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Riconoscimento della continuazione: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Milano che negava il riconoscimento della continuazione tra più reati. La decisione è stata motivata dal fatto che il giudice dell’esecuzione aveva ignorato la specifica articolazione dell’istanza, che suddivideva i reati in due gruppi temporali distinti, e non aveva considerato un precedente riconoscimento della continuazione per alcuni degli stessi reati. La Corte ha ritenuto la motivazione del provvedimento “meramente apparente”, rinviando il caso per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riconoscimento della Continuazione: La Cassazione Sottolinea l’Importanza di una Motivazione Completa

Il riconoscimento della continuazione è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, che permette di unificare sotto un unico disegno criminoso più reati, con importanti conseguenze sul trattamento sanzionatorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 27473/2025) ha riaffermato un principio cruciale: il giudice dell’esecuzione non può respingere un’istanza di questo tipo con una motivazione generica e superficiale, ma deve analizzare nel dettaglio tutti gli elementi presentati dalla difesa. Vediamo insieme il caso.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Strutturata e Ignorata

Un condannato presentava un’istanza al Tribunale di Milano, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati oggetto di sei diverse sentenze di condanna. La richiesta era stata accuratamente strutturata, suddividendo i reati (prevalentemente delitti contro il patrimonio) in due gruppi distinti, ciascuno caratterizzato da una precisa collocazione temporale e da modalità di consumazione omogenee:

1. Il primo gruppo includeva reati commessi tra settembre e ottobre 2015.
2. Il secondo gruppo comprendeva delitti commessi tra ottobre 2017 e luglio 2018.

Inoltre, la difesa evidenziava che per alcuni di questi reati la continuazione era già stata riconosciuta in precedenti fasi del giudizio. Il Tribunale, tuttavia, rigettava l’istanza, basando la sua decisione su una valutazione complessiva del percorso criminale del condannato, definito come una “scelta di vita” incompatibile con un’unicità di disegno criminoso. Questa motivazione, però, ignorava completamente la specifica articolazione della domanda.

L’Importanza di un Pregresso Riconoscimento della Continuazione

Il ricorrente, tramite il suo difensore, si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando un vizio di motivazione “mancante e manifestamente illogica”. Il punto centrale del ricorso era duplice. Da un lato, il giudice dell’esecuzione non aveva esaminato l’oggetto specifico della richiesta, ovvero i due distinti gruppi di reati, ma si era limitato a una valutazione generica della carriera criminale dell’imputato. Dall’altro, e forse ancor più importante, aveva completamente trascurato il fatto che, per alcuni dei reati in questione, la continuazione era già stata riconosciuta in sede di cognizione. La Cassazione ha accolto il ricorso, richiamando un principio consolidato: il giudice dell’esecuzione non può ignorare un precedente riconoscimento del vincolo della continuazione, a meno che non dimostri con “specifiche e significative ragioni” perché i nuovi reati non possano essere ricondotti a quel medesimo disegno criminoso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Milano “meramente apparente”, ossia formalmente esistente ma sostanzialmente vuota, poiché ha omesso di considerare gli elementi cardine dell’istanza. Gli Ermellini hanno sottolineato che il giudice avrebbe dovuto:

1. Analizzare la richiesta nei suoi termini specifici: la suddivisione dei reati in due gruppi omogenei per tempo e modalità era un elemento essenziale che richiedeva una valutazione puntuale, non una generica disamina della “vita criminale” del soggetto.
2. Confrontarsi con il pregresso riconoscimento: il fatto che la continuazione fosse già stata accertata in precedenza costituiva un punto di partenza ineludibile dell’analisi.
3. Valutare gli indici sintomatici: il giudice aveva tralasciato di considerare elementi oggettivi come la medesimezza del bene giuridico tutelato, la vicinanza cronologica dei fatti all’interno di ciascun gruppo e le analoghe condizioni di tempo e luogo dei reati.

L’aver liquidato la questione parlando di una generica “scelta di vita” finalizzata a procurarsi mezzi di sostentamento ha costituito un vizio logico che ha portato all’annullamento del provvedimento.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame ribadisce un principio di garanzia fondamentale: il giudizio in sede esecutiva deve essere rigoroso e analitico. Un giudice non può eludere il suo dovere di motivazione ricorrendo a formule generiche che non si confrontano con le specifiche argomentazioni della difesa. In particolare, quando si discute di riconoscimento della continuazione, la presenza di un precedente giudicato che già attesta l’esistenza di un medesimo disegno criminoso non può essere ignorata. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza e ha rinviato gli atti al Tribunale di Milano, affinché un nuovo giudice proceda a un riesame che tenga conto dei principi di diritto enunciati, garantendo una valutazione completa e non apparente.

Cosa succede se un giudice ignora la specifica struttura di una richiesta per il riconoscimento della continuazione?
La sua decisione può essere annullata per “vizio di motivazione apparente”. Il giudice ha il dovere di esaminare e rispondere a tutti i punti specifici sollevati nell’istanza, senza poter ricorrere a valutazioni generiche sull’intera vita del condannato.

Può un giudice dell’esecuzione ignorare un precedente riconoscimento della continuazione per reati collegati?
No, non senza fornire “specifiche e significative ragioni”. Un precedente riconoscimento crea una forte presunzione che anche altri reati, simili e ravvicinati nel tempo, possano rientrare nel medesimo disegno criminoso. Il giudice deve motivare puntualmente perché, in quel caso specifico, ciò non sarebbe possibile.

Quali elementi deve considerare il giudice per valutare il riconoscimento della continuazione?
Il giudice deve analizzare l’omogeneità dei reati (stesso tipo di illecito), la vicinanza temporale tra le condotte, le simili condizioni di tempo e luogo e, soprattutto, deve tenere conto di eventuali precedenti riconoscimenti del vincolo della continuazione, che non possono essere ignorati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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