotografici… nonché altri accertamenti”,
da cui si evince che gli atti di assicurazione della prova ivi espressamente indicati non esauriscono di certo i poteri di iniziativa della polizia giudiziaria i cui operatori legittimamente possono procedere loro stessi a una ricognizione fotog rafica
Pertanto, il Collegio ritiene di porre in evidenza il principio per cui nel corso delle indagini preliminari le ricognizioni fotografiche possono effettuarsi anche da parte degli stessi operatori di polizia giudiziaria, con valore di indizio grave e preciso ai fini dell’emissione di una misura cautelare, in forza del poteredovere di adoperarsi con qualsiasi accertamento per l’individuazione dell’indagato previsto dall’art. 349, comma 2 cod. proc. pen., da cui si evince che gli atti di assicurazione della prova ivi espressamente indicati non esauriscono i poteri di iniziativa della p.g. (vedi per un risalente precedente Sez. 4, Sentenza n. 3425 del 12/12/1997, dep, 11/02/1998, Rv. 210444-01; Sez. 2, Sentenza n. 15308 del 07/04/2010, Rv. 246925-01).
Quindi, se l’individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso delle indagini preliminari, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale, e non dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc, pen. per la ricognizione personale, utili ai fini della efficacia dimostrativa secondo il libero apprezzamento del giudice. (Sez. 5, Sentenza n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 27943701).
Rileva il Collegio che la difesa in concreto non espone alcuna critica o elemento da cui trarre dubbi sulla credibilità intrinseca degli operatori COGNOME e COGNOME (per il capo a), e COGNOME e COGNOME (per il capo b). La giurisprudenza indicata nel ricorso (Sez. 6, n. 17747 del 15.01.2017, COGNOME, Rv. 269876-01) esclude l’attribuzione di “uno statuto probatorio sovraordinato rispetto a quello posto in essere da qualsiasi altro soggetto che abbia assistito al compimento di attività delittuose”. Ma in tale unica decisione di legittimità citata dalla difesa, questa Corte ha annullato senza rinvio l’òrdinanza cautelare emessa dal tribunale, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., che aveva ritenuto la valenza gravemente indiziaria del riconoscimento fotografico operato dagli inquirenti, qualificato quale atto pubblico fidefaciente, avendo omesso però di valutare l’attendibilità di tale atto con particolare riferimento al fatto che l’identificazione era avvenuta a distanza di alcuni giorni dall’intervento degli operanti sul luogo in cui era stato commesso il reato, senza alcuna preventiva descrizione delle fattezze fisiche degli autori del reato né
alcuna indicazione della fonte e della datazione delle fotografie utilizzate per tale operazione (Sez. 6, n. 17747 del 07/04/2017 , COGNOME, Rv. 269876 01).
Nell’ordinanza impugnata la motivazione non attribuisce alla ricognizione eseguita dalla polizia giudiziaria alcuna valenza probatoria rafforzata o sovraordinata e del vaglio di attendibilità l’ordinanza è tutt’altro che priva scandagliando approfonditamente l’interno del perimetro indiziario e ricavandone l’univocità e la gravità.
La motivazione dell’ordinanza fiorentina ricostruisce il perimetro dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato in ordine ad entrambi i delitti, in modo lineare, seguendo una logica deduttiva degli elementi investigativi, coerentemente con il contenuto dell’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Lucca, confrontando l’individuazione con i riscontri scientifici e con il percorso investigativo seguito dai carabinieri nell’immediatezza dei fatti.
L’ordinanza del tribunale del riesame, infatti, espone gli indizi che si ricavano dalla CNR del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 10.9.2023, circa i fatti accaduti nella notte fra l’8 ed il 9.9.2023, e dall’informativa finale del N.O.R. della RAGIONE_SOCIALE del 5.2.2024 che riassumono complessivamente gli esiti dell’attività di indagine svolta al fine di individuare gli autori dei reati in oggetto.
Da tali atti l’ordinanza impugnata evince che, nel corso di un servizio di osservazione svolto al fine di prevenire la commissione di furti in abitazione, una pattuglia composta dal AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO che operava in abiti civili e con veicolo con targa di copertura, alle ore 20,40 dell’8.9.2023 intercettava l’autovettura marca “Link & Co” tg. TARGA_VEICOLO, veicolo a noleggio; dopo aver intimato l’alt, il conducente, descritto come un uomo di giovane età e con barba folta, con una brusca manovra di retromarcia si dirigeva verso l’app. COGNOME per indurlo a spostarsi, il quale prontamente si scansava ed esplodeva all’indirizzo della ruota sinistra del veicolo tre colpi di arma da fuoco, per impedirne la fuga, ma il veicolo proseguiva la fuga ed imboccava la via provinciale verso Ponte di Catagnano, inseguito dai militari, fino a quando, poco prima di raggiungere l’abitato di Ponte di Catagnano, il conducente era costretto a scendere ed abbandonare il veicolo. All’arrivo dei RAGIONE_SOCIALE sull’autovettura non c’era più nessuno, ma si udivano dei rumori nella boscaglia adiacente ove i fuggitivi si erano addentrati facendo perdere le loro tracce. Di conseguenza alla fuga venivano predisposti dei posti di controllo nei punti individuati come probabili vie d’uscita rispetto al percorso di fuga intrapreso. Alle successive ore 00,40 del 9.9.2023, in Barga INDIRIZZO, sulla SP7, in corrispondenza dell’intersezione con la 5R445, una
pattuglia dei CC di Fornaci di Barga notava provenire da Castelvecchio Pascoli Una Fiat Panda con a bordo il conducente ed un passeggero occupante il sedile anteriore, i carabinieri gli intimavano l’alt, ma il veicolo proseguiva la marcia a fortissima velocità in direzione Ponte Campia. Ne nasceva un inseguimento fino a quando i due occupanti, vistisi raggiunti, abbandonavano il veicolo e fuggivano a piedi nell’abitato di Ponte a Campia. Si appurava che l’autovettura era di proprietà di tale COGNOME NOME che al momento non era in zona e che verosimilmente era stata sottratta dall’area recintata esterna all’abitazione ove era stata parcheggiata, zona che risultava compatibile con la direzione di fuga dell’autovettura “Link &Co” intercettata dalla PG alle precedenti ore 20,45. Nell’iter investigativo pertanto ragionevolmente si ipotizzava che i fuggitivi fossero anche gli autori del furto della Panda. Le ricerche dei tre andavano deserte. Dai successivi accertamenti emergeva che l’autovettura “Link RAGIONE_SOCIALE” era stata noleggiata da tale NOME COGNOME, residente in provincia di Caserta, le cui utenze cellulari, nei giorni di commissione dei reati in oggetto, non erano Mai state localizzate in provincia di Lucca, si tratta pertanto verosimilmente di un prestanome. Sulle due autovetture in sequestro venivano effettuati rilievi da parte del RAGIONE_SOCIALE al fine di reperire eventuali impronte papillari e/o tracce di natura organica. Nella circostanza venivano effettuati rilievi fotografici e tamponi per il campionamento di eventuali residui di materiale biologico presente sui due veicoli; venivano acquisiti, altresì, dei reperti presenti sull’autovettura “Link e Co”. I ventitré contatti papillari esaltati e rilevati sia sui due veicoli che sugli oggetti repertati venivano inviati al RRAGIONE_SOCIALESRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Roma.
. 14. L’ordinanza impugnata evidenzia che, conclusi gli accertamenti, la Sezione Impronte del RIS di Roma nella relazione conclusiva esponeva che oltre ad essere stata rilevata la presenza dell’impronta del dito pollice del proprietario della Fiat Panda NOME, sono stati identificati una serie di frammenti sull’autovettura “Link & Co” come riconducibili ai seguenti soggetti: COGNOME NOME, l’attuale ricorrente NOME COGNOME, NOME e NOME, tutti soggetti di nazionalità albanese che risultano essere stati fotosegnalati sul territorio nazionale. In particolare, sulla maniglia interna dell’autovettura “Link & Co” veniva rilevata un’impronta digitale corrispondente al dito anteriore della mano sinistra riprodotto sul cartellino fotosegnaletico informatizzato intestato a NOME COGNOME per 26 minuzie utili, numero nettamente superiore a quello di 17 ritenuto necessario dalla giurisprudenza di legittimità per una identificazione pienamente attendibile.
La relazione dei RIS e le foto dei quattro soggetti albanesi ai quali sono riconducibili i frammenti di impronte rilevate sull’autovettura “Link & Co” sono
stati visionati dal AVV_NOTAIO. COGNOME e dall’AVV_NOTAIO, componenti della pattuglia che aveva intimato l’alt all’autovettura “Link & Co” datasi alla fuga dopo aver cercato di investire l’AVV_NOTAIO e ciascuno, in momenti diversi, ha riconosciuto, in termini di assoluta certezza, nella foto di NOME COGNOME il conducente di quell’autovettura.
Le foto presenti sulle schede dei cartellini fotosegnaletici dei tre soggetti albanesi i cui frammenti di impronte sono stati rinvenuti sull’autovettura “Link & Co” sono state visionate anche dai due componenti della pattuglia che aveva intercettato l’autovettura Panda che si assume gli indagati abbiano sottratto per poi continuare la fuga. Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO hanno riconosciuto, distintamente e senza ombra di dubbio, nell’attuale ricorrente il conducente della Fiat Panda TARGA_VEICOLO TARGA_VEICOLO, precisando peraltro che il passeggero seduto sul sedile anteriore invece non era stato ben focalizzato.
Il Collegio considera che tali riconoscimenti non possano in alcun modo ritenersi illegittimi in quanto non contrastano con norme processuali rientrando nell’alveo dell’art. 189 cod. proc. pen. il riconoscimento informale operato dalla Polizia Giudiziaria sulla base anche di una sola fotografia dell’indagato. Con coerenza e rigore logico il tribunale del riesame ha tratteggiato un esauriente quadro indiziario, compresi i riconoscimenti fotografici, attribuendo solido e argomentato valore probatorio all’identificazione dell’autore del reato avvenuta mediante riconoscimento fotografico da parte di ben quattro ufficiali di polizia giudiziaria, che con certezza hanno anche precisato che per la posizione di Conducente rivestita dal ricorrente essi hanno avuto la possibilità di apprezzarne meglio le caratteristiche rispetto agli altri occupanti della vettura o, nel caso della Fiat Panda, al passeggero che sedeva sul sedile anteriore.
La difesa non si confronta con tale dato oggettivo e con la considerazione che: a) l’identificazione non è avvenuta su una sola fotografia; b) sono state esaminate anche le foto degli altri due soggetti le cui impronte sono state rinvenute sull’autovettura; c) oltre ai due riconoscimenti fotografici militano a carico dell’indagato le impronte digitali rinvenute sulla maniglia dell’autovettura.
Quanto al furto della Panda, essendo lo stesso avvenuto in una zona pienamente compatibile con la via di fuga intrapresa dai tre soggetti occupanti la vettura “Link & Co”, il Collegio condivide la deduzione logico probatoria esposta nell’ordinanza impugnata per cui è verosimile che la stessa sia stata sottratta dalle stesse persone e che il conducente si identifichi nell’attuale indagato come sostenuto in termini di assoluta certezza da entrambi gli ufficiali di polizia giudiziaria. Sulla cui credibilità intrinseca – peraltro corroborata
dall’esito degli accertamenti scientifici – la difesa non espone alcuna specifica osservazione critica.
Ritiene pertanto il Collegio che il tribunale del riesame con coerenza rispetto alla giurisprudenza di legittimità e seguendo uno sviluppo logico convincente ed esaustivo abbia correttamente ritenuto che a carico dell’indagato vi sia un quadro indiziario sufficientemente chiaro ed adeguato, sia per il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di polizia e valutato in base ai principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice, sia per l’attendibilità accordata ai quattro operatori di polizia giudiziaria.
Il Collegio, in definitiva, rigetta il ricorso e di conseguenza condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma il 10 settembre 2024
Il Consigliere estensore