Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25399 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25399 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
Composta da
– Presidente –
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Reggio Calabria il 07/07/1976 avverso l’ordinanza del 16/01/2025 della Corte d’appello di Reggio Calabria; esaminati gli atti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo con la quale il Giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso le indicazioni della giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, attestato dalla comune motivazione della spinta criminale e dalla identità dei correi;
ritenuto che il ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto generico e non correlato con la motivazione posta a fondamento del provvedimento di diniego;
ribadito, invero, il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonchØ la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sØ soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01). Da quest’ultima non si può prescindere, giacchØ la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella iniziale previsione della ricorrenza di piø azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo della volontà, nell’elaborazione di un programma di massima, ancorchØ richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, COGNOME, Rv. 264294-01);
rilevato che il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo di detti principi, ponendo in risalto che Ł di ostacolo a una decisione favorevole l’intervallo temporale in cui si collocano le condotte (la prima riguardante il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, commesso
da giugno 2013 a febbraio 2015, la seconda concernente il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, commesso da giugno ad agosto 2017 e, dunque, successivamente all’accertata operatività del ricorrente nel sodalizio), nonchØ la diversa tipologia di droga oggetto delle condanne, argomentando – con motivazione non manifestamente illogica – l’assenza di elementi obiettivi, rinvenibili dalle motivazioni delle sentenze di condanna ovvero allegati dalla difesa, sulla scorta dei quali inferire l’unitaria anticipata deliberazione;
ritenuto che tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui «caso di reati commessi adistanzatemporalel’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomenjuris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza dellacontinuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, COGNOME, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, COGNOME Rv. 242537);
ritenuto dunque che, a cospetto di tali argomentazioni logiche e plausibili, con cui il ricorrente non si confronta in modo adeguatamente specifico, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME