Riconoscimento della continuazione tra reati mafiosi: la Cassazione fissa i paletti
L’istituto della continuazione nel diritto penale rappresenta una chiave di volta per la determinazione della pena, ma la sua applicazione richiede un’analisi rigorosa, specialmente in contesti di criminalità organizzata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri stringenti per il riconoscimento della continuazione tra reati associativi, chiarendo che la semplice affiliazione a clan diversi non basta a integrare un unico disegno criminoso.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato con sentenze definitive per la sua partecipazione a due distinte consorterie mafiose, che chiameremo il Clan Alfa e il Clan Beta. L’interessato aveva richiesto alla Corte d’Appello, in sede di esecuzione, di applicare l’articolo 671 del codice di procedura penale, ovvero di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati. Lo scopo era unificare le pene inflitte, ottenendo un trattamento sanzionatorio più favorevole basato sulla presunzione che entrambe le condotte illecite fossero parte di un medesimo disegno criminoso.
La Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta, sostenendo che le due fattispecie associative, pur simili, non fossero omogenee sul piano esecutivo. Le condotte riguardavano la partecipazione a due clan diversi, in periodi e contesti criminali eterogenei, il che escludeva la possibilità di ricondurle a una preordinazione unitaria. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende ha sancito la chiusura definitiva della vicenda.
Le Motivazioni: quando è possibile il riconoscimento della continuazione?
La Corte ha incentrato le sue motivazioni sulla corretta interpretazione dei requisiti per il riconoscimento della continuazione in relazione a reati di natura associativa e mafiosa. I giudici hanno chiarito che, quando si invoca la continuazione per una pluralità di reati legati a organizzazioni criminali, non è sufficiente un generico riferimento all’omogeneità dei reati.
È necessaria, invece, «una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo». Questo esame approfondito serve ad accertare due elementi fondamentali:
1. L’unicità del momento deliberativo: bisogna dimostrare che la decisione di commettere i vari reati sia stata presa in un unico contesto programmatico.
2. La successiva attuazione: si deve provare che l’appartenenza progressiva a diverse organizzazioni (o alla medesima) sia stata la concreta realizzazione di quel piano iniziale.
Nel caso specifico, la partecipazione del ricorrente a due clan mafiosi differenti e non collegati, in epoche diverse, è stata interpretata come il risultato di scelte criminali distinte e non come l’attuazione di un singolo progetto. La mera somiglianza tipologica dei reati (partecipazione ad associazione mafiosa) non può, da sola, fondare il vincolo della continuazione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per chi intende ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati di criminalità organizzata, l’onere della prova è particolarmente elevato. Non basta affermare di aver commesso reati simili; è indispensabile dimostrare, con elementi concreti, che l’intera carriera criminale, anche se articolata in più affiliazioni, discende da un’unica e originaria programmazione delittuosa. In assenza di tale prova, le diverse condanne rimangono autonome e le relative pene si cumulano secondo le regole ordinarie, con conseguenze ben più gravose per il condannato.
È possibile ottenere il riconoscimento della continuazione per reati di partecipazione a diverse organizzazioni mafiose?
No, non automaticamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è sufficiente la somiglianza dei reati. È necessaria un’indagine specifica che dimostri l’unicità del momento deliberativo e la continuità operativa tra i vari sodalizi, cosa molto difficile da provare se le organizzazioni sono distinte, eterogenee e operanti in tempi diversi.
Cosa deve dimostrare chi richiede la continuazione tra più reati associativi?
Deve provare che la sua appartenenza a diverse organizzazioni criminali faceva parte di un unico e medesimo disegno criminoso, stabilito in anticipo. Non deve trattarsi di scelte criminali separate e maturate in momenti diversi, ma della progressiva attuazione di un singolo piano criminale.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La sua richiesta di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione è stata definitivamente respinta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13492 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il 26/01/1980
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 della CORTE APPELLO di LECCE dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso, così come integrato dalle memorie difensive versate in atti, proposto avverso l’ordinanza del 3 dicembre 2024, con la quale la Corte di appello di Lecce rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1 e 2 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui ai punti 1 e 2, pur riguardando analoghe fattispecie associative, non risultavano tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto del fatto che le relative condotte illecite riguardavano la partecipazione di COGNOME a due consorterie mafiose differenti, il Clan Pascali e il Clan Cesario, nei quali il ricorrente risultava inserito in epoche diverse e in contesti criminali eterogenei.
Ritenuto che laddove il vincolo della continuazione sia invocato in sede esecutiva con riferimento a una pluralità di reati, collegati a un’organizzazione mafiosa, analogamente al caso di COGNOME, non è sufficiente il riferimento all’astratta omogeneità dei reati, occorrendo «una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e ‘sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione» (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271569 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2025.