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Riconoscimento della continuazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati. La decisione si fonda sul notevole lasso di tempo intercorso tra i due illeciti, un fattore che, secondo la Corte, fa presumere l’assenza di un unico disegno criminoso originario, requisito indispensabile per l’applicazione di tale istituto.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento della Continuazione: La Cassazione Sottolinea l’Importanza del Fattore Tempo

L’istituto della continuazione nel diritto penale rappresenta un importante strumento per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più reati sono frutto di un’unica programmazione. Tuttavia, ottenere il riconoscimento della continuazione non è automatico e richiede una rigorosa verifica di specifici requisiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come il fattore temporale possa diventare un ostacolo insormontabile, ribadendo principi giurisprudenziali consolidati.

I Fatti del Caso: Due Reati Distanti nel Tempo

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato avverso la decisione di un Giudice dell’esecuzione che aveva negato la continuazione tra due reati in materia di stupefacenti. Il primo reato, relativo alla partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di droga (art. 74 d.P.R. 309/1990), era stato commesso in un arco temporale compreso tra giugno 2013 e febbraio 2015. Il secondo reato, concernente lo spaccio di stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990), era stato invece perpetrato tra giugno e agosto 2017.

Il ricorrente sosteneva l’esistenza di un’unica spinta criminale e l’identità dei correi come prova di un medesimo disegno criminoso. La Corte d’appello, però, aveva respinto l’istanza, una decisione ora confermata dalla Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Riconoscimento della Continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo gli Ermellini, l’impugnazione era generica e non si confrontava adeguatamente con le solide argomentazioni del provvedimento impugnato. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i criteri necessari per il riconoscimento della continuazione anche in fase esecutiva.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali: l’assenza di prova di un unico disegno criminoso e la decisività del lasso temporale tra i reati.

L’assenza di un Unico Disegno Criminoso

La Corte ha ricordato che, per applicare la continuazione, è necessaria un’approfondita e rigorosa verifica. Bisogna accertare che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo. Elementi come l’omogeneità delle violazioni o la contiguità spazio-temporale sono solo indici rivelatori, ma non sufficienti da soli a dimostrare un’unica deliberazione di fondo. È indispensabile provare l’esistenza di un programma iniziale che comprenda tutte le condotte illecite.

Il Criterio del Lasso Temporale

Il punto cruciale della motivazione riguarda l’intervallo temporale tra i due reati. Il secondo illecito è stato commesso a distanza di oltre due anni dalla fine del primo. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale citato dalla Corte, in caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dall’altro, si deve presumere (salvo prova contraria) che la commissione dei fatti successivi non potesse essere stata specificamente progettata al momento del primo reato. Questo notevole iato temporale, unito alla diversa tipologia di droga oggetto delle condanne, ha costituito un ostacolo decisivo a una decisione favorevole per il ricorrente.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di riconoscimento della continuazione: la distanza temporale tra i reati è un elemento di forte presunzione contraria all’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Per superare tale presunzione, non basta allegare l’identità dei correi o la somiglianza delle condotte, ma è necessario fornire una prova concreta e specifica di un’unica programmazione iniziale. Questa pronuncia serve da monito: la richiesta di applicazione della continuazione in sede esecutiva deve essere supportata da argomentazioni solide e non generiche, capaci di dimostrare che i diversi episodi criminali erano tutti parte di un piano concepito fin dall’origine.

Quando si può chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati?
Si può chiedere quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando i reati successivi al primo erano già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.

Un lungo intervallo di tempo tra due reati impedisce il riconoscimento della continuazione?
Sì, secondo la Corte un notevole intervallo di tempo tra i reati costituisce un ostacolo a una decisione favorevole e fa presumere, salvo prova contraria, che non vi fosse un unico disegno criminoso originario.

L’omogeneità dei reati e l’identità dei complici sono sufficienti per ottenere la continuazione?
No, l’ordinanza chiarisce che l’omogeneità delle violazioni, la natura del bene protetto e l’identità dei correi sono solo alcuni degli indici da valutare. Da soli, non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’unica deliberazione iniziale se mancano altri elementi probatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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