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Riconoscimento fotografico incerto: condanna valida?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per spaccio di un imputato, respingendo il ricorso basato sull’incertezza del riconoscimento fotografico effettuato dal testimone. La sentenza stabilisce che il riconoscimento fotografico è una prova atipica la cui validità dipende dalla credibilità complessiva del testimone, anche se l’identificazione in aula non è assoluta. La Corte ha inoltre negato l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto a causa dei precedenti e della reiterazione del reato, confermando anche la misura dell’espulsione per pericolosità sociale.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento fotografico incerto: può portare a una condanna?

Nel processo penale, l’identificazione del colpevole è un momento cruciale. Ma cosa succede se l’unico elemento è un riconoscimento fotografico dubbioso, fatto in aula da un testimone? Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta questo tema delicato, fornendo chiarimenti fondamentali sul valore probatorio di questo atto e sui limiti della sua efficacia. Il caso analizzato riguarda una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti, basata principalmente sulla testimonianza dell’acquirente, la cui identificazione dell’imputato non è stata del tutto certa.

I fatti del caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per spaccio di stupefacenti, reato riqualificato come di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90). La condanna si fondava sulla testimonianza di un acquirente che, durante le indagini preliminari, aveva identificato lo spacciatore tramite un album fotografico. Tuttavia, in fase dibattimentale, lo stesso testimone si era espresso in termini dubitativi. La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’illegittima acquisizione e l’errata valutazione del riconoscimento, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e l’illegittimità della misura di sicurezza dell’espulsione.

L’analisi della Corte sul riconoscimento fotografico

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, offrendo una lezione chiara sul valore del riconoscimento fotografico. I giudici hanno stabilito che questo atto, compiuto durante le indagini, costituisce una “prova atipica”. La sua rilevanza non deriva dalle formalità con cui viene eseguito, ma dall’attendibilità complessiva della deposizione di chi lo compie. Anche se in aula il testimone mostra incertezza, la prova può comunque essere solida se corroborata da altri elementi.

Nel caso specifico, il testimone aveva fornito dettagli precisi: il nome di battesimo dello spacciatore, il luogo e le modalità delle cessioni reiterate nel tempo. Questi elementi, uniti al riconoscimento, seppur dubbioso, sono stati ritenuti sufficienti dai giudici di merito per fondare un giudizio di colpevolezza. La Corte ha precisato che non vi è stato alcun “travisamento della prova”, poiché i giudici non hanno ignorato l’incertezza, ma l’hanno valutata nel contesto di un quadro probatorio più ampio e coerente.

Il rigetto della causa di non punibilità

Un altro punto cruciale del ricorso riguardava la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., ovvero la non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa sosteneva che i modesti quantitativi di droga e le modalità esecutive giustificassero tale beneficio. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, sottolineando che la valutazione non può limitarsi alla singola cessione. Nel caso di specie, sono stati considerati due fattori ostativi:
1. Il comportamento non occasionale: L’imputato aveva effettuato circa 25 cessioni in più mesi, dimostrando una condotta reiterata e non un episodio isolato.
2. I precedenti penali: L’imputato aveva già un precedente specifico per stupefacenti, oltre ad altri reati, indicativi di una personalità non incline al rispetto della legge.

Questi elementi, nel loro complesso, delineano un’offesa non tenue e un comportamento che la legge qualifica come “abituale”, precludendo l’accesso al beneficio.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si articola su tre pilastri. In primo luogo, sul piano probatorio, viene ribadito il principio secondo cui il giudice può liberamente apprezzare una prova atipica come il riconoscimento fotografico, basando la sua decisione sull’intera deposizione testimoniale e su altri elementi di riscontro. La certezza assoluta non è un requisito indispensabile se la ricostruzione dei fatti è logica e coerente.

In secondo luogo, riguardo alla tenuità del fatto, la Corte chiarisce la distinzione tra i criteri per la lieve entità dello spaccio (art. 73, comma 5) e quelli per l’art. 131-bis c.p. Mentre i primi si concentrano sulla condotta oggettiva (quantità, qualità della sostanza), i secondi richiedono un’analisi complessiva della personalità del reo e del suo comportamento, che non deve essere abituale.

Infine, per quanto concerne la misura di sicurezza dell’espulsione, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendola giustificata dalla pericolosità sociale dell’imputato, desumibile dai suoi precedenti penali. È stato inoltre sottolineato che spetta all’imputato straniero l’onere di dimostrare la sussistenza di legami familiari o lavorativi stabili sul territorio nazionale che possano ostacolare l’espulsione, prova che in questo caso non è stata fornita.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento in materia di prova penale e valutazione della colpevolezza. Essa conferma che un riconoscimento fotografico, anche se non seguito da una ricognizione formale o da un’identificazione certa in aula, può essere un elemento fondante della condanna se inserito in un quadro probatorio solido e coerente. Inoltre, ribadisce un’interpretazione rigorosa dei requisiti per la non punibilità per tenuità del fatto, escludendola in presenza di condotte reiterate e precedenti penali significativi. Infine, consolida il principio secondo cui la pericolosità sociale, valutata sulla base del percorso criminale di un individuo, può giustificare misure severe come l’espulsione dal territorio nazionale.

Un riconoscimento fotografico incerto fatto in aula è sufficiente per una condanna?
Sì, può essere sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che il riconoscimento fotografico è una prova atipica e la sua validità dipende dalla credibilità complessiva del testimone. Se la deposizione è supportata da altri elementi oggettivi e coerenti (come il nome dell’imputato, la descrizione dei luoghi e delle modalità del reato), l’incertezza espressa in aula non invalida necessariamente la prova.

Quando viene esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di spaccio?
La particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) viene esclusa quando il comportamento del reo è considerato abituale. Secondo la sentenza, la commissione di numerosi episodi di spaccio (in questo caso, 25 cessioni in più mesi) e la presenza di precedenti penali, specialmente per reati della stessa indole, sono elementi che dimostrano un comportamento abituale e precludono l’applicazione del beneficio.

Cosa deve dimostrare uno straniero condannato per evitare la misura di sicurezza dell’espulsione?
Per evitare la misura di sicurezza dell’espulsione, lo straniero condannato ha l’onere di rappresentare e provare l’esistenza di condizioni ostative, come la tutela della propria vita familiare. Deve allegare ragioni fattuali e prove concrete che dimostrino un legame stabile con il territorio nazionale (ad esempio, un lavoro stabile, una famiglia nucleare residente in Italia), tali da superare la presunzione di pericolosità sociale derivante dalla condanna e dai precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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