Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29652 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29652 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Tunisia il 17/08/1983 avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 29/04/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, che ha invocato il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni rassegnate dall’avv. S.R. COGNOME che, riportandosi ai motivi, ne ha chiesto l’accoglimento, con annullamento della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29 aprile 2024 la Corte di appello di Ancona ha confermato quella con cui il Tribunale di Macerata, in composizione monocratica, in data 26 aprile 2023, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 3.600 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato riqualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, dPR 309/90 (contestato al capo 6 di imputazione), disponendo a suo carico la misura di sicurezza dell’espulsione ai sensi dell’art. 86 dPR 309/90.
NOME COGNOME ha proposto, a mezzo del difensore, tempestivo ricorso per l’annullamento della sentenza.
2.1. Col primo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett c) cod.proc.pen., violazione di legge – in relazione agli artt. 500, 514, 26 cod.proc.pen., 73 dPR 309/90- per avere i giudici di merito asseritamente illegittimamente acquisito ed utilizzato ai fini della decisione i verbali di individuazione fotografica effettuata sede di indagini preliminari.
L’affermazione di responsabilità, assume la difesa, è incentrata sull’individuazione fotografica, del test COGNOME, peraltro asseritamente dubitativa e svolta in sede di indagini preliminari; sottopostogli in sede di esame testimoniale lo stesso si sarebbe espresso in termini dubitativi e, all’esito, il pubblico ministero ha prodotto l’album fotografico, utilizzato a fini decisori, nonostante l’assenza di contestazioni, in violazione dell’art. 514 e dell’art. 526 cod.proc.pen..
2.2. Col secondo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett b) ed e) cod.proc.pen., violazione di legge -in relazione agli artt. 189, 192, 194, 500 cod.proc.pen., 73 dPR 309/90- e correlato vizio di motivazione in ordine alla ritenuta idoneità del riconoscimento fotografico incerto ai fini dell’affermazione della penale responsabilità del ricorrente, e travisamento della testimonianza dell’Acciarresi.
Alle censure mosse dalla difesa con l’atto di appello -in ordine alla inidoneità pobatoria del contributo dichiarativo dell’COGNOME, che aveva incontrato lo spacciatore in incontri fugaci, ne aveva operato una descrizione generica; si era espresso in termini dubitativi sulla sua individuazione- la Corte territoriale aveva confermato, illogicamente e contraddittoriamente, la valutazione del Tribunale, incorrendo in travisamento della testimonianza così resa in giudizio -circa il fatto che il cedente la sostanza indossava un berretto, che non era certo di aver fatto
un precedente riconoscimento e non era sicuro si trattasse della persona raffigurata nell’effigie n. 8- senza fare riferimento al fatto che il riconosciment effettuato in sede di indagini era più attendibile e certo, con la conseguenza che, anche a voler ritenere il testimone credibile, comunque le sue dichiarazioni non sarebbero sufficienti ai fini dell’affermazione di colpevolezza.
2.3. Col terzo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett b) ed e) cod.proc.pen., violazione di legge – in relazione agli artt. 131-bis, 612 e 660 cod.pen.- e correlato vizio di motivazione, asseritamente omessa e manifestamente illogica, in relazione alla esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, non ritenuta dalla Corte di appello nonostante l’unicità dell’acquirente, i modesti quantitativi e le banali modalità esecutive -circostanze dalle quali inferire secondo la tesi difensiva la particolare tenuità dell’offesa al bene giuridico tutelato-, considerazione del precedente penale -invero unico per reati in materia di stupefacenti- e della reiterazione della condotta, dalla Corte territoriale confusa con l’abitualità, essa sì causa di legittima negatoria del beneficio invocato, ma, nel caso concreto, non configurabile.
La motivazione resa dalla Corte territoriale, risolvendosi in formule di stile, risult apparente e dunque omessa.
2.4. Col quarto motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett b) ed e) cod.proc.pen., violazione di legge – in relazione alla disposta misura dell’espulsione- e correlato vizio di motivazione, asseritamente omessa, illogica o contraddittoria sul punto. La Corte di appello avrebbe errato nel confermare la sentenza del Tribunale anche
in parte qua.
La motivazione resa – «L’imputato è socialmente pericoloso come desumibile dal fatto che annovera precedenti penali e soprattutto per stupefacenti, di contro, non risultando che la sua presenza sul territorio nazionale sia stanziale per l’esercizio di attività lavorativa o perché vi sia creata una famiglia nucleare, per cui se ne deduce che il suo permanere sul territorio nazionale non abbia altro scopo che delinquere per sostentarsi » è fondata su clausole di stile, disancorata da un effettivo esame della pericolosità sociale del soggetto e non può ritenersi né congrua né logica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
I motivi primo e secondo, inerenti al riconoscimento fotografico, alla sua ritenuta attendibilità ed efficacia probatoria, ed al denunciato relativo travisamento della prova, possono essere trattati congiuntamente.
Osserva, innanzi tutto, il Collegio che la prova della responsabilità del ricorrente per il reato contestato al capo 6) è stata ritenuta non già in forza della contestata -dalla difesa- acquisizione e valorizzazione del verbale di individuazione fotografica, bensì sulla base di convergenti altri elementi probatori, costituiti dall dichiarazioni rese dal testimone, acquirente dello stupefacente, e dal riconoscimento dallo stesso effettuato in sede dibattimentale sulla scorta della esibizione -si ribadisce non del verbale di identificazione redatto in fase di indagini, ma- esclusivamente, del fascicolo fotografico ove, nell’effigie indicata con il n. 8, il teste individuava l’odierno ricorrente, sia pure non con certezza assoluta, e ne descriveva le condotte di reiterata cessione dal gennaio al maggio 2018, indicava il luogo ove le stesse avvenivano, e, precisamente, il nome dello spacciatore, NOMECOGNOME Si tratta di testimonianza proveniente da soggetto che già il Tribunale aveva ritenuto credibile, e la cui versione dei fatti era stata ritenuta coerente e logica, sicchè, in assenza di argomento alcuno che potesse metterne in crisi la presunzione di attendibilità e veridicità della testimonianza, anche la resa individuazione fotografica era stata valutata pienamente attendibile dal primo giudice, e, come tale, confermata dalla Corte territoriale.
1.1. Tanto premesso intende il Collegio ribadire il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui il riconoscimento fotografico effettuato in sede di indagini costituisce una prova atipica, la cui rilevanza dipende dall’attendibilità accordata alla deposizione di chi l’ha compiuto, nella specie doppiamente positivamente attestata (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 17103 del 31/10/2018 Ud. (dep. 18/04/2019 ) Rv. 275548 – 01), poichè, in base al principio di non tassatività dei mezzi di prova, si è al cospetto di un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice.
L’individuazione fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso delle indagini preliminari, costituisce infatti una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicchè la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale.
E ove, come nel caso in esame, all’individuazione fotografica effettuata in fase di indagini preliminari abbia fatto seguito, in fase dibattimentale, la ricognizione fotografica dell’imputato in termini di non assoluta certezza, la prova dell’identificazione del predetto può raggiungersi anche mediante la verifica dell’esistenza di dati obiettivi, quali quelli nella specie riferiti dal testimone, a dare giustificazione del mancato preciso ricordo e, dunque, della mancata assoluta certezza (si allude alla circostanza del berretto indossato dallo spacciatore), avendo lo stesso al contempo fornito precise indicazioni -peraltro in linea con il
complessivo acquisito compendio probatorio- sul nome di battesimo e sulle circostanze della azione dedotta in imputazione.
1.2. I giudici di merito, con doppia e conforme decisione, hanno individuato, come in precedenza annotato, una pluralità di indici idonei a comprovare l’identificazione dell’imputato quale soggetto cedente lo stupefacente all’RAGIONE_SOCIALE, ed il tutto con motivazione priva di vizi di manifesta illogicità, nei cui confronti il motivo di ricor oppone argomenti che non si confrontano adeguatamente con il provvedimento impugnato, e, in quanto fattuali, sono insuscettibili di sindacato in sede di legittimità.
In ogni caso, non spetta a questa Corte «rivalutare» il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01).
Che è, esattamente, quanto sostanzialmente invocato dal ricorrente, il quale nell’allegare la sola mancata assoluta certezza del riconoscimento fotografico effettuato in udienza dal testimone, indulge proprio sul significato della prova così assunta come ritenuto dai giudici di merito, proponendone una diversa lettura, opzione in questa sede inammissibile.
1.4. Deve, inoltre, riaffermarsi la correttezza della disposta acquisizione dell’album utilizzato per il riconoscimento fotografico, legittima, ai sensi dell’art. 512 co proc. pen. (anche eventualmente unitamente al verbale di riconoscimento effettuato nel corso delle indagini preliminari nel caso in esame non disposta), in quanto, trattandosi di prova atipica, pienamente utilizzabile ed idonea a fondare l’affermazione di penale responsabilità, risultava funzionale all’esigenza di porre il giudicante in grado di apprezzare compiutamente l’affidabilità del risultato probatorio, verificando il numero e la qualità delle fotografie sottoposte al dichiarante e le caratteristiche fisionomiche sia della persona riconosciuta che delle altre (in termini, da ultimo, Sez. 5, Sentenza n. 70 del 13/11/2020 Ud. (dep. 04/01/2021 ) Rv. 280399 – 01).
Infondato è, anche, il terzo motivo, con cui si contesta il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod.proc.pen..
2.1. La questione, posta all’attenzione della Corte territoriale con specifico motivo di appello -che chiedeva valorizzarsi il dato ponderale della singole cessioni, la non abitualità del comportamento, la regolare attività lavorativa e i solidi riferiment familiari dell’odierno ricorrente- è stata dalla stessa decisa, in senso sfavorevole all’odierno ricorrente, atteso il precedente specifico, del 3 giugno 2018, e la circostanza della cessioni -25- reiterate per più mesi e per più volte al mese, con conseguimento di un profitto non trascurabile, dunque con motivazione attinente sia alla dimensione oggettiva della condotta sub iudice ed alla significatività dell’offesa al bene giuridico tutelato, sia a quella soggettiva, derivante dal profil dei precedenti di cui il ricorrente è latore.
2.2. Ritiene il Collegio di riaffermare i principi già oggetto di consolidat orientamento di questa Corte, nel solco della traccia segnata dal disposto normativo.
Dei criteri sui quali il giudice si deve basare per decidere in merito alla concessione, o meno, della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen., entrambi da considerarsi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod.pen., con considerazioni legate quindi non solo all’aspetto soggettivo-psicologico del reo, ma anche alla natura, specie, mezzi, oggetto, e ogni altra modalità dell’azione, il primo -l’esiguità del danno o del pericolo- postula un giudizio da compiersi prevalentemente su dati di carattere obiettivo, senza escludere tuttavia la necessità che la valutazione della particolare tenuità del fatto sia espressione di una complessiva indagine sulla personalità del colpevole, il secondo -la non abitualità del comportamento- comporta che la commissione di almeno altri due illeciti ulteriori rispetto a quello per cui si procede, può inibire la concessione del
causa di non punibilità. In tal senso la pronuncia di questa Corte, nel suo massimo consesso, Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016 Ud. (dep. 06/04/2016) Rv. 266591 – 01, secondo cui «Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati dell stessa indole, anche se tenui- ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis cod. pen.)».
Certamente non rileva, a sostanziare automaticamente la sussistenza della invocata causa di non punibilità, la qualificazione del fatto a mente dell’art. 73, comma 5, dPR 309/90, poiché la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima, il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono invece essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo, nonché il carattere non abituale della condotta (ex multis Sez. 3, Sentenza n. 18155 del 16/04/2021 Ud. (dep. 11/05/2021 ) Rv. 281572 – 01).
2.3. Ciò che la difesa, sin dal grado di appello ha dedotto a sostegno della propria lagnanza, in questa sede reiterata, sono, invece, proprio, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa.
Correttamente i giudici di merito hanno invero valorizzato, in senso contrario, insieme con le dedotte modalità della condotta, il grado di colpevolezza dalle stesse ricavabile, l’entità del danno o del pericolo derivatone, e il carattere non abituale della condotta, desunto, quest’ultimo, dall’unico precedente specifico, del 2018, e dai tre da cui risulta complessivamente gravato, relativi ai reati di cui all’art. 13, comma 13, d.lgs. 286/1998, all’art. 495 cod.pen., e all’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998 (cfr. sentenza del Tribunale alle pagg. 16 e 18), oltre che dalle due sospensioni condizionali della pena delle quali ha beneficiato senza che ne derivasse il connaturale effetto di prevenzione generale e speciale.
2.4. Si tratta di circostanze, l’ultima in particolare, che rendono palese come il motivo di ricorso, non confrontandosi con la motivazione resa, sia, ancor prima che infondato, inammissibile.
Infondato, oltre che, ancor prima inammissibile, è anche il quarto motivo di ricorso.
La Corte territoriale ha rigettato il gravame in parte qua affermando la pericolosità dell’odierno ricorrente in quanto desumibile dai precedenti penali di cui è latore uno specifico, e non risultando, di contro, che la sua presenza sul territorio nazionale fosse stanziale per l’esercizio di attività lavorativa o per legami familiari traendone logicamente la conclusione che il suo permanere sul territorio nazionale non avesse altro scopo che delinquere, anche per sostentarsi.
Si tratta di conferma della necessità dell’applicazione della misura di sicurezza della espulsione dallo Stato già ampiamente motivata dal tribunale sulla scorta dei precedenti di cui sopra già si è data contezza, e dell’assenza di legami personali e/o familiari significativi atti a render ragione della sua permanenza sul territorio italiano.
A fronte di tanto il motivo di ricorso risulta meramente contestativo, e, in quanto non si pone in concreto contraddittorio con la motivazione resa dalla Corte territoriale, né adduce motivi di contrasto concreto rispetto alle allegazioni motivazionali della Corte di merito, risulta innanzitutto inammissibile per genericità, sia intrinseca che estrinseca, comunque infondato, essendo la decisione dei giudici di merito corretta in diritto e motivata con argomentazioni non manifestamente illogiche.
3.1. Rammenta il Collegio che, per giurisprudenza costante di questa Corte «n tema di misura di sicurezza personali, l’imputato straniero ha l’onere di rappresentare le eventuali condizioni, non risultanti dagli atti, ostative all’espulsione dal territorio dello Stato, connesse alla tutela della propria vit familiare, allegando le ragioni fattuali e le prove delle relative circostanze, sicché la generica doglianza avverso la statuizione che dispone l’anzidetta misura, priva dell’allegazione di elementi di valutazione utili a tal fine, rende inammissibile i ricorso per cassazione » (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 31021 del 15/03/2023 Cc. (dep. 18/07/2023 ) Rv. 285755 – 01).
Ne consegue il rigetto del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27 marzo 2025
La Consigliera est.
Il Presidente