Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23202 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23202 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: BELMONTE NOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a VENEZIA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 17/03/2025 del Tribunale di Genova Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso. udito il difensore, AVV_NOTAIO, sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia del ricorrente, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, del 17.3.2025, il Tribunale di Genova, decidendo quale giudice di appello ex art. 310 c.p.p., in accoglimento dell’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento con cui il G.i.p., investito di nuova richiesta di applicazione della misura in carcere, l’aveva rigettata sotto profilo della carenza della gravità indiziaria, ha applicato nei confronti di COGNOME NOME, in ordine al reato di cui agli artt. 110-624, 625 nn. 2, 4, 5 e 6 cod. pen., provvisoriamente ascrittogli, la misura cautelare della custodia in carcere.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto che l’appello del P.m. fosse fondato perché í dubbi sull’identificazione dell’indagato quale coautore della condotta delittuosa debbono ritenersi superati alla luce della sua identificazione, in termini certezza, operata dal maresciallo COGNOME a seguito della visione integrale dei video estrapolati dal sistema di videosorveglianza, che riprendono il conducente dell’autovettura, cui si saldano coerentemente gli ulteriori elementi acquisiti.
2.Avverso la suindicata ordinanza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo articolato, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att, cod, proc. pen., l’err applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 125, comma 3, 192, comma 2, 546, comma 1 lett. e), e 292 del codice di rito, nonché la carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui si riconosce l’impossibilità di visionare integralmente il volto del sogget ripreso nei video del 15 novembre 2023 e del 16/11/2023, ma, allo stesso tempo, si ritiene vi siano elementi sufficienti per affermare che lo stesso sia COGNOME NOME, Il Tribunale, nonostante la correttezza delle premesse in diritto da cui parte, che coincidono peraltro con quelle poste a base del rigetto dal G.i.p. – che aveva citato il medesimo orientamento giurisprudenziale secondo cui il riconoscimento fotografico da parte dell’operante di Polizia giudiziaria deve essere valorizzato da caratteristiche fisionomiche dell’indagato che, sebbene non strettamente individualizzanti, consentano la sua individuazione proprio sulla scorta della pregressa conoscenza da parte dell’operante medesimo – giunge ad una conclusione opposta sulla base di un’erronea, insufficiente ed illogica valutazione. Il giudice della cautela, pur non essendo stato in grado di riconoscere il ricorrente, ritiene di affidarsi unicamente al riconoscimento dell’operante di P.G. in quanto dalla visione dei video sarebbe possibile apprezzare parte dei tratti del volto nonché l’andatura, senza spiegare sulla base di quali elementi l’orante di P.G. avrebbe identificato l’odierno indagato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si deduce, altresì, la carenza di motivazione anche in ordine agli altri elementi probatori posti dal Tribunale a riscontro della validità del riconoscimento. Così, innanzitutto, con riferimento alla felpa blu ‘Ralph Loren’, nulla dice il Tribunale p superare i dubbi nutriti anche al riguardo dal G.I.P., il quale aveva osservato che, pur ammettendo che la felpa blu rinvenuta presso l’abitazione dell’indagato abbia avuto originariamente dei lacci, tale elemento non è comunque sufficiente a corroborare la ricognizione fotografica, sia per l’ampia diffusione delle felpe d colore blu marca ‘Ralph Loren’, sia perché se può anche sostenersi che la felpa sequestrata avesse in origine i lacci, non si sa di quale colore, non emergendo dagli
atti che il modello indossato abbia necessariamente i lacci chiari come quelli del video. Al ragionamento del G.i.p. si può aggiungere la circostanza che dalla visione dei filmati non appare chiaro, oltre ogni dubbio, quale sia la tonalità della felpa co cappuccio a marchio Ralph Loren indossata dal soggetto ripreso, laddove basta consultare il sito Internet del marchio per comprendere l’alta varietà di sfumature di colore offerta per ogni singolo capo d’abbigliamento.
Quanto poi ai contatti telefonici tra il cellulare di NOME e quello COGNOME NOME, moglie dell’indagato, il Tribunale del riesame non si confronta con circostanze allo stesso già note. La ricostruzione che il giudice prende dalla tesi accusatoria, comunque meramente presuntiva, non tiene conto del fatto che NOME è la sorella di NOME, compagno di COGNOME NOME ovvero figlia di COGNOME NOME. Non deve apparire strano, quindi, che NOME chiami per telefono COGNOME NOME ovvero la moglie dell’indagato. In ogni caso in sede di perquisizione domiciliare tale utenza non venne trovata nella disponibilità del ricorrente.
Quindi si conclude per la sussistenza degli indicati vizi di motivazione nella misura in cui si ritengono sussistenti gravi indizi di colpevolezza solamente per la presenza di elementi che collegano l’indagato ai soggetti che hanno partecipato al furto, piuttosto che al furto in sé.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – in presenza di richiesta di trattazione orale, con l’intervento de parti che hanno così concluso:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è, nel suo complesso, infondato.
Innanzitutto, come ha già avuto modo di affermare costantemente questa Corte, il riconoscimento dell’indagato nel soggetto ritratto nei fotogrammi estratti dalla registrazione effettuata dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo dì consumazione del delitto, operato da parte del personale di polizia giudiziaria che vanti pregressa personale conoscenza dello stesso, ha, ai fini cautelari, valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione è rimessa al giudice
procedente (tra tante, Sez. 1, Sentenza n. 41153 del 11/10/2024, Rv. 287145 -01; Sez. 2, Sentenza n. 45655 del 16/10/2014, Rv. 260791 – 01).
Sicché ove tale valutazione sia stata, dal giudice di merito, supportata – come nel caso di specie – da adeguata e congrua motivazione riguardo alle ragioni dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dall’operante di P.G. che ha proceduto a riconoscimento, essa non è sindacabile da parte di questa Corte, rimanendo soggetto il relativo scrutinio, nella presente sede, ai limiti propri del giudizi legittimità. Ammessa la valenza probatoria del riconoscimento su base percettiva, deve, infatti, conseguentemente escludersi la possibilità di rivisitare in sede d legittimità una valutazione che resta evidentemente confinata nel perimetro del merito (Sez. 2, n. 45655 del 6 16/10/2014, COGNOME, Rv. 260791; Sez. 2, n. 15308 del 07/04/2010, COGNOME, Rv. 246925).
Nella fattispecie si è visto come la valutazione effettuata dall’operante di polizi giudiziaria sia stata vagliata autonomamente dal Tribunale che ha evidenziato come il riconoscimento fosse stato effettuato sulla base non già di mere fotografie, bensì di plurime video-immagini di buona qualità, che, avendo accompagnato il tragitto dei correi, avevano consentito di apprezzare anche l’andatura, la camminata e la postura, oltre che i particolari del volto del soggetto in questione, sia pur parzialmente occultato dal cappuccio calzato in testa; e come il riconoscimento abbia ricevuto conforto dalla verifica della corrispondenza fra la particolare maglietta marca Ralph Loren – comunque non di uso comune, non trattandosi di marchio avente una diffusione capillare sul territorio – indossata dal conducente dell’autovettura adoperata dagli autori del furto – identificato dal verbalizzan senza ombra di dubbio nel ricorrente – e la maglietta di identico marchio, modello e cappuccio, ed analogo colore blu, rinvenuta presso l’abitazione dello stesso, che si differenziava dall’altra per un solo aspetto (pur presentando i buchi per il passaggio dei lacci alla base del cappuccio, a differenza di quella indossata dal soggetto ritratto, non presentava – più i lacci alla base del cappuccio).
Nella sostanza, sotto altro profilo, la difesa ha di fatto sollecitato un sindaca sul merito della valutazione effettuata nella decisione impugnata, invocando una rilettura deì gravi elementi indiziari posti a fondamento della decisione impugnata. Il ricorrente, pur richiamando formalmente vizi riconducibili alle categorie del vizi di motivazione, in realtà, con le censure proposte, non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata, ponendosi inammissibilmente in confronto diretto con il materiale probatorio: infatti, secondo il diritto vivente, è preclusa alla Corte di cassazione «la possibilità di una nuov valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal
giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di
rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova» (così, di recente, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v.
Sez. 5, n. 8188 del 4/12/2017, dei:), 2018, Grancini, Rv, 272406; Sez. 4, n. 1219
del 14/09/2017, dep. 2018, Colomberotto, Rv. 271702; Sez. 6, n. 27784 del
05/04/2017, COGNOME, Rv. 270398, in motivazione; Sez. 6, n. 47204 del
07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Né, potrebbe, infine assumere valore dirimente !a addotta inconsistenza dell’ulteriore elemento di riscontro – meramente aggiuntivo rispetto all’univoco
quadro indiziano delineato nel provvedimento impugnato – consistente nell’utilizzo del telefono cellulare risultato intestato a persona che, secondo la prospettazione
difensiva, avrebbe comunque avuto motivo di avere contatti telefonici con la moglie del ricorrente in ragione dei rapporti indicati in ricorso (rimasti, allo stato, pera
affidati alla deduzione difensiva).
Sicché il ricorso è, come detto, nel suo complesso infondato, avendo, in definitiva, addotto vizi insussistenti.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.
Seguono, per la Cancelleria, gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. Cod. Proc. Pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti dì cui all’art. 28 Reg. Esec. Cod. Proc. Pen.
Così deciso il 16/5/2025.