Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10870 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10870 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 298/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nata in Romania il 05/04/1967
avverso la sentenza del 05/04/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 05/04/2024 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 14/01/2015, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di rapina aggravata.
L’imputata, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. Osserva che la sentenza di condanna, confermata in secondo grado, si fonda unicamente sul riconoscimento postumo operato dalle persone offese, che presenta plurime criticità; che, invero, la descrizione fornita dalle persone offese prima del riconoscimento di persona, avvenuto a distanza di ben due mesi dai fatti, Ł stata assai scarna e carente, tenuto conto che non contiene nessun riferimento in ordine alla cicatrice che la ricorrente ha sulla fronte ed ai denti d’oro che all’epoca dei fatti aveva in bocca; che, inoltre, il riconoscimento in discorso Ł stato effettuato con modalità che risultano fortemente condizionanti la genuinità del risultato, atteso che la NOME veniva mostrata alle persone offese insieme ad altre tre donne aventi caratteristiche somatiche del tutto diverse dalle sue; che, invece, le modalità con cui viene effettuata la ricognizione di persona, disciplinate dagli artt. 213 e 214 cod. proc. pen., dovrebbero essere osservate in maniera scrupolosa, per evitare che il soggetto che deve effettuarla possa essere indotto in errore; che, dunque, le persone messe in fila devono essere abbastanza
omogenee al presunto colpevole in relazione all’altezza, al peso all’età ed al vestiario; che, nel caso di specie, nulla di tutto ciò Ł avvenuto; che, peraltro, una delle due persone offese, NOME COGNOME ha riferito di aver visto la COGNOME su un sito internet e di aver successivamente chiesto chiarimenti ad un collega gioielliere che aveva subìto in un paese vicino una rapina con modalità analoghe; che allora il riconoscimento effettuato dalla COGNOME Ł stato fortemente influenzato dalle informazioni ricevute dall’altro gioielliere e dalle ricerche svolte in internet. Sottolinea, inoltre, il difensore che altri elementi versati in atti sconfesserebbero l’esito positivo della ricognizione di persona, segnatamente, le risultanze dei tabulati telefonici e gli esiti delle indagini relative alle celle agganciate dal cellulare della NOME il giorno della rapina: emerge, invero, che il telefono della ricorrente non ha agganciato le celle che coprono il territorio di Pignataro Maggiore, luogo della rapina per cui si procede e che, invece, ha prodotto traffico telefonico nell’area di Castelvolturno.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 213 e 214 cod. proc. pen. Evidenzia che il riconoscimento operato dalla persona offesa in data 03/04/2013 Ł avvenuto in condizioni che hanno certamente alterato il ricordo e l’attendibilità della stessa; che, inoltre, nel verbale di riconoscimento, non sono stati menzionati gli adempimenti prescritti ai commi 1 e 2 dell’art. 213 cod. proc. pen., la cui assenza rende nullo l’atto; che, con riferimento alla mancata previsione della presenza del difensore al riconoscimento personale, va sollevata questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in quanto priva il soggetto che sia già iscritto nel registro degli indagati, come avvenuto nel caso di specie, dell’indefettibile assistenza legale.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, con riferimento al contributo causale apportato dall’imputata. Rileva che la Corte territoriale non ha valutato una serie di circostanze che rendono la condotta attribuita alla Zih del tutto avulsa e neutra rispetto alla rapina perpetrata; che, invero, dalle dichiarazioni delle persone offese emerge che il collegamento tra la ricorrente ed i rapinatori sarebbe solo di tipo temporale, in quanto, dopo la frase pronunciata in lingua straniera, sarebbero entrati i rapinatori e la NOME si sarebbe immediatamente allontanata a piedi, per cui non Ł stata provata la sua reale e concreta partecipazione alla rapina, nØ che la frase profferita fosse rivolta ai rapinatori.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 62bis , 114 e 133 cod. pen. Osserva che nella commisurazione della pena e nel diniego delle circostanze attenuanti generiche i giudici di secondo grado non hanno considerato nØ lo stato di incensuratezza, nØ le disagiate condizioni economiche in cui versa l’imputata; che, analogamente, non hanno valorizzato il tempo trascorso dai fatti e la condotta di vita complessiva della NOME susseguente al reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. I primi due motivi – che, avendo entrambi ad oggetto il riconoscimento di persona effettuato dalle persone offese, possono essere trattati congiuntamente – sono aspecifici e, in ogni caso, manifestamente infondati.
1.1.1. Invero, gli stessi solo in apparenza si confrontano con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha risposto con motivazione congrua e non affetta da vizi logici alle doglianze difensive relative alla individuazione di persona effettuata dalle persone offese. La Corte territoriale, sulla scorta di quanto aveva già fatto il Tribunale, ha evidenziato come fosse da ritenere attendibile il riconoscimento della NOME, quale concorrente nella rapina, operato dalle persone offese, una delle quali (NOME COGNOME dopo aver riconosciuto in una fotografia pubblicata in rete la odierna ricorrente, si recava presso la polizia giudiziaria per riferire quanto aveva scoperto, procedendo poi
ad una individuazione di persona all’interno della casa circondariale dove l’imputata era detenuta per un’altra rapina; ha specificato, con riferimento alla cicatrice, come la stessa non fosse palesemente visibile e, con riferimento ai denti d’oro, come non fosse verificabile se gli stessi all’epoca dei fatti fossero visibili, tenuto conto che la protesi era mobile (dunque, non Ł dato sapere se l’imputata nell’occasione della rapina la portasse) e che la Zih aprì bocca solo per proferire una breve frase all’indirizzo dei complici; ha, poi, ritenuto non decisiva la circostanza per cui l’apparecchio telefonico dell’imputata non agganciasse le celle che coprono il territorio di Pignataro Maggiore, non potendosi escludere che, nel frangente in cui fu commessa la rapina, non fosse nella disponibilità della ricorrente.
Con tale apparato motivazionale i due motivi di ricorso si misurano solo apparentemente.
Orbene, risulta di chiara evidenza che, se il ricorso si limita, come nel caso oggetto di scrutinio, a riprodurre il motivo di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale Ł previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, Ł di fatto del tutto ignorato.
1.1.2. Rileva, altresì, il Collegio che le doglianze che si stanno esaminando sono manifestamente infondate nella parte in cui sovrappongono l’individuazione di persona – che Ł mezzo di ricerca della prova e che trova la sua naturale sede nel corso delle indagini preliminari – e la ricognizione di persona, mezzo di prova che viene esperita nel corso del dibattimento ed acquisita nel contraddittorio delle parti. Va in proposito rilevato che l’individuazione di persona non deve essere necessariamente preceduta, ai fini della sua validità, dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di un adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona (Sez. 4, n. 7287 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280598 – 02; Sez. 2, n. 9380 del 20/02/2015, Panarese, Rv. 263302 – 01; Sez. 1, n. 47937 del 09/11/2012, Palumbo, Rv. 253885 – 01). Sul punto, Ł sufficiente porre a confronto l’art. 361 cod. proc. pen. – che, quando Ł necessario per la prosecuzione delle indagini, prevede che, senza formalità, il pubblico ministero proceda all’individuazione di persona – con gli artt. 213 e 214 cod. proc. pen., che disciplinano in maniera dettagliata la scansione procedimentale con cui si svolge la ricognizione di persona, tra cui la previa descrizione delle fattezze fisiche della persona oggetto della ricognizione, l’individuazione di persone il piø possibile somiglianti, anche nell’abbigliamento, a quella oggetto del riconoscimento e così via, prevedendo specifiche sanzioni in caso di inosservanza.
Peraltro, «la descrizione fisiognomica Ł cosa diversa dall’identificazione, posto che la prima implica una capacità di definire dei tratti somatici, la cui incertezza può non corrispondere affatto all’incapacità di riconoscerli, una volta che colui che deve compiere la ricognizione si trovi di fronte all’effige del soggetto da riconoscere» (Sez. 4, n. 7287/2020, cit.).
Nel caso di specie, Ł stata effettuata una individuazione di persona all’interno della casa circondariale ove la ricorrente era detenuta per altra causa, di talchŁ non si ravvisa la nullità denunziata dal difensore, che riguarda la violazione delle regole che disciplinano la ricognizione di persona, estranea al caso che si sta scrutinando.
1.1.3. Quanto alla questione di legittimità costituzionale, rileva il Collegio che la stessa oltre ad essere formulata in termini del tutto generici, appare anche manifestamente infondata, atteso che la legge n. 103 del 2017, che ha attuato la direttiva 2013/48/UE, ha inserito l’individuazione di persona tra gli atti garantiti previsti dall’art. 364 cod. proc. pen. che, a pena di nullità (generale a regime intermedio), devono essere effettuati con la presenza del difensore dell’accusato; che l’individuazione di persona che qui occupa, effettuata nel 2013, dunque, prima della novella dell’art. 364 cod. proc. pen., Ł stata svolta secondo le norme allora vigenti, per cui Ł valida a tutti gli effetti alla luce del principio del tempus regit actum .
1.2. Aspecifico Ł anche il terzo motivo, che ancora una volta ignora il percorso logicoargomentativo seguito dalla Corte di merito, laddove ha compiutamente individuato il rilevante contributo causale fornito dalla COGNOME con la sua condotta, che ha consentito l’accesso ai due autori materiali della rapina all’interno della gioielleria.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (cfr., Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945 – 01).
1.3. L’ultimo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Invero, la statuizione in punto di circostanze attenuanti generiche, seppur contratta, Ł giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità – avendo la Corte territoriale confermato il negativo giudizio di personalità effettuato dal giudice di prime cure, in considerazione della pervicacia nel delinquere dimostrata dalla NOME, che Ł stata tratta in arresto a distanza di pochi giorni dalla commissione della rapina per cui si procede per fatti analoghi (pag. 5 della sentenza impugnata, dove Ł testuale il riferimento alla «reiterazione della condotta criminosa») – con la conseguenza che Ł insindacabile in cassazione (cfr., Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693 – 01; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 242419 – 01). Del resto, Ł ormai pacifico il principio affermato da questa Corte secondo cui non Ł necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952/2017, cit.; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 13/03/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME