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Riconoscimento della recidiva: limiti del giudice

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17323/2024, ha annullato una decisione della Corte d’Assise d’Appello per errato riconoscimento della recidiva. Il principio affermato è che, se il giudice di primo grado non ha motivato la sussistenza di tale aggravante, questa non può essere applicata per la prima volta nel giudizio d’appello, specialmente a seguito del solo ricorso dell’imputato. La Corte ha ribadito che la contestazione da parte del pubblico ministero non sostituisce la necessaria statuizione motivata del giudice.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento della Recidiva: la Cassazione Fissa i Paletti per il Giudice d’Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 17323/2024) offre un importante chiarimento sui limiti del riconoscimento della recidiva nel processo penale. Il caso analizzato riguarda la possibilità per un giudice d’appello di applicare tale aggravante quando il giudice di primo grado, pur in presenza di una contestazione del pubblico ministero, non l’aveva né riconosciuta né motivata. La decisione sottolinea il rigore necessario nell’applicazione delle circostanze aggravanti e i confini invalicabili del giudizio di rinvio.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da una condanna per omicidio volontario e porto d’armi. In primo grado, l’imputato era stato condannato all’ergastolo. A seguito di un primo ricorso, la Corte di Cassazione aveva annullato parzialmente la sentenza, rinviando il caso alla Corte d’Assise d’Appello per una nuova valutazione limitatamente a una circostanza aggravante (i motivi abietti).

Nel giudizio di rinvio, la Corte d’Appello ha escluso l’aggravante dei motivi abietti ma, nel ricalcolare la pena (ridotta a 30 anni), ha tenuto conto di un’altra aggravante: la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. I giudici d’appello hanno giustificato questa scelta affermando che la recidiva era stata “contestata e mai esclusa” dal primo giudice. Contro questa decisione, l’imputato ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice del rinvio avesse superato i limiti del suo mandato (devolutum).

I Limiti al Riconoscimento della Recidiva in Appello

Il cuore del problema legale risiede in una domanda fondamentale: può un’aggravante, semplicemente contestata dall’accusa ma mai formalmente riconosciuta con una motivazione dal giudice di primo grado, essere “riscoperta” e applicata per la prima volta in appello, per di più a seguito del solo ricorso dell’imputato?

Secondo la difesa, la risposta è negativa. Il giudice di primo grado non aveva mai menzionato la recidiva nella sua motivazione, né per riconoscerla né per escluderla. Tale “silenzio” equivale a un mancato riconoscimento. Poiché il pubblico ministero non aveva impugnato questo punto, la questione doveva considerarsi chiusa. Applicarla nel giudizio di rinvio, secondo il ricorrente, costituiva una violazione del divieto di reformatio in peius (il divieto di peggiorare la condizione dell’imputato in assenza di un’impugnazione dell’accusa).

L’Obbligo di Motivazione Specifica

La Cassazione ha dato pieno accoglimento al ricorso, richiamando consolidati principi giurisprudenziali, anche delle Sezioni Unite. La Corte ha ribadito che il riconoscimento della recidiva non è un automatismo derivante dalla semplice contestazione dell’accusa. Al contrario, richiede una valutazione discrezionale e motivata da parte del giudice.

Il giudice deve esaminare specificamente, sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, se i precedenti penali dell’imputato siano effettivamente indicativi di una sua maggiore pericolosità sociale e di una “perdurante inclinazione al delitto”. Una motivazione in tal senso è un obbligo, e la sua assenza non può essere colmata nei gradi successivi del giudizio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che l’avvenuta contestazione da parte del pubblico ministero “non consolida alcunché”. È solo il punto di partenza che impone al giudice di decidere. Se il giudice omette di pronunciarsi, questa omissione non può essere interpretata come un riconoscimento implicito. Nel caso di specie, mancando qualsiasi riferimento, anche indiretto, alla recidiva nella sentenza di primo grado, si deve concludere che essa non sia stata riconosciuta.

Di conseguenza, il giudice d’appello non aveva il potere di riesaminare un punto non devoluto e ormai definito. Il suo compito, nel giudizio di rinvio, era circoscritto al solo aspetto indicato dalla Cassazione (i motivi abietti) e alla conseguente rideterminazione della pena. Introdurre ex novo l’aggravante della recidiva ha significato travalicare questi limiti.

Le Conclusioni

La sentenza è stata quindi annullata limitatamente al punto sul riconoscimento della recidiva. La Corte ha disposto un nuovo rinvio a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catania, che dovrà ricalcolare la pena escludendo definitivamente l’aumento per la recidiva.

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del diritto processuale penale: le statuizioni del giudice devono essere sempre motivate, soprattutto quando incidono sulla libertà personale dell’imputato. Un’aggravante non può essere considerata “latente” nel processo, pronta a riemergere a sfavore dell’imputato in una fase successiva, ma deve essere oggetto di una valutazione espressa e ponderata sin dal primo grado di giudizio.

Un giudice d’appello può applicare l’aggravante della recidiva se il giudice di primo grado non l’ha mai menzionata?
No. Secondo la Cassazione, se il giudice di primo grado omette qualsiasi motivazione sulla recidiva (non la riconosce né la esclude), essa si intende non riconosciuta. Pertanto, il giudice d’appello non può applicarla per la prima volta, specialmente se l’unico a impugnare la sentenza è l’imputato.

La sola contestazione della recidiva da parte del pubblico ministero è sufficiente a considerarla applicabile?
No. La contestazione da parte dell’accusa è un presupposto necessario, ma non sufficiente. È indispensabile una decisione motivata del giudice che valuti se i precedenti penali indichino una reale e attuale pericolosità sociale. L’atto di accusa non sostituisce la decisione del giudice.

Cosa succede se una sentenza viene annullata per errato riconoscimento della recidiva?
La Corte di Cassazione annulla la sentenza limitatamente a quel punto e rinvia il caso a un altro giudice di pari grado. Questo giudice dovrà procedere a una nuova determinazione della pena, senza tener conto dell’aumento derivante dalla recidiva illegittimamente applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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