Riconoscimento della Continuazione tra Reati: L’Arresto Interrompe il Disegno Criminoso
Il riconoscimento della continuazione è un istituto fondamentale del diritto penale che consente di mitigare la pena quando più reati sono frutto di un’unica programmazione. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione attenta dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come un arresto, intervenuto tra la commissione di più reati, possa essere considerato un elemento decisivo per escludere l’unicità del disegno criminoso e, di conseguenza, negare questo beneficio. Analizziamo insieme la vicenda.
Il Caso: La Richiesta di Continuazione tra Reati
Un soggetto, già condannato per una serie di reati, presentava ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello di Firenze. Quest’ultima aveva negato la possibilità di unificare le pene relative a diversi reati della stessa natura, giudicati separatamente, sotto il vincolo della continuazione. L’imputato sosteneva che tutte le sue azioni criminose derivassero da un’unica e originaria deliberazione, chiedendo quindi un trattamento sanzionatorio più mite.
L’Arresto come Spartiacque: L’Analisi della Corte d’Appello
La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su due elementi principali. In primo luogo, un considerevole lasso di tempo era trascorso tra i primi e i secondi fatti delittuosi. L’elemento più significativo, però, era l’arresto subito dall’imputato per i primi reati. Secondo i giudici di merito, questo evento aveva interrotto la presunta continuità del piano criminoso. L’arresto, infatti, avrebbe costretto l’individuo a una “nuova e autonoma volizione” per commettere i reati successivi, i quali presentavano anche modalità, luoghi di esecuzione e contatti diversi (fornitori e clienti).
Il Riconoscimento della Continuazione secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e volto a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. Gli Ermellini hanno pienamente condiviso la logica della Corte d’Appello, definendola “non illogica”. La Cassazione ha ribadito che l’arresto intervenuto tra le diverse condotte criminose è un fattore cruciale che può legittimamente essere interpretato come una cesura del disegno criminoso unitario. Di conseguenza, il riconoscimento della continuazione non poteva essere concesso.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sul principio che la continuazione richiede un’unica deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi delittuosi. L’arresto, essendo un evento traumatico e coercitivo, spezza questa continuità psicologica e programmatica. Qualsiasi reato commesso dopo la carcerazione non può essere facilmente ricondotto al piano originario, ma deve essere visto come il risultato di una scelta nuova e indipendente, maturata in un contesto completamente diverso. La Corte ha quindi ritenuto che non fosse possibile ricondurre tutti i fatti a “un’originaria e unitaria deliberazione”. Per questi motivi, il ricorso è stato giudicato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: ai fini del riconoscimento della continuazione, non è sufficiente che i reati siano della stessa natura. È necessario dimostrare che essi siano stati concepiti e programmati all’interno di un unico progetto. Un evento esterno significativo come un arresto può essere considerato dalla giurisprudenza come una prova forte della rottura di tale progetto, rendendo molto difficile per la difesa sostenere l’esistenza di un’unica deliberazione criminosa. Chi intende richiedere questo beneficio deve quindi considerare attentamente tutti gli elementi che possono interrompere o indebolire la continuità del proprio piano illecito.
Quando può essere negato il riconoscimento della continuazione tra reati?
Può essere negato quando elementi fattuali, come un notevole lasso di tempo o un arresto intervenuto tra la commissione dei reati, interrompono l’unicità del disegno criminoso iniziale.
Perché un arresto può interrompere la continuazione tra reati?
Perché è considerato un evento che spezza la continuità della deliberazione criminosa, imponendo al soggetto una nuova e autonoma decisione di delinquere, non più riconducibile al piano originario.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta il rigetto del ricorso senza un esame nel merito, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3571 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3571 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NICOSIA il 22/08/1958
avverso la sentenza del 24/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è generico e comunque volto a sollecitare un diverso apprezzamento di merito in ordine al riconoscimento della continuazione con reati della stessa natura, separatamente giudicati, a fronte di quanto non illogicamente ritenuto dalla Corte, che ha valorizzato il lasso di tempo intercorso e soprattutto l’intervenuto arresto per i primi fatti, tale da imporre, se del caso una diversa autonoma volizione, quanto a modalità e luoghi delle cessioni, contatti con fornitori e clienti, così da non consentire di ricondurre tutti i fatti un’originaria e unitaria deliberazione;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024
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